La ‘ndrangheta calabrese capace di infiltrarsi in diversi settori economici e imprenditoriali non solo in Italia ma anche all’estero: un meccanismo che gli avrebbe consentito di strutturarsi come una vera e propria holding criminale capace di gestire affari economici per milioni di euro.
È quanto viene fuori dalla maxi operazione denominata “Stige” che, stamani all’alba, è partita dalla provincia di Crotone e si è estesa anche al Nord Italia e all’estero.
I carabinieri del Ros e del comando provinciale pitagorico stanno infatti notificando 169 arresti – nei confronti di presunti appartenenti alla ‘ndrangheta e di loro favoreggiatori – ed eseguendo un sequestro di beniper un valore di oltre 50 milioni di euro.
Al centro delle indagini, che sono coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, le attività criminali della cosca Farao-Marincola di Cirò, una delle più potenti in Calabria, attiva soprattutto nelle estorsioni e nel traffico di droga e che vanta ramificazioni anche in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia, e in Germania (in particolare – come accertato grazie alla collaborazione con la polizia tedesca – nei länder dell’Assia e del Baden-Württemberg).
Gli interessi del clan andavano dal commercio di prodotti vinicoli e alimentari, alla raccolta dei rifiuti, ai servizi funebri, agli appalti pubblici oltre a poter contare su una fitta rete di connivenze da parte di pubblici amministratori.
ARRESTI ECCELLENTI NEL CROTONESE
Nicodemo Parrilla ma anche Michele Laurenzano: il primo, oltre che presidente della Provincia di Crotone anche sindaco di Cirò Marina; il secondo primo cittadino di Strongoli.
Sono questi i primi nomi eccellenti raggiunti anch’essi dal provvedimento cautelare emesso stamani dalla Dda nell’ambito dell’operazione Stige.
Tra gli altri figurano anche Giuseppe Berardi, vicesindaco di Cirò Marina, così come e l’ex primo cittadino Roberto Siciliani ed il fratello Nevio, ex assessore del Comune jonico. E poi: Giancarlo Fuscaldo, presidente del Consiglio comunale; Domenico Cerrelli, vicesindaco di Casabona; Angelo Donnici, primo cittadino di Mandatoriccio insieme al vice sindaco Filippo Mazza e infine, Giovambattista Benincasa, ex sindaco di San Giovanni in Fiore.
Le accuse per tutti sono di concorso esterno in associazione mafiosa.
I REATI CONTESTATI
L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore della repubblica Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dai Sostituti Domenico Guarascio, Alessandro Prontera e Fabiana Rapino. Ai 169 indagati vengono contestati i reati di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, autoriciclaggio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, intestazione fittizia di beni, procurata inosservanza di pena e illecita concorrenza con minaccia aggravata dal metodo mafioso.
Oltre ai provvedimenti custodiali – eseguiti Calabria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Lazio, Toscana, Campania e in Germania – è stato notificato anche un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 50 milioni di euro.
Le ordinanze in Germania sono state eseguite grazie alla collaborazione di Eurojust che ha consentito il coordinamento tra la Procura di Catanzaro e le procure di Kassel, Stoccarda, Monaco e Dusseldorf.
LE INFILTRAZIONI NEL TESSUTO ECONOMICO
I provvedimenti scaturiscono da un’articolata investigazione che avrebbe consentito di documentare, in particolare, l’operatività, gli assetti gerarchici interni e le attività criminose della locale di ‘ndrangheta dei Farao-Marincola, secondo gli inquirenti “in posizione di sovra-ordinazione” rispetto ad altre realtà criminali, “seppure territorialmente contigue o con esso interferenti”.
La cosca , in pratica, avrebbe infiltrato il tessuto economico e sociale dell’area cirotana attraverso “un radicale controllo mafioso” degli apparati imprenditoriali della produzione e commercio dipane, della vendita del pescato, del vino e dei prodotti alimentari tipici, nonché nel settore della raccolta e riciclo sia di materie plastiche sia di Rsu. L’indagine avrebbe quindi delineato il quadro complessivo degli interessi illeciti gestiti dal clan in ambito nazionale e estero, verificando anche la disponibilità di ingenti risorse finanziarie che venivano reimpiegate in numerose iniziative imprenditoriali e commerciali nel Nord-Italia e in Germania.
LA BASE OPERATIVA E LE ‘NDRINE SATELLITI
Le attività, condotte dai carabinieri e coordinate dalla Dda, avrebbero poi accertato una strutturazione peculiare dell’organizzazione criminale che sarebbe stata diretta dal boss ergastolano GiuseppeFarao (cl. 47) e avrebbe avuto la sua base operativa nell’area di Cirò, Cirò Marina e nei comuni circostanti.
In questi territori sarebbe stata inoltre verificata l’operatività di due ‘ndrine satelliti: quella di Casabonafacente capo a Francesco Tallarico, e quella di Strongoli con a capo la famiglia “Giglio”.
La locale di Cirò avrebbe potuto contare inoltre su proprie promanazioni nelle regioni del Nord Italia e della Fermania, dove venivano gestite attività commerciali e imprenditoriali, ritenute però come il frutto di riciclaggio e reimpiego dei capitali accumulati illecitamente.
L’assetto del sodalizio sarebbe stato l’espressione delle direttive impartite da Giuseppe Farao sarebbe stato – sempre secondo gli inquirenti – “chiaramente orientato a privilegiare lo sviluppo imprenditoriale della cosca, affidato ai propri figli e nipoti e sviluppato attraverso il reperimento di nuovi e sempre più remunerativi canali di investimento economico, limitando al massimo il ricorso ad azioni violente ed evitando gli scontri interni ritenuti pregiudizievoli per la conduzione degli affari”.
