La sentenza del TAR è alquanto bizzarra, discutibile anche dal punto di vista giuridico. Si richiamano a votare circa seimila elettori aventi diritto (cifra enorme per la città di Catanzaro) con una parte considerevole del risultato elettorale ben conosciuto perchè già scrutinato. E’ come se a seggi aperti si potessero diffondere risultati parziali o proiezioni reali di un possibile risultato finale.
Ciò è vietato dalla legge in materia elettorale. – lo scrive Antonio Carpino del partito dei Comunisti Lavoratori anche lui in lizza come candidato sindaco alle elezioni Ad ogni modo il collegio giudicante del tribunale amministrativo ha ben pensato, in pieno stile “pilatesco” di emettere una sentenza “salomonica” accontentando i candidati a sindaco delle due coalizioni “maggiori”, riconoscendo l’esistenza di gravi irregolarità nelle procedure di voto senza annullare totalmente le elezioni come la situazione avrebbe richiesto.
IL PCL non si presterà a questo gioco truffaldino. Il miniturno elettorale ci vedrà coerentemente defilati ed invitiamo gli elettori delle otto sezioni “incriminate” di respingere con forza questa ulteriore truffa nei modi che riterranno più opportuni. Se vogliamo ridare dignità alla nostra città di Catanzaro bisogna scendere in piazza e dire basta alle due coalizioni che tentano la scalata. Già ci bastano i loro accordi nazionali di sostegno all’attuale governo Monti, che ha mantenuto i privilegi alla “loro” casta ed ha mandato sul lastrico le famiglie i pensionali i lavoratori.
Veramente inopportuni e retorici, gli inviti che sono seguiti in questi giorni di ritorno alla “democrazia e legalità” – continua Carpino – ancora oggi non comprendiamo di quale democrazia parlano invece di individuare percorsi che ridiano ai cittadini servizi e lavoro!! Di preoccuparsi delle condizioni dei lavoratori e dei cittadini; di preoccuparsi di quello che succede in città che approfittando della crisi le poche attività esistenti chiudono o licenziano unica soluzione di cui si parla in città è ridurre i salari e tagliare il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti.