ROMA – Piove sul Catanzaro. Una brutta serata, segnata dal freddo, dal vento e dalla pioggia fitta che impantana la fuga dei giallorossi di Auteri. Due chilometri più in là, allo stadio “Olimpico”, va in scena il Derby del Cuore, ma il cuore degli emigrati catanzaresi è al “Flaminio”. Questa squadra piace. C’è chi non l’ha mai vista e vuole vedere il Catanzaro dei record. Alla fine ci sono tutti. Nonostante le lacune organizzative della Cisco che, dopo aver cercato di frenare l’invasione giallorossa, non ha fatto niente per contenerla.
Chi ha preso il biglietto in prevendita non ha problemi. Chi lo deve fare inizia un’odissea. Alle 20 il botteghino del “Flaminio” è assediato dai catanza-romani. Molti entreranno a partita iniziata. Al buio, tra le pozzanghere e sotto la pioggia tante persone chiedono semplicemente di fare un tagliando. Un signore con slang del basso-crotonese implora la signorina oltre il plexiglas: «Ma io voglio fare solo il biglietto per vedere la mia squadra…». Niente, computer bloccati e nervosismo che cresce. Alcuni accrediti-stampa sono misteriosamente scomparsi: altre lamentele. «Venga, si accomodi lo stesso, la faccio entrare dal cancello autorità». Sguardi smarriti degli impiegati della Cisco. Un caos simile a quello dell’andata a Catanzaro. Incontro Gianfranco che parcheggia speranzoso. Massi è appena arrivato: “in trasferta me ne vado al settore ospiti”. Piove.
Lo stadio si popola ovviamente in ritardo. Arrivano prima gli impavidi tifosi che, a quattro giorni dal Natale, di lunedì, si sono sobbarcati 1250 chilometri per sostenere il Catanzaro. Ci sono tutti, come al solito. Gli Ultras e i Teschi rinforzati dai ragazzi romani. “Simu assai”, recita il solito, meraviglioso, romantico stendardo. È vero. I giornalisti locali strabuzzano gli occhi. Lodi sperticate a squadra e pubblico giallorosso. La tribuna si riempie. Da una parte la trentina di tifosi della Cisco, inspiegabilmente insieme ad altri 200 tifosi del Catanzaro. Dall’altra le scuole calcio. Forse era meglio il contrario. Piove.
Entrano tanti vecchi amici del Catanzaro. Vichi, Scarfone, naturalmente Sir-Sor Claudio Ranieri. Che non risponde ai microfoni ma si fa fotografare dai ragazzini delle scuole calcio con la solita gentilezza. Prendono posto finalmente anche i dirigenti dell’FC. Da destra a sinistra il presidente Aiello, mister Auteri e Leonardo La Cava. Si può cominciare. Piove.
Si gioca a viso aperto, i contrasti sono duri perché il terreno è viscido. Il Catanzaro sciorina i suoi fraseggi prolungati, la Cisco sbuffa e ribatte colpo su colpo, con quello spilungone di Ciofani lì davanti che usa gomiti, mani e testa per farsi largo, spizzare e lanciare il folletto Franchini. Caputo scuote le gocce sul palo di Ambrosi. Un paio di entratacce e Doudou si becca il rosso e se ne va insieme a Babù che esce per riequilibrare la difesa romana. Sotto la doccia, come non bastasse la pioggia che cade a secchi. «Adesso li facciamo a pezzetti». Macché. Manco il tempo di dirlo e segna Chiappara su un’uscita da pallavolista di Vono. Auteri e Aiello scappano dalla tribuna al duplice fischio. «Vabbé, gli abbiamo dato un gol di vantaggio. Adesso li asfaltiamo». Piove.
Nell’intervallo rivedo le solite facce. Vincenzo e Antonio coi papà giallorossi fino al midollo. Vorrebbero essere nel settore ospiti a “fracicarsi” ma non possono. Max e Francesco sono indispettiti dall’atteggiamento brasiliano dei nostri. Antonio torna con la pancia piena dal buffet della tribuna ed è già qualcosa. Marco scatta centinaia di foto. Inizia la ripresa ed è la stessa storia. Auteri lancia degli urlacci dalla tribuna. I giocatori in campo si girano verso gli spalti per ascoltare il mister. Il Catanzaro attacca, la Cisco segna. Il “Flaminio”, una volta tanto, si scalda per l’impresa della terza squadra romana. I ragazzi giallorossi “Singing in the rain”. Senza sosta. Finisce con il tripudio dei giocatori bianco-rossi. Ciofani si fa intervistare col cappello di Babbo Natale. La Cisco è una famiglia. Il Catanzaro, un popolo. Per stasera hanno vinto loro. Usciamo tutti di corsa, ibernati e bagnati. La fretta di tornare a casa e dimenticare la batosta si mischia con la paura di non farcela e con i soliti fantasmi. «Stefano, non mi dire niente che sono “imbunnato”». Piove sul Catanzaro in questa notte romana.