Niente sconti alla mafia, ma tutta la verità su un contesto disumano
Hanno messo la polvere sotto il tappeto e la chiamano legalità. Hanno massacrato degli innocenti e la chiamano applicazione delle regole. Hanno mentito e continuano a mentire e lo chiamano intervento dello Stato di diritto. Siamo increduli dinanzi a tutto ciò che è successo e ancora succede ed ancora di più dinanzi a come tutto ciò viene dipinto, raccontato e strumentalizzato Nella complessità e nei dubbi che gravitano attorno al caso Rosarno noi due certezze le abbiamo e le vogliamo urlare: il Governo sta facendo una cosa orribile e questa società degli ingiusti sembra essere concepita per umiliare sempre i più deboli.
Il governo ordisce trame di ipocrisia. Usa la parola immigrazione come la userebbero dei bambini ma senza la stessa innocenza. Senza capire o con la volontà di non far capire, omettendo di porsi pubblicamente ulteriori problemi. La usa contro le intelligenze proprie e quelle della gente, la usa contro i diritti umani, contro l’impegno e la storia accogliente e ospitale di questa terra. Rilegando questi eventi ad una dimensione regionale e locale, così come fatto per la ‘ndrangheta deresponsabilizzando l’autorità nazionale. La sua stupidità e il suo orgoglio sanciscono e sanciranno il trionfo, già noto, delle mafie su quello che è il piccolo feudo di Rosarno. Si sta intervenendo a favore della ‘ndrangheta.
Una città commissariata, ripetiamo commissariata, non poteva non conoscere e non far conoscere al Governo che migliaia di braccianti vivevano nella indigenza e nello sfruttamento. Non poteva non sapere il ministrero degli interni attraverso i suoi organi periferici che a Rosarno gonfiava la rabbia, la rabbia vera, quella che proviene da una schiavitù rude e barbara. La rabbia che viene dalla volontà di rivendicare una esistenza da esseri umani. Ma la sottovalutazione del problema o peggio ancora la sua accettazione rendono tutto più terribile.
Adesso il Governo si finge eroe. Ha legittimato la caccia al nero, con le sue parole e ha deportato in silenzio chi ha gridato contro la mafia. E lo ha fatto più volte a testa alta. Questa è la situazione. Gli immigrati, seppure in forme condannabili, hanno denunciato la propria schiavitù. Senza essere ascoltati.
Abbiamo agito, noi come popolo e come Stato, contro la dignità umana. Ma abbiamo agito come agiamo purtroppo ogni giorno. Le bastonate, i silenzi, le spranghe, le fucilate ai neri sono come la materializzazione fisica di quella che è la quotidianità della nostra terra dove ogni giorno si consumano altre più silenziose offese e umiliazioni verso chi non si arrende al malcostume, verso chi resiste ai soprusi della malapolitica e delle organizzazioni criminali, verso chi vorrebbe urlare contro le schiavitù morali e l’indifferenza.
A noi calabresi della resistenza quotidiana spesso, proprio come ai poveri immigrati, le forze congiunte di poteri corrotti e incapaci ordinano o impongono l’esilio o la deportazione.
Siano essi giovani brillanti, siano essi immigrati sfruttati, viviamo spesso di una fine comune che si chiama esilio, espulsione. Il sangue e le lacrime di oggi hanno lo stesso profumo delle lacrime di ogni giorno di questa terra.
A noi calabresi della resistenza quotidiana spesso, proprio come ai poveri immigrati, le forze congiunte di poteri corrotti e incapaci ordinano o impongono l’esilio o la deportazione.
Siano essi giovani brillanti, siano essi immigrati sfruttati, viviamo spesso di una fine comune che si chiama esilio, espulsione. Il sangue e le lacrime di oggi hanno lo stesso profumo delle lacrime di ogni giorno di questa terra.
Ci sforzeremo di dare a questa vicenda, così complessa, così importante, il proprio nome e le proprie parole. Lo stesso nome e le stesse parole che le istituzioni, le organizzazioni criminali e media conniventi cercheranno di nascondere, di occultare e peggio di manipolare. Occorrerà trasformare la “colpa secondo Maroni” (la regola morbida sugli ingressi) nelle colpe quotidiane del nostro Paese: il sonno delle istituzioni locali e nazionali, i contributi all’agricoltura che non impongono un monitoraggio stretto dei metodi e delle regole sull’impiego bracciantile, l’assenza di ogni tipo di discussione su come migliorare la competitività dei nostri prodotti agricoli (dalla gabbie salariali ai contratti regionali per diminuire il costo della forza lavoro in regioni svantaggiate), il ruolo dell’Europa nella gestione dell’immigrazione, i limiti di un giornalismo che dovrebbe essere presente e rigoroso, che imponga alla politica di rispondere e resocontare.
Alla mafia vorremmo che non si facesse alcun regalo, a cominciare dalle parole!
ASSOCIAZIONE STUDENTI DI CALABRIA ULIXES