VIBO VALENTIA – «Gente di mare», la fiction televisiva girata a Tropea, arriva in un’ aula di giustizia. La Dda di Catanzaro, infatti, ha allegato agli atti del processo Dinasty in corso di svolgimento a Vibo Valentia contro presunti capi e affiliati alla cosca Mancuso di Limbadi, un supplemento di indagini svolte dalla squadra mobile vibonese dalle quali emergerebbe che gli stessi Mancuso sarebbero riusciti a far ospitare attori e personale della troupe nei propri alberghi, inserendo anche alcuni amici tra le comparse.
La vicenda ruota attorno a Tiziana Primozich, di 44 anni, giornalista pubblicista e production manager della fiction, definita dalla polizia «amante del boss Francesco Mancuso», di 49 anni. La donna, secondo quanto emerge dalle intercettazioni fatte dalla polizia, proprio per il suo rapporto con Mancuso, avrebbe consigliato alla produzione l’ utilizzazione di alberghi e villaggi turistici di proprietà di soggetti vicini alla cosca. Inoltre, tra le comparse scelte per alcune scene dello sceneggiato sarebbero finite anche persone amiche dei Mancuso, uno dei quali, Gaetano Comito, di 39 anni, di Limbadi, è imputato nel processo Dinasty.
Nel pomeriggio di giovedì, alla ripresa del dibattimento, è probabile che Tiziana Primozich venga sentita come test dal pm Marisa Manzini. La donna è già stata sentita dal magistrato durante le indagini. In quella occasione ha riferito che il suo incarico nella produzione di Gente di Mare era quello di production manager. Durante le riprese, ha raccontato, a Tropea si verificò un danneggiamento al vetro di un autocarro, motivo per cui si rivolse al vice sindaco, Gaetano Vallone, per metterlo al corrente dei fatti, ma anche per, ha detto al magistrato, «per lanciare il messaggio secondo cui ero una persona che non avrebbe lasciato correre e che la rottura di un vetro non avrebbe potuto fermare il mio lavoro, e che avrei denunciato i fatti se ancora si fossero verificati danni nei confronti della produzione». Al pm ha anche detto di aver pensato che gli autori del gesto fossero riconducibili ai La Rosa.
Tiziana Primozich ha poi riferito al pm di avere pensato che il consistente movimento di danaro della produzione potesse far gola ai La Rosa, uno dei quali ha avuto modo di conoscerlo telefonicamente dal momento che stata individuata la sua casa per alcune riprese. La donna ha poi riferito di non avere avuto problemi con il direttore dello scalo, Antonio La Torre. Lo stesso gli avrebbe presentato dei charter-noleggio per le imbarcazioni da utilizzare per le riprese e di avere avuto l’ impressione che volesse intromettersi e condizionare le sue scelte. Poi per le riprese si servì di sue risorse e amicizie importanti che poteva sfruttare. Ha ricordato anche che gli fu presentata una signora che ha una scuola sub per utilizzare la sua imbarcazione e di non averla scelta perchè molto esosa nelle sue richieste.
Tiziana Primozich ha anche detto di avere parlato con La Torre dei La Rosa, che considera bassa manovalanza, ma che al momento dell’ incarico della gestione del porto ha dovuto sottostare alla presenza di «buoni e cattivi» e che con difficoltà riuscì a liberarsi. Ha riferito anche di avere detto che «che sperava che nessuno ci infastidisse durante le riprese e lui mi assicurò, senza averglielo chiesto che si sarebbe interessato con i La Rosa». Nel corso dell’ interrogatorio la donna ha detto di avere conosciuto Francesco Mancuso una decina d’anni fa tramite Gaetano Comito che conosceva per avergli fatto presentare la domanda per ottenere la licenza di apertura di una discoteca, il Rebus. «Comito – ha detto Primozich al magistrato – me lo presentò come un amico». Sui Mancuso, infine, ha detto di aver conosciuto Salvatore al Rebus, e poi Francesco e, successivamente, Diego Mancuso tramite Mario Lorenzo figlio del pittore Albino morto recentemente.
fonte: Corriere.it
19 gennaio 2006