“La procura di Salerno conferma ancora una volta che le inchieste Why Not e Poseidone che stavo conducendo a Catanzaro mi furono sottratte illegalmente, in seguito ad un accordo corruttivo tra i vertici degli uffici di Procura e alcuni indagati”. Lo afferma Luigi de Magistris, europarlamentare Idv e responsabile giustizia del partito, commentando la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per alcuni magistrati all’epoca in servizio a Catanzaro: il procuratore della Repubblica Mariano Lombardi, il procuratore aggiunto Salvatore Murone, il procuratore generale facente funzioni Dolcino Favi. Chiesto il processo anche per i presunti beneficiari e istigatori delle condotte illecite, e cioè l’imprenditore Antonio Saladino, l’avvocato e senatore Giancarlo Pittelli, l’ex sottosegretario alle Attività produttive Pino Galati, la moglie di Lombardi Maria Grazia Muzzi, e il figlio di lei, l’avvocato Pierpaolo Greco. Tra i reati contestati ad alcuni magistrati figurano la corruzione, il falso e la corruzione in atti giudiziari. “Nonostante il Csm fosse informato da tempo sulle gravi commistioni e le illegalità che interessavano i vertici degli uffici giudiziari di Catanzaro – continua de Magistris – non ha mai ritenuto di dovere intervenire. Oggi alcuni di quei magistrati sono saldamente al proprio posto, anche titolari di inchieste delicate, come quella assegnata all’aggiunto Murone sugli attentati al procuratore generale di Reggio Calabria. Quello stesso Csm ha invece dimostrato una solerzia straordinaria quando, al termine di processi disciplinari farsa, ha proceduto all’esecuzione professionale mia, e dei valorosi colleghi di Salerno Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani. Si è intervenuto soltanto per fermare quei magistrati che con l’attività di indagine stavano portando alla luce scenari e contesti del tutto analoghi a quelli poi emersi nelle indagini di altre Procure sulle ‘cricche’ e la cosiddetta ‘P3’, nelle quali peraltro spiccano i nomi di personaggi che hanno avuto un ruolo anche nelle vicende catanzaresi. Oggi l’attività di indagine ha dimostrato che non ci si trovava di fronte ad accuse fantasiose o al complotto di un manipolo di sovversivi, ma che la cosiddetta ‘guerra tra procure’ è stata soltanto un nome mediatico per coprire la resistenza illegale dei magistrati catanzaresi rispetto ad una legittima e doverosa attività giudiziaria da parte della Procura di Salerno”.
***
Le accuse
Il procuratore Lombardi revocò l’inchiesta “Poseidone” all’ex pm de Magistris, dopo che questi aveva iscritto nel registro degli indagati l’avvocato Pittelli, senza informare il suo capo, “legato da ventennale amicizia” con il senatore del Pdl. Una secretazione, avvenuta con l’atto firmato dal pm e blindato in cassaforte, che costò a de Magistris la punizione da parte del Csm. Secondo la Procura di Salerno invece quella scelta fu motivata soltanto da “esigenze investigative”, mentre fu assolutamente illecita la revoca del fascicolo, eseguita da Lombardi d’intesa con l’aggiunto Murone. Secondo la Procura di Salerno ciò determinò “l’inevitabile stagnazione delle attività istruttorie in corso” in maniera da “favorire le persone implicate nelle indagini, in particolare Pittelli e Galati i quali, in un più ampio contesto corruttivo (…) s’erano adoperati per far ricevere denaro o altre utilità” sia a Lombardi, sia all’avvocato civilista Pierpaolo Greco, figlio della seconda moglie del procuratore. L’avvocato Greco infatti lavorava presso il rinomato studio penale dell’avvocato Pittelli, del quale sarebbe diventato socio nella ‘Roma 9 srl’, con notevoli agevolazioni economiche, e avrebbe inoltre in ricevuto dal sottosegretario Galati diverse nomine di commissario liquidatore di società e consorzi. Secondo l’accusa, poi, l’aggiunto Murone avrebbe sistemato “parenti e conoscenti” con le assunzioni ottenute grazie al “rapporto sinallagmatico” e al “patto corruttivo” con l’imprenditore Antonio Saladino.
L’avvocato generale Dolcino Favi, all’epoca reggente della Procura Generale, è accusato invece dell’illecita avocazione dell’inchiesta Why Not. L’avocazione fu giustificata con un presunto conflitto di interessi tra de Magistris e il ministro della Giustizia Clemente Mastella, indagato in quella inchiesta, che aveva avviato un’indagine disciplinare sullo stesso pm. Secondo i magistrati salernitani non ci fu alcun “conflitto d’interessi”, anzi sarebbe stata “attestata, in un atto pubblico, una situazione contraria al vero”. Dopo l’avocazione, secondo i magistrati salernitani, l’inchiesta è stata “parcellizzata”, divisa in più filoni assegnati a magistrati “del tutto estranei alle logiche d’indagine fino a quel momento seguite” e quindi sostanzialmente smantellata. Di fatto si trattò di “una illecita attività di interferenza sull’iter del procedimento penale in questione” che determinò “almeno un suo rallentamento tale da favorire, di per sé ed almeno per un iniziale periodo di tempo, le persone implicate nelle indagini preliminari”.