ASSOCIAZIONI – Petrusinu: salviamo le antiche porte civiche

Catanzaro era racchiusa da una cinta muraria di circa tre miglia e fino al 1805 era ancora intatta. Era una città fortezza dotata, di torri, bastioni e porte civiche. Da Porta Marina fino alla fonte di Tubolo (nella zona della Vallotta) vi erano 4 torri di guardia (3 bastioni secondo il D’Amato). Mentre il rione Palmenta, o Parmenta o Paulino che si estendeva da Tubolo fino alla valle del Giglione era fortificato da trincee. A Montecorvino (Santa Maria de Figulis), si trovava il Baluardo dei Palmeti, mentre un altro si trovava nella zona della chiesa di San Nicola di Morano o delle Donne. A guardia della valle del Musofalo o Conaci, vi era la torretta di Cerausto o della marchesa. Dal Cerausto in poi vi erano 8 bastioni e tre torri, di cui una nell’ultimo dipartimento detta Torre Rossa, forse per il toponimo del quartiere di Terra Rossa. Dalla torretta (si trovava sulla strada nazionale in corrispondenza della discesa di Monaco, ed è stata coperta nel riempimento operato per la piazza e la relativa via. I resti giacciono sepolti sotto l’asfalto) fino al Castello vi erano la porta di San Giovanni o Castellana con l’adiacente fosso rivellino e ponte levatoio (nei pressi dell’odierna piazza Matteotti) e la porta del Gallinaio. Dal quartiere Paradiso, oggi case Arse, fino alla porta di Pratica o di Prattica o di San Leonardo vi era il bastione di San Nicola Coracitano. Seguiva poi il quartiere Malacinadi fino alla porta Marina in questa zona vi erano 6 bastioni e più torri. Un’ultima torre di guardia, era la Cavallara sopra l’abitato della Marina. Insomma, Catanzaro aveva un impianto difensivo complesso, come tutte le città medioevali. Di questi manufatti, molti sono andati distrutti per via dei terremoti, altri sono stati abbattuti dagli uomini, altri sono stati inglobati in palazzi e altri sono lasciati all’incuria. Basta pensare alla torre di guardia sopra il quartiere marinaro. O basta guardare la fine che stanno facendo due antiche porte, con annesse chiese, dell’antica Catanzaro: la porta di Sant’Agostino o Portella, sita sotto il costone di roccia su cui è posto il convento omonimo, oggi ospedale civile in disuso, nonostante tutto è in discrete condizioni per quanto riguarda la muratura. Invece, in condizioni pessime si trova la chiesetta di Santa Maria della Portella, che aveva la duplice funzione di luogo di culto e di postazione di guardia, in pratica in caso di pericolo veniva suonata la campana, oppure, suonandola ad una data ora si avvertiva la popolazione della chiusura delle porte civiche. Il tetto, come si vede anche dalle foto allegate al nostro comunicato, è inesistente quindi tutta la struttura è priva di qualsiasi protezione dalle piogge. I problemi maggiori, oltre all’incuria, derivano invece dal precitato costone che si sta sgretolando, infatti, già grossi massi si sono riversati sulla chiesetta senza però compromettere la struttura muraria. Tuttavia, oltre all’antica porta civica, è ancora visibile il sentiero che sale dalla valle del Conaci o Musofalo. L’altra porta, con annessa chiesa, è quella di Stratò ( il toponimo dal greco significa falso, occulto, oppure potrebbe derivare dal nome di un magistrato, tale Straticò). La stessa, sita sotto viale De Normanni, nei pressi del palazzo Sanguedolce purtroppo è seriamente compromessa nella struttura muraria, la parte destra della chiesetta è crollata assieme al piccolo campanile pochi anni fà, all’interno, malgrado le erbacce, è visibile l’altarolo in stucco con la piccola pala d’altare affrescata, raffigurante la Sacra famiglia della Madonna (S. Gioacchino, S. Anna e la Madonna), inoltre, ancora leggibile è la piccola icona sovrastante la porta d’ingresso raffigurante sempre la Vergine Maria. La porta d’accesso con l’arco a sesto acuto è crollata solo pochi anni fa, ma pare che i conci di tufo siano ancora conservati nel giardino prospiciente la biblioteca comunale De Nobili a villa Margherita. Il tetto, così come per la porta di Sant’Agostino, è inesistente quindi tutta la struttura è priva di qualsiasi protezione dalle piogge. Anche in questo caso, è ancora praticabile il sentiero che scende a valle, e conduce fino alla fonte dell’acqua Bona, in questa zona dovrebbe trovarsi il giardino di Lencriste mitica moglie di Cattaro (uno dei capitati della milizia bizantina che condusse gli abitanti di Scolacium sui Tre Colli) con la sorgente omonima. Pertanto lanciamo l’ennesimo accorato appello, alle istituzioni e alla soprintendenza in primis, affinché tutelino il territorio cittadino. Salvaguardando i manufatti esistenti e ricostruendo quelli caduti, in particolare la porta di Stratò, visto che i conci sono ancora utilizzabili e conservati. Inoltre, chiediamo che vengano resi fruibili gli antichi sentieri, creando delle aree verdi attrezzate.

ASSOCIAZIONE CULTURALE

PETRUSINU OGNI MINESTRA

Autore

Massimiliano Raffaele

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