Il comune denominatore non è certo dei più edificanti, specie per chi si candida a ricoprire una carica pubblica di rilievo: sia Tommaso Brutto che Enzo Bruno sono stati condannati in primo grado dal Tribunale di Catanzaro per il reato di truffa aggravata a danno di enti pubblici.
I due sono candidati (il primo per la coalizione di centrodestra, il secondo per “Aggregazione democratica”) alla presidenza dell’ente che secondo i giudici avrebbero danneggiato mettendo in atto il «medesimo disegno criminoso». La sentenza di condanna è del 23 novembre 2011 e nelle motivazioni il giudice Antonio Battaglia ha ricostruito fin dalle origini l’indagine con cui la Guardia di finanza ha acceso i rifelttori sulle tipologie di rimborsi riguardanti i consiglieri provinciali catanzaresi.
I finanzieri sono così riusciti ad «accertare diffuse situazioni di richieste di indebiti rimborsi da parte dei consiglieri provinciali di spese maggiori rispetto a quelle effettivamente sostenute o, in alcuni casi, comprensive anche del soggiorno di persone non aventi diritto al rimborso».
Brutto, ex assessore provinciale che oggi ambisce a essere il successore di Wanda Ferro, è finito a processo per 13 missioni fuori Calabria. Per due degli episodi contestati il giudice ha emesso una sentenza assolutoria «per la insufficienza degli elementi raccolti».
Le altre 11 volte, invece, Brutto avrebbe gonfiato le fatture: in un solo anno, il 2005, ha chiesto e ottenuto dalla Provincia rimborsi non dovuti per un totale di 3.284 euro. Per una missione il candidato del centrodestra avrebbe richiesto il rimborso sia al Comune che alla Provincia (indicando il mezzo aereo per la Provincia e il mezzo proprio per il Comune) e duplicando anche le spese di vitto e alloggio.
Dal canto suo Bruno, già capogruppo del Pd in consiglio provinciale (oggi segretario provinciale dei democratici e candidato del centrosinistra), in due casi avrebbe rendicontato anche le spese relative al pernottamento della moglie e della figlia.
«In entrambe le circostanze – scrive il giudice – le schede di notificazione acquisite presso le strutture alberghiere hanno confermato la circostanza d’accusa relativa al fatto che il Bruno ha taciuto la circostanza che il pernottamento aveva riguardato anche altre persone non autorizzate (la moglie e la figlia)».
Per il primo la pena è di un anno e dieci mesi, per il secondo di un anno, ma le condanne (ancorché di primo grado) non hanno avuto alcuna ripercussione sulla carriera politica di entrambi.
Sergio Pelaia