Ieri pomeriggio, associazioni, movimenti, rappresentanti sindacali e politici, semplici cittadini si sono dati appuntamento in centro a Catanzaro per protestare contro la Tares ().
Nella stessa giornata è stata presentata una specifica istanza attraverso la quale si chiede al sindaco di sospendere le tassa per rimodularne i contorni e bloccare le eventuali sanzioni per chi non riuscirà a pagare la prima rata (considerato che per alcuni si tratta di “cifre e abnormi e in certi casi non sostenibili” secondo i manifestanti).
Vediamo ora punto per punto cosa si contesta al sindaco Abramo e alla delibera comunale dello scorso 30 settembre con la quale si è regolamentata la Tares.
La delibera comunale innanzitutto violerebbe l’articolo 53 della Costituzione che stabilisce il principio di progressività delle imposte (chi più possiede più paga, ndr) perché non distinguerebbe tra cittadini con situazioni di patrimonio e reddito differenti. In breve, due famiglie di quattro persone con una casa di 90 metriquadri, si troverebbero a pagare lo stesso importo indipendentemente dal reddito percepito e dal patrimonio dichiarato.
Si contesta inoltre la mancata proporzionalità tra i costi affrontati dal Comune per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti -oltre che per gli altri servizi indisponibili- e la somma che la stessa Tares porterà nelle casse comunali.
Nella delibera non esiste peraltro alcun riferimento, diretto o indiretto, ai costi sostenuti dal comune, e perciò la stessa delibera sarebbe antigiuridica perché violerebbe il “principio della corrispondenza tra tassa e servizio”.
L’utima contestazione riguarda il ritardo con cui sono state inviate le comunicazioni ai catanzaresi. I cittadini si sarebbero ritrovati spesso con poche ore a disposizione per far fronte al pagamento di una somma di certo non trascurabile, specie in un periodo di crisi prolungata e nerissima come quello che stiamo vivendo.
Red