Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera ricevuta dagli avvocati Carlo Maria Romeo e Isabella Dore in merito alla vicenda dell’arresto dell’imprenditore Pasquale Capano di cui tutti gli organi di stampa si sono occupati (noi abbiamo dedicato poche righe ).
I sottoscritti avv.ti Carlo Maria Romeo ed Isabella Dore, entrambi del Foro di Torino, difensori di fiducia dei sig.ri Pasquale Capano, nato a Belvedere Marittimo il 21-11-61, e di Antonella Fusconi, nata a Roma il 20-2-68, formulano la presente per significarVi quanto segue, in relazione alle notizie da Voi pubblicate, in merito agli arresti effettuati ed alle ragioni dei medesimi.
Gli articoli ed i servizi giornalistici che hanno inondato stamane il mondo dell’informazione mediante ogni mezzo (carta stampata, radiofonia, televisione e cosiddetto web) risultano, per le ragioni che si diranno infra, in patente contrasto con i doveri di verità e pertinenza che devono informare di sé ogni atto di esercizio del diritto/dovere di cronaca risultando, per ciò stesso, gravemente lesivi della reputazione degli indagati.
Ed invero:
1- quanto all’obbligo di verità, si rileva che esso risulta violato per imprecisione ed ambiguità delle espressioni utilizzate, nonché mercé il travisamento degli atti processuali, evidentemente frutto di una superficiale conoscenza. Valga premettere che né il sig. Capano né, tantomeno, la sig.ra Fusconi (peraltro, sostanzialmente incensurata) risultano essere mai stati condannati per il, ovvero imputati del, reato di associazione di stampo mafioso quali appartenenti alla ‘ndrangheta. Parimenti, nessuna incolpazione di tal guisa viene mossa loro nel procedimento penale oggetto delle notizie di stampa de quibus ante. Aggiungasi che l’aggravante di aver agito al fine di agevolare una qualsivoglia associazione di stampo mafioso non è mai stata in alcun modo contestata alla sig.ra Fusconi; l’unica volta che venne contestata al sig. Capano, nel 2002, l’aggravante dell’art. 7 della legge 203/91 venne dapprima esclusa dal Tribunale del Riesame di Catanzaro e poi definitivamente esclusa dalla Corte di Appello di Catanzaro e dalla Suprema Corte di Cassazione.
2- Quanto al dovere di pertinenza, interpretato nella sua più ampia accezione di pubblico ed attuale interesse alla acquisizione e diffusione di una notizia, non v’è chi non veda come esso risulti palesemente violato per intempestività. Ed invero, contrariamente a quanto riportato dagli organi di informazione destinatari della presente, incorsi sul punto in un clamoroso quanto inspiegabile errore, la privazione della libertà personale dei coniugi Capano non è affatto intervenuta nella giornata odierna, né si è verificato alcun fatto, né è stato compiuto alcun atto avente la benché minima rilevanza procedimentale. Incomprensibili appaiono, pertanto, le ragioni di codesto scalpore “in differita”. Ove allo stupore per cotanta superficialità si aggiunga la constatazione secondo cui il clamore mediatico è stato scatenato, in totale assenza di palesi cause efficienti, proprio nelle more di ben due fondamentali decisioni giurisdizionali che investono, a vario titolo, le persone degli indagati, non si può sfuggire all’ombra cupa del sospetto di una (pur, sperasi, pro charitate patriae, forse insussistente) speciosa strumentalizzazione degli organi di informazione cui, non per la prima ed, ahinoi, nemmeno per l’ultima volta, vengono fatte filtrare ad orologeria notizie, se non radicalmente false, quantomeno lacunose e tendenziose, al malcelato scopo di creare, in una opinione pubblica progressivamente privata di quel grado di obiettiva criticità che costituisce la cifra distintiva tra cittadini e sudditi, un clima sfavorevole alla difesa.
Ed invero, il sottoscritto avv. Romeo tiene a rimarcare che il sig. Capano trovasi in stato di custodia cautelare in carcere non già per il reato di appartenere alla ‘ndrangheta o altra associazione mafiosa, sibbene per i reati di interposizione fittizia di persona, commessi tutti in epoca risalente ad oltre un lustro fa, tanto che almeno uno di essi risulta a tutt’oggi già estinto per intervenuta prescrizione.
Parimenti, alcuni dei beni intestati agli indagati ed attualmente in sequestro, quali presunti oggetti della fittizia intestazione, sono già stati restituiti, in quanto di acclarata lecita provenienza.
Secondo l’assunto della Pubblica Accusa, il Capano avrebbe fittiziamente intestato beni a lui riferibili alla consorte sig.ra Fusconi, ed al fratello di lei.
Valga rilevare, sul punto, che a tacere del fatto che tali ipotesi di reato non sono state ancora vagliate da un Tribunale, il Gip aveva illo tempore rigettato la richiesta di applicazione delle misure cautelari.
Tale decisione fu poi inopinatamente ribaltata soltanto in seconda istanza dal Tribunale della Libertà di Roma.
Aggiungasi che, per ironia della sorte, lo sfruttamento mediatico del dramma personale della privazione preventiva della libertà è coinciso temporalmente con l’approvazione da parte della Camera dei Deputati di un atto normativo che, in ossequio alla presunzione di non colpevolezza costituzionalmente sancita, mira a rendere l’istituto della custodia cautelare davvero residuale e solo quando qualsiasi altra misura venga ritenuta inidonea a prevenire ulteriori condotte criminali.
Per tali ragioni, i difensori sottoscritti Vi diffidano a pubblicare la presente missiva a titolo di rettifica nell’ambito della prima edizione utile. In difetto, si vedranno costretti a suggerire ai loro assistiti di adire l’Ufficio della Procura della Repubblica territorialmente competente affinché proceda per il reato di diffamazione con il mezzo della stampa.
Certi che vorrete spontaneamente ottemperare a quanto richiestoVi che risulta secundum ius, nella sua più alta accezione di ars boni et aequi, sì da contribuire in maniera determinante, tramite il difficile quotidiano esercizio di una corretta e completa informazione, alla formazione di una armoniosa, equilibrata ed autenticamente democratica coscienza critica nazionale, Vi porgono distinti saluti.
avv. Carlo Maria Romeo
avv. Isabella Dore