Catanzaro dista da Messina solo 160 Km. Infatti, basta arrivare a Villa San Giovanni, traghettare e sei in terra siciliana. Durante la settimana, come spesso avviene, per evitare o meglio per abituare i tifosi al calcio visto in poltrona e non negli stadi, trapelano pochissime notizie su come gli organi istituzionali preposti intendano organizzare il viaggio dei sostenitori giallorossi.
Circa 200 alla fine partono da Catanzaro, comunicando che lasceranno i loro mezzi a Villa San Giovanni per poi raggiungere il San Filippo, secondo le indicazioni che avrebbe dovuto fornire chi deve rispettare i protocolli sulla sicurezza emanati dal Ministero dell’Interno.
Dalle 11 in poi l’imbarco di Villa San Giovanni si colora di giallorosso: tutti insieme i tifosi, composti da famiglie e ultras, si avviano verso il molo per traghettare. Durante il viaggio da Catanzaro, l’unico contatto e le uniche notizie che abbiamo ce le fornisce il Segretario del Catanzaro Calcio, Nazario Sauro, il quale ci avvisa che nessun mezzo sarà messo a disposizione per raggiungere lo stadio.
La risposta dei tifosi è che nessuno traghetterà in auto, vuoi perché il clima dopo il precedente della partita di Coppa non è dei migliori, vuoi perché spendere ulteriori 40 € circa, dopo aver affrontato una trasferta e dopo aver pagato tessere del tifoso, biglietto con tanto di prevendita, non è corretto, specie se la partita non è stata vietata; quindi occorre che qualcuno garantisca al meglio l’ordine pubblico, così come prevede il protocollo stipulato la scorsa estate tra Ministero dell’Interno e Lega Pro contenente misure finalizzate a garantire una maggiore sicurezza negli incontri calcistici.
Alle 13:00 i duecento sbarcano a Messina, ad attenderli in tenuta anti sommossa, come se stessero arrivando chissà quali ergastolani, ci sono i reparti della celere, che appena ci avvistano allacciano il casco e abbassano la visiera. I sostenitori catanzaresi cercano di capire cosa fare, attraverso i responsabili della polizia arrivata da Catanzaro, chiedono notizie. Nessuno sa nulla e nell’attesa, trovandoci circondati da poliziotti con manganello in mano, la tensione è palpabile perché basta un gesto qualsiasi e si potrebbe scatenare un putiferio.
Quando ci comunicano che saranno dei taxi a portarci allo stadio, avviene la prima cosa che definire ridicola è poco. Bisogna pagare due euro a persona per il tragitto d’andata e ritorno (ritorno che poi come vedremo non ci sarà) logicamente senza il rilascio di alcuna ricevuta, in barba a tutte le disposizioni di legge in materia. Chi deve garantire l’incolumità dei tifosi se ne sta fregando alla grande. Un corteo di almeno 20 taxi, dopo due ore d’attesa e dopo varie discussioni per fare entrare tutti, con gli ultras impegnati affinché nessuno dei tifosi rimanga a piedi, si parte in colonna.
Si spera che il percorso sia stato liberato da eventuali malintenzionati. Invece, non appena si esce dalla zona degli imbarchi, ad aspettare i tifosi catanzaresi, facilmente riconoscibili perché i taxi erano tutti di colore bianco, un bel gruppo di almeno 50 messinesi, controllato ma non disperso preventivamente dalla polizia, al nostro passaggio inizia a lanciare di tutto.
Qualche tifoso del Catanzaro scende dalle auto bloccate nel traffico e, per paura di essere colpiti, sono venti-trenta secondi di tensione, poi fortunatamente prevale il buon senso e tutto finisce. I tassisti sono increduli, ci portano allo stadio e al ritorno non torneranno. Qualcuno piange perché ci ha rimesso il vetro di una macchina, altri ci dicono “ma chi ce l’ha fatto fare, che organizzazione di m…“.
Al ritorno, altra odissea. Solito punto di domanda su come si dovrà ritornare. Due ore ad attendere nel piazzale del settore ospiti. Inizialmente si richiedono altri due euro affinché arrivino degli autobus. Simpaticamente qualcuno risponde che attende un euro di resto per aver pagato il taxi andata e ritorno, ma ora non c’è nessuno.
