E’ questo il testo provocatorio che i ragazzi dell’Associazione Socio-Culturale “Nuova Era” hanno scelto per sensibilizzare la pubblica opinione nei confronti del problema sicurezza nella città di Catanzaro e, al contempo, spronare chi ha il dovere di amministrare la cosa pubblica a farsi carico in maniera più responsabile delle problematiche ad esso connesse. Il testo, riportato anche su uno striscione posizionato alle prime luci dell’alba nel piccolo piazzale antistante l’ingresso del Palazzo Comunale, esprime al meglio l’amarezza di una constatazione che purtroppo appare, con il passare del tempo, sempre più veritiera.
Mentre tra le pagine della carta stampata si susseguono a ritmo vertiginoso interventi e disquisizioni riguardo l’immagine della città (che da “isola felice” si è riscoperta attanagliata dalla morsa della criminalità organizzata), appare, a nostro parere, di fondamentale importanza concentrarsi sulle misure da adottare per arginare gli episodi di cronaca nera che, da ormai due anni, hanno oggettivamente registrato un incremento negativo sul territorio comunale. Partendo da alcune fondamentali convinzioni, “Nuova Era” intende, dunque, offrire il proprio contributo alla discussione, un contributo consapevole e scevro da possibili strumentalizzazioni.
Per rispondere all’offensiva della criminalità, intesa nelle sue più differenti manifestazioni, il problema sicurezza deve essere oggetto di una concertazione seria e programmata da parte di tutte le componenti preposte alla sua risoluzione. Crediamo, dunque, che forze dell’ordine e Amministrazioni locali, senza dimenticare i nostri Deputati in seno al Parlamento Nazionale, abbiano l’obbligo di collaborare superando steccati ideologici e divisioni politiche: la lotta alla criminalità deve rappresentare una priorità nell’azione quotidiana di chi, su mandato popolare o meno, ha l’onere e l’onore di amministrare e/o controllare il territorio, perché la stessa rappresenta un passaggio imprescindibile per la crescita socio-culturale di una terra posta, ormai per convenzione, ai margini della nostra comunità nazionale.
Purtroppo rimane nella memoria quanto accaduto nei giorni scorsi in località Giovino. L’ episodio che ha visto involontaria protagonista la giovane ragazza rimasta vittima di uno dei crimini più vergognosi che la mente umana può concepire è assolutamente intollerabile per una comunità come la nostra, fortemente ancorata a determinati Valori e Principi. Intendiamo esprimere, con questo comunicato, nonostante sia trascorso qualche giorno, tutta la nostra vicinanza e la nostra più sincera solidarietà alla giovane che speriamo non sia stata abbandonata alla propria solitudine. Crediamo non si possa far finta di nulla: registrare anche quest’ultimo episodio come “criminalità fisiologica all’interno di una città capoluogo di regione” ci pare fin troppo semplicistico. E allora le domande, spronate da una costruttiva rabbia e da un senso di impotenza frustrante, ci sembrano, ancora oggi, d’obbligo, ma con una premessa che speriamo essere chiara e ben intesa dai lettori: “Nuova Era” non intende puntare il dito contro l’aggressore in quanto “straniero”, sarebbe un gesto stupido ed ignorante, ma intende condannare fermamente il gesto e in quanto criminale, disumano e fuori da ogni logica del vivere civile. Come è possibile che l’immigrato clandestino lavorasse per una attività commerciale? Come lui quante persone senza regolare permesso di soggiorno (o con “permesso turistico”) vivono nella nostra città? Quali possibilità di integrazione vengono offerte agli stranieri? e, soprattutto, qual è la reale volontà di integrazione da parte loro? Perché esistono “zone franche” in cui tutto e concesso? E’ a queste domande che occorre dare, con urgenza, una risposta concreta, avviando una riflessione approfondita anche sul tema della “vera integrazione” che non può essere archiviato come secondario.
Solo adeguate risposte a queste domande, oltre che una attenta programmazione di interventi mirati a sradicare l’illegalità, trasformeranno in realtà le utopie che oggi ci troviamo tristemente a denunciare.