Dirceu era un giocatore brasiliano di buon livello, centrocampista di movimento dal sinistro magico, soprannominato lo zingaro per via dell’attitudine a cambiare spesso squadra. Si trovò a giocare in effetti con diciotto maglie differenti, tra cui quelle di Atletico Madrid, Verona, Botafogo, Avellino, Vasco da Gama e Como. A 37 anni suonati, nel 1989, mentre il mondo cambiava insieme alle carte degli atlanti, arrivò a Eboli, rimanendovi felicemente fino al ’91.
Nella cittadina campana segnò, fece segnare e avviò un’attività di noleggio d’auto di lusso per cerimonie. Aveva l’anima del commerciante, Dirceu, se è vero che ad Ancona aprì “La voce della luna“, pub d’ispirazione vagamente felliniana.
Nel ’78 arrivò terzo ai mondiali d’Argentina con la maglia verdeoro e a Benevento diede il suo “primo” addio al calcio (come molti brasiliani ritornò infatti a giocare, prima in Turchia, poi in Messico). A 43 anni però, nella sua Rio de Janeiro, venne travolto e ucciso sotto casa da un’auto impazzita, impegnata in una corsa illegale per le vie della città. Proprio l’assurdità di quella tragica scomparsa, ha spinto gli ebolitani nel 2001 a intitolargli lo stadio comunale. José Guimarães Dirceu morì il 15 settembre nel 1995, sedici anni fa esattamente oggi. Un pensiero a questo sfortunato brasiliano giramondo, magari tra primo e secondo tempo, arricchirà la vostra trasferta al seguito dei giallorossi più di quanto possa fare un qualsiasi parziale di Perugia, Paganese o Vigor.
Cristo si è fermato a Eboli, ripetono tutti, ma non aspettatevi particolari segni della sua permanenza. E ciò perchè Cristo semplicemente in Campania non ha mai messo piede. Tutta colpa di Carlo Levi, lo scrittore confinato in Lucania dal fascismo che nel ’45 scrisse un romanzo autobiografico di successo. Con quella espressione (“Cristo si è fermato a Eboli”, appunto) che dà il titolo alla sua opera, Levi intendeva che il mondo civilizzato sembrava si fosse fermato in quel punto esatto della Campania, perchè era lì che la Ferrovia s’interrompeva prima della Basilicata (“zona dimenticata da Dio“… e dal Catanzaro aggiungiamo noi, che dopo il pareggio di Melfi deve puntare alla vittoria).
Eboli, città solamente dal 1999, fa parte della Piana del Sele, una grande area pianeggiante estesa lungo il percorso dell’omonimo fiume. Non sarà perciò complicato, anche per i catanzaresi più ostili alla passeggiata e a qualsivoglia forma di isola pedonale, raggiungere alcune delle attrazioni di questa città.
Il Castello dei Colonna per esempio, costruito nel 1400 ma restaurato nel XVIII secolo è qualcosa in più di quattro vecchie pietre messe insieme e vale certamente una visita. C’è poi la Basilica di San Pietro alli Marmi, e la bella Chiesa di S. Francesco, costruita nel XIII secolo con l’esterno in stile gotico.
Per i secchioni da trasferta, anche a Eboli segnaliamo un museo: è il museo archeologico nazionale della valle del Sele (aperto dalle 9 alle 13:30) all’interno del quale troverete resti che vanno dall’età del neolitico a quella romana: da Olivo a Maurizio De Filippo, per capirci.
Se vi va di strafare, nei dintorni della città potrete ammirare i resti di alcuni acquedotti romani, esempio mirabile di ingegneria del passato. Ma attenzione: non pensiate che anche i resti dei depuratori – mai entrati in funzione peraltro-disseminati in ogni provincia della nostra regione possano in futuro diventare mete turistiche.
Capitolo gastronomia: non provate a presentarvi allo stadio senza aver fatto il pieno di mozzarelle o rischierete concretamente il Daspo. Ora che Improta ha finalmente rescisso il suo contratto con l’Uesse e che Cosentino pare aver dato solidità alle casse della nostra squadra del cuore, l’accostamento mozzarelle/pallone può essere considerato del tutto innocuo.
A Eboli, nel circondario e ancor di più nella confinante Battipaglia, troverete piccoli e grandi caseifici che vi permetteranno di gustare comodamente seduti uno dei formaggi più buoni che l’uomo abbia mai potuto concepire: la mozzarella di bufala campana. Addentatela così com’è, copritela con un filo d’olio d’oliva, infilatela dentro un metro quadro di pane fresco con pomodoro e prosciutto…insomma, fatene ciò che vi pare.
Se invece siete tifosi dal palato fino, abituati alle porzioni striminzite e ai prezzi dell’alta cucina (circa 50euro per il menu degustazione), programmare una tappa gourmand presso il ristorante il Papavero, nel pieno centro storico di Eboli (Corso Garibaldi 112), è un obbligo morale. Vi stupirà la giovane chef Teresa di Napoli, formatasi nella cucina di uno dei più grandi cuochi in circolazione: Gennaro Esposito.
Eboli è anche nota per i suoi pastifici di qualità. Trafilature al bronzo, produzioni industriali e artigianali, abitudini vecchie di secoli… per capire di che pasta è fatto il Catanzaro di Ciccio Cozza, questo può essere davvero il posto giusto.
Fabrizio Scarfone