Una settimana fa vi abbiamo chiesto di raccontarci se e come il calcio, in particolare il Catanzaro, stesse accompagnando la vostra quarantena.
Fra i tanti messaggi che sono arrivati ce n’è uno che ci ha colpiti. In questo caso i colori non sono quelli giallorossi, ma le riflessioni sul calcio e sulla fede calcistica al tempo del Coronavirus ci uniscono molto più di quanto si possa immaginare.
Perché il calcio ha smesso di essere uno sport popolare? Per quale ragione i tifosi sono trattati da semplici consumatori senza che nessuno li tuteli realmente? Perché il calcio non può essere un motore di progresso e di sviluppo per la nostra terra?
Il messaggio di Antonio da Cosenza squarcia il velo del più becero campanalismo e apre all’idea di un ponte ideale che unisca la Calabria nel rispetto reciproco.
Ci ripetiamo spesso che quando tutto sarà passato saremo persone diverse, ognuno con un personalissimo solco scavato più o meno in profondità.
Inevitabilmente anche il calcio sarà diverso, ma chissà che stavolta dalla Calabria non possa arrivare un segno tangibile di cambiamento, innovazione e riscatto.
Condivido in pieno se tutti collaborassimo uniti per la Calabria…….
Bravo, ci sono cose più importanti dei beceri campanilismi.
Bellissimo messaggio. Bravo Antonio