Ore 01.16. Si rientra a casa dopo un panino e una birra in compagnia degli amici della redazione. Il telefono si illumina. Arriva un messaggio. “È successa una cosa bruttissima”. Questo il testo. Neanche il tempo di ragionare che arriva la telefonata. Dall’altra parte una voce affranta e commossa. “È morto Paparazzo”.
Si resta increduli, sconcertati. Nemmeno due ore prima tanti erano al suo fianco a gridare “Gia-llo-ro-ssi” e abbracciarsi pieni di gioia dopo il gol di Infantino.
Al telefono il nostro amico non lo chiama Antonio, perché per tutti coloro che seguono il Catanzaro, lui era conosciuto come “Paparazzo”.
Non è retorica ciò che scriviamo. Impersonava l’essenza e la passione genuina del tifoso. Una persona mite che allo stadio e in trasferta non potevi non notare.
Le sue parrucche, i suoi abiti dai colori sgargianti, le sue esultanze, le sue interviste. Frequentava la Curva ma anche il settore Distinti prima che fosse chiuso.
Vogliamo ricordarlo dietro la panchina degli avversari a duettare in maniera colorita con allenatori, dirigenti e calciatori ospiti. E poi le sue lacrime di gioia e di dolore, oppure arrampicato sui vetri divisori quando con Serse Cosmi ebbe un simpaticissimo diverbio apprezzato anche dal mister che all’epoca guidava il Genoa. Paparazzo faceva parte di quella schiera di tifosi tratteggiati nei film dai grandi attori italiani che interpretavano alla grande cosa significasse per un tifoso amare la squadra del cuore. Lui sarebbe stato un sicuro protagonista.
Era originario di Lamezia Terme e sappiamo bene quanto sia difficile esternare la propria fede calcistica in città nelle quali si tifa per un’altra squadra. Eppure Paparazzo sia nella scuola in cui lavorava prima che arrivasse alla pensione, sia nella propria città di residenza, era rispettato da tutti. Non si poteva che avere stima di una persona come lui.
Una volta ci raccontò “ I miei due figli tifano Vigor. E pacenza – ci disse – ma guai chi mi tocca il Catanzaro. A casa mia domina il colore giallorosso. Guai a cu parra ”.
Siamo certi che la società del presidente Noto parteciperà al dolore della famiglia onorando al meglio il ricordo di un autentico monumento del tifo catanzarese.
Ciao Paparazzo.
Mah ieri in curva , oggi nn c’è più . Ciao paparazzo, sei un grande . Rip
PROPOSTA PER GLI ULTRÀ:
Propongo di fare entrare,in modo lecito, al ceravolo i tifosi che hanno subito il daspo.
Come?
Ad esempio portando allo stadio 50-60 sagome di cartone(che vanno di moda) rappresentante i tifosi e su una delle sagoma posizionare una telecamera per far vedere la partita dalla curva ai tifosi costretti a stare fuori.
Oppure si possono usare dei palloncini ecc…
Stare fuori fa il gioco degli altri
FORZA CATANZARO!!!!
Bevi di meno
Nn mi sembra il caso di scrivere sta cosa su questo post onestamente .
Approvo pienamente la tua proposta di costruire ed esporre sagome raffiguranti i ragazzi ingiustamente esclusi dal Daspo del “magistrato rossoazzurro”. Grandissimo indegno della carica ricoperta. AVANTI AQUILE!
I veri tifosi sono quelli come il mitico PAPARAZZO, gli ultrà e i pochi che vanno in trasferta, molto meno quelli da tastiera come NOI, comunque era sottinteso che sono da escludere quelli che hanno fatto danni.
Ps purtroppo bevo pochissimo
Chi, come me, a 12 anni saliva sul bus del catanzaro davanti al savant hotel di Lamezia per strappare un autografo ai vari Palanca, Maldera, Silipo, Ranieri, che partiva alle 10.30 col treno da Lamezia per essere alle 14.30 allo stadio, e per tutta la vita ha seguito il Catanzaro (ancora oggi), in casa ed in trasferta quando possibile, non può che accogliere questa notizia con una grande tristezza. Tristezza per quei tifosi come Paparazzo che se ne vanno e con loro un mondo bellissimo di passioni e di sogni. Penso a quanto era bello tanto tempo fa quando per me il Calcio era il Catanzaro e la Vigor quando possibile, e quell’amore che i miei concittadini avevano verso il Catanzaro senza per questo rinnegare la propria città, perchè allora il Catanzaro era il faro e l’orgoglio della Calabria. Oggi questa stupida rivalità, che non mi appartiene, mi rende il calcio un po’ meno bello, e la mancanza di Paparazzo me lo fa diventare ancora più triste