Dellisanti ed Alfieri!

I temi emersi in settimana visti dall’amico Assenzio Laudano (Australia).

E così la prima vittoria della Presidenza a due
teste Parente – Poggi è arrivata seppur con qualche sofferenza. Le cronache
arrivatemi nel mio eremo dorato australe parlano di luci e ombre, di un
Catanzaro a due facce e di un diabolico Dellisanti con il cervello congelato
per oltre 45 minuti.

Io direi che gli argomenti da
snocciolare in questa analisi semiseria della situazione sono due e portano i
seguenti nomi: Mario Alfieri e Francesco Dellisanti.

Faccio un piccolo preambolo. Lungi da
me la volontà di condannare o assolvere nessuno, cercherò di analizzare i fatti
facendo lo sforzo di restare il più neutrale possibile. Per cui so già che a
non tutti piacerà quello che scriverò, mi dispiace ma, allo stesso tempo, le
opinioni altrui sono sempre ben accette.

Partiamo da Mario Alfieri, vero oggetto
misterioso di queste 23 partite. Accreditato di poteri sovrannaturali,
preceduto dalla fama di “rompiscatole”, definito un lusso per la Serie C2, ha
fatto di tutto per dimostrare vera solo la seconda definizione. Quella che
tutti ci auguravamo fosse falsa. I tifosi, come nelle migliori tradizioni, si
sono divisi a metà: una parte che lo difende appassionatamente e un’altra parte
che lo attacca inesorabilmente.

Partiamo con lo sviscerare le accuse che il popolo
dei critici gli rivolge da un po’ di tempo a questa parte. E gli argomenti non
mancano.

A prescindere dall’episodio di ieri, per il quale lo
definirei più ingenuo che cattivo, troppe sono state le mattane
dell’ipertricotico: dal litigio con il tifoso della Curva al falso infortunio,
dalla messa in mora alle passeggiate in campo. Onestamente di un giocatore di
siffatta specie non sappiamo proprio che farcene: quando manca lui la squadra
non ne soffre; quando manca lui la squadra gioca con altro piglio; quando manca
lui, sarà un caso, la squadra non perde. Negli spogliatoi è il capo della
fronda, semina zizzania, pensa solo al suo tornaconto, non fa gruppo e rompe le
scatole. Insomma, il repertorio classico delle accuse riservate a qualsiasi
calciatore di una certa personalità e spessore, non si è fatto mancare nulla.

Gli appassionati di calcio, gli esteti del pallone,
i “veri” intenditori di football, invece si beano della sua vista e lo
considerano la vera arma in più, il vero fuoriclasse, di questo Catanzaro. Un
lusso per la C2. Magari solo perché il manto erboso del Ceravolo è stato
calpestato negli ultimi anni  da enormi
sanitari di porcellana, questo biondone alto e aitante ha subito fatto vedere
la sua classe cristallina attirandosi le simpatie dei nostalgici del bel
calcio. Nelle prime partite e sporadicamente in seguito sembrò il vero faro di
questa squadra, attorniato com’era (e com’è) da veri maniscalchi dell’attrezzo
di cuoio, se si eccettuano Moscelli e Ferrigno. Lampi da giocatore di categoria
superiore, impegno costante, trascinatore dei compagni, risolutore di partite
difficili. Insomma il classico giocatore “genio e sregolatezza”, vera croce e
delizia dei tifosi pronti a perdonargli tutto pur di vederlo giocare come sa.

Diciamoci la verità (e qui passo ad un analisi
personale dell’argomento), di giocatori così ne sono passati pochi dallo
Stadio di Catanzaro. E in quel “così” racchiudo tutto quello detto
finora, tutti i pro e tutti i contro, tutto il bello della rosa e il brutto
delle spine, tutti i lampi di classe e tutte le mattane da idiota, tutti i gol
fatti e tutti i gol sbagliati. Ma se vogliamo restare aggrappati a questa tenue
speranza dei playoff, se vogliamo coltivare la segreta speranza di un derby con
il Cosenza l’anno prossimo, se vogliamo credere di poter abbandonare questo
cerchio infernale della C2, beh, se anche solo lontanamente vogliamo tutto
questo lasciamolo in pace. Facciamo sì che il lavoro di Improta (perché lo
farà, statene certi) possa portare i frutti sperati: un recupero di Mario
Alfieri è possibile. E finiamola con questa storia di dubbio gusto sul suo
aspetto fisico e delle sue presunte inclinazioni sessuali: veramente dicerie di
bassa lega che non fanno onore a nessuno e che rischiano solo di esasperare gli
animi.

Francesco Dellisanti, figura anch’essa controversa
di quest’annata calcistica: per alcuni ottimo tecnico e grande factotum in seno
alla Società dei Mancuso (dove anche lavare le divise da gioco era un’impresa),
per altri mediocre allenatore e “caporale” dell’allegra brigata mancusiana
(testa bassa, signorsì e coda tra le gambe). Anche in questo caso non esiste
una sola verità, sono vere entrambe le cose, resta da stabilire se sono più i
meriti o i demeriti del Mister.

Di certo c’è che da agosto a oggi avrà passato in
santa pace e senza problemi, sì e no, tre ore e mezza: quelle della cena della
vigilia di Natale. Per il resto è stato un susseguirsi di avvenimenti negativi,
di promesse non mantenute, di vane speranze e di parole al vento. A suo merito,
e su questo non credo ci siano discussioni, va il fatto di aver mantenuto
sempre e comunque in mano la situazione, facendo spesso da parafulmine a
situazioni che non gli competevano e a problemi creati da altri. Le pantomime
societarie del “lascio non lascio”, del “mi dimetto non mi dimetto”, del “vendo
non vendo”, del “compro non compro”, avrebbero messo in seria difficoltà
chiunque portandolo all’esasperazione. Mesi passati senza un punto di
riferimento, senza nessuno della Società a farsi vivo, senza programmi per il futuro,
senza stipendi per lui e per i calciatori, nessuna parola di conforto, niente
di niente. Se il Catanzaro è a 4 punti dai playoff, probabilmente una fetta di
merito è da attribuire a lui e alla sua caparbietà.

Ma nella vita c’è sempre un però e in questo caso i
però sono più d’uno. Primo fra tutti, il rovescio della medaglia di quanto
appena detto: per tanti se siamo a 4 punti dai playoff e non in lotta per posti
più ambiti è solo colpa sua. Colpa delle sue decisioni cervellotiche la
domenica mattina, colpa dei suoi paraocchi nei confronti dei giovani, colpa
delle sue tattiche attendistiche, colpa del suo non giocare all’attacco, colpa
della sua sudditanza verso i senatori dello spogliatoio, colpa del suo poco
osare.

Tante colpe che vanno a bilanciare il grande merito
di aver saputo traghettare una squadra allo sbando attraverso i mancati
stipendi e il passaggio di mano societario. Chi ha ragione e chi torto lo dirà
solo l’ultimo minuto dell’ultima giornata di campionato o, per i più ottimisti,
l’ultimo minuto della finale dei playoff. Il futuro dei giallorossi passa
attraverso le due partite contro Frosinone e Brindisi, senza vincere queste due
partite non si va da nessuna parte.

Né noi, né Alfieri e neanche Dellisanti.

ASSENZIO LAUDANO

Autore

Redazione

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