Il controllo mafioso del territorio sarebbe stato invece demandato ad una serie di “reggenti”,fedelissimi del capo cosca.
LA RETE DI IMPRENDITORI COLLUSI E COMPIACENTI
Le indagini, ancora, avrebbero permesso di ricostruire la ramificata rete di imprenditori consideraticompiacenti e collusi che, sulla base di un rapporto perfettamente “sinallagmatico”, ovvero di reciproci scambi, avrebbero ottenuto pagamenti rapidi dalle Pubbliche amministrazioni, recuperi crediti, lavori e commesse (pubbliche e private=, riconoscendo di contro al clan i più diversificati favori: dalle assunzioni, ai finanziamenti, all’elargizione di somme di denaro, “contribuendo efficacemente e consapevolmente – affermano gli investigatori – all’accrescimento del potere mafioso sul territorio”.
Fondamentale nell’inchiesta è stata anche la collaborazione con le autorità tedesche (Ika e Bka) nel ricostruire gli affari illeciti gestiti dalla cosca in Germania.
In questo quadro si sarebbe documentato il controllo da parte della cosca della produzione e distribuzione dei prodotti da forno (pane e affini), per cui i commercianti al dettaglio cirotani sarebbero stati costretti ad acquistare solo il pane prodotto dal forno di uno dei sodali e, nel contempo, gli altri concorrenti, con minacce, sarebbero stati allontanati dal territorio.
Con un identico modus operandi, il sodalizio si sarebbe infiltrato anche nella gestione di servizi funebri con la creazione di un’agenzia ad hoc.
VINO E ALIMENTI ITALIANI IMPOSTI AI COMMERCIANTI TEDESCHI
Tra gli altri business quello del commercio dei prodotti vinicoli sia in Italia che in Germania. Quanto a quest’ultimo Paese, infatti, si sarebbe accertata di un’articolazione della locale nel land del Baden Wurttemberg e in quello dell’Assia, che sistematicamente riusciva ad esercitare pressioni, specie sui ristoratori calabresi presenti sul territorio tedesco, al fine di indurli ad acquistare i prodotti vinicoli di imprese che si ritiene controllate dal sodalizio (così come di altri prodotti alimentari riconducibili ad attività commerciali e imprenditoriali infiltrate dalla cosca), agendo dietro la copertura di un’associazione di ristoratori italiani.
GLI INTERESSI SUI RIFIUTI, SUL PESCATO E SUI PORTI DI CIRÒ e CARIATI
Tra gli altri settori di interesse del clan, come dicevamo, vi erano quelli della raccolta e riciclo di materie plastiche e della carta, e della raccolta dei rifiuti solidi urbani, anche grazie a una serie di complicità di pubblici amministratori; ma anche quelli dei servizi – come il rimessaggio, lavaggio, attracco e riparazione delle barche – e degli spazi portuali di Cirò e Cariati, e dell’offerta di pescato proveniente dalla flotta peschereccia stanziale negli stessi porti. Infine, il servizio di lavanderie industriali in favore delle strutture alberghiere e dei ristoranti della zona.
LE CELLULE OPERATIVE IN GERMANIA
Le infiltrazioni sul territorio tedesco avrebbero poi svelato l’esistenza di una cellula operativa a Francoforte, Wiesbaden, Monaco e Stoccarda dove si sarebbero monopolizzate – con metodo ndranghetistico – le forniture di vino, prodotti caseari, olio e semilavorati per pizze.
I risultati raggiunti hanno così consentito di ottenere dal Gip catanzarese 13 ordinanze di custodia cautelare a carico di soggetti che dimoravano stabilmente in Germania e che sono stati arrestato in esecuzione di un mandato di arresto europeo.
L’INGERENZA NEL SETTORE DELL’ACCOGLIENZA AI MIGRANTI
Inoltre, si sarebbe documentato il controllo e l’ingerenza mafiosa grazie alla collusione di appartenenti alle amministrazioni pubbliche locali, anche nel settore dell’accoglienza dei migranti, dove si sarebbe appurata una riconducibilità alla cosca di una struttura immobiliare adibita a centro di accoglienza profughi, gestita da una serie di cooperative ritenute “compiacenti” ed i cui rappresentanti avrebbero funto da collegamento con gli enti pubblici per ottenere finanziamenti e autorizzazioni.
In questo senso, il clan avrebbe ottenuto sostanzialmente in esclusiva per le proprie ditte, la fornitura di beni e servizi ai migranti, accrescendo ulteriormente i propri introiti – destinati alla cosiddetta “bacinella” – grazie anche al ricorso sistematico a fatturazioni gonfiate.
LA GESTIONE DEL TAGLIO E RACCOLTA DI LEGNAME
Inoltre, un altro ambito di interesse sarebbe strato quello del taglio e raccolta del legname nelle aree boschive. Attraverso imprese ritenute mafiose e collegate e ad una serie di violenze e minacce nei confronti degli imprenditori concorrenti l’organizzazione sarebbe riuscita a pilotare le aste pubbliche per l’assegnazione di lotti di terreno boschivo.
Infine, sarebbero state accertate altre attività illecite riguardanti sia l’operatività di una serie di imprese cosiddette cartiere controllate o riconducili alla cosca, che erano deputate all’emissione di fatturefalse, i pratica per operazioni inesistenti, e finalizzate a frodare l’Iva così come a ripulire denaro di illecita provenienza, sia relative a un traffico transnazionale di autoveicoli di grossa cilindrata.
Fonte – cn24.tv