Arriveranno gli autobus, non sappiamo chi alla fine è riuscito a tirarli fuori, ci scortano al molo e troviamo addirittura un traghetto tutto per noi. Adesso si scriveranno fiumi di comunicati, qualcuno vorrà chiarimenti (stamane l’ha fatto il Sindaco Abramo), in merito a ciò che è successo ieri e al grande rischio di ordine pubblico che si stava per creare per conclamate inefficienze.
Certo che bastava accorgersene prima, ora è facile chiedere lumi. Queste situazioni purtroppo sono denunciate da tempo immemore, eppure solo quando accadono fatti gravi se ne parla, magari scandalizzandosi o mettendo sul patibolo i movimenti ultras e i tifosi in generale. Nessuno invece continua a fare nulla per risolvere tali problemi e ammettere che la tessera del tifoso è solo un fallimento, al pari di tutte le norme emanate in materia di ordine pubblico per gli stadi.
Catanzaro e Messina, lo ribadiamo, distano 160 chilometri. Partiti alle 9:00 di mattina, si ritorna a casa alle 21:30. In meno di dodici ore in auto si arriva a Milano. Vergogna voi, intese come istituzioni, e un plauso ai tifosi catanzaresi che pur avendo tutti i motivi per protestare, hanno dimostrato freddezza, pazienza e senso civico da fare invidia a chiunque.
E parliamo adesso della partita. Il Catanzaro ha denotato sin dai primi minuti un predominio territoriale, era messo bene in campo, con le giuste distanze fra i reparti e copertura in ogni zona. Sanderra ha adottato una sorta di 4-3-3 variabile, con Kamara e Fofana in avanti che spesso si scambiavano posizione.
Pur essendo padroni del campo, poche volte i giallorossi trovano gli spunti vincenti nelle proiezioni offensive. Vacca più volte è costretto a giocare in orizzontale, perché le due fasce sono bloccate: sia Di Chiara a sinistra, sia Pagano e Daffara dall’altra parte si propongono poco.
Malgrado tutto, da alcune proiezioni offensive dalla destra, arrivano le due migliori occasioni (l’altra era stata un tiro debole di Fofana) con Ilari che di testa per ben due volte, sbaglia da pochi passi. L’assenza di Russotto si sente.
La ripresa è più equilibrata, il Messina cerca di buttare palloni in avanti e su un’azione rocambolesca trova un calcio di rigore, molto strano per la sua dinamica. Il vantaggio dei peloritani scuote dal torpore (probabilmente anche fisico e mentale) i calciatori in maglia blu con bordi giallorossi.
Vacca chiede il cambio perché affaticato, Di Chiara è sostituito forse per qualche leziosità di troppo e ora è quasi un arrembaggio. Barraco, che rileva Pagano, entra subito in partita e sfiora due volte il pari che arriva meritatamente alla fine. L’ex tornante del Latina trova Rigione con un passaggio stile Pirlo per Grosso nella semifinale con la Germania del 2006. E Rigione pareggia i conti, altrimenti sarebbe arrivata una sconfitta immeritata.
Il Catanzaro visto ieri non può ambire a sogni di promozione. Servirà altro e Sanderra l’ha fatto chiaramente capire nelle sue dichiarazioni, sin da quando è arrivato alla corte del presidente Cosentino. Bisognerà adesso guardare alla prossime tre partite con una sola priorità: conquistare il massimo dei punti per poi dare al nuovo mister quegli elementi per riequilibrare una squadra costruita male, non nel valore dei suoi uomini ma soprattutto nell’abbondanza di ruoli in alcuni reparti e nella carenza in altri.
Se ieri il Catanzaro avesse avuto un qualsiasi vero attaccante, le due palle goal di Ilari potevano tranquillamente portarci in vantaggio.
La bacchetta magica non ce l’ha nessuno, bisognerà adesso stare uniti e tentare di riprendere questo campionato, ripartendo magari dal discreto primo tempo di ieri e soprattutto da una convinzione mentale e cattiveria agonistica che sembra essere smarrita dopo le due uniche e brillanti prestazioni delle prime due giornate di campionato.
I tifosi tutti, quelli veri e quelli che a Messina hanno sostenuto per novanta minuti, intervallo compreso, la propria squadra, ci sono e ci saranno sempre.
Salvatore Ferragina