Bar Mangialavori

A te

… in attesa di tempi migliori.
di Giuseppe Mangialavori

A stento mi affanno a rimuovere dal tesoro della memoria le sensazioni, i profumi, i colori e i sorrisi. La prima volta che mio padre mi portò allo stadio e mi ustionò la guancia con la sigaretta ancorata al labbro, nell’intento di baciarmi… e quel liscio di Vichi che lato curva Ovest portò il Taranto al pari in zona Cesarini e le lacrime ai miei occhi stile cartone animato made in Japan.

Quante certezze strappate all’animo unitamente agli affetti più cari ed a quelli che ritenevo punti fermi. Il Catanzaro. Non un corredo di abbellimento della vita ma una filosofia di vita, un affetto di famiglia che si veste da collante con cugini ed amici. 

Una passione vissuta dall’ex provincia. Da Vibo Valentia, da Nicotera, da Comerconi a sfidare codici della strada all’epoca più permissivi. E via con le carovane a superare prima le impervie curve di Monte Poro per poi conquistare la Salerno-Reggio C. e iniziare a sentire da lontano il profumo dei fumogeni con gli occhi spalancati e i compagni di viaggio pronti a fare il pronostico della giornata con scommesse allegate e con il sorriso sulle labbra tra profumi di insaccati vari sistemati alla meno peggio dentro i panini. Nel tragitto il solito segnale stradale rotto per anni che recita “Pala…” la seconda parte non c’è. E tutti lì a scherzare, ridere e dire “quello sta per Palanca!!!”

Il biglietto? Non serve la carta d’identità. Si parcheggia frettolosamente la macchina dove si può e si fa la staffetta tra le curve e le salitelle spezza gambe che portano al Ceravolo. Chi corre più in fretta inizia la coda in biglietteria e se c’è la partita di cartello c’è l’amico dell’amico di Catanzaro che in settimana ha procurato i biglietti. Si va a casa sua. Panini trangugiati alla meno peggio con bibita annessa.

Si vince, si perde, si pareggia… alla fine si ritorna nella stessa auto (o autobus/treno direzione “Sala”) con in mente il lunedì scolastico che si cerca di allontanare arricchendo il viaggio di ritorno con la radio che proprio per l’occasione non si riesce a sintonizzare mai sulla stazione desiderata. Alla fine la mano più saggia e ferma riesce nell’intento e tutti zitti in religioso silenzio a sentire le voci, ma soprattutto a deliziare le proprie orecchie con la parola “Catanzaro”.

Che delizia: “C a t a n z a r o”.

Un nome, un orgoglio con il quale schiaffeggiare l’amico/il compagno di scuola di turno che tifa per le solite Juve, Inter o Milan. Il diario di scuola conosce solo due colori e l’angusto spazio riservato alla “domenica” è quello più ricco. Un nome del quale andare orgogliosi al di là dei trofei o scudetti conquistati che latitano ma non importa, anzi…la “A” è più che uno scudetto! E poi a casa la fame ed il volto della mamma che ti dice: ma quanto hai gridato? Non hai più voce sei pazzo!!! Con il tuo sorriso su quella sedia a rotelle ti facevi complice sorridendo come solo tu sapevi fare con i soli occhi mi chiedevi news! Con gli anni è arrivata la patente… le trasferte con quella cinquecento scassata… poi le prime retrocessioni, quel palo lato Curva Est di Sabato in una semifinale a prova di infarto…i primi segni di cedimento interrotti da un 96° biancoazzurro targato D’Elia che parlava più di ogni cosa e presagiva quello che poi è accaduto con Nola, Sora, Acireale e così via dicendo…

Ma gli auguri di buon Natale ce li facciamo tutti ugualmente. Tutti noi giallorossi nel sangue e personalmente li faccio a te che sogni (e ne hai tutti i diritti) e a te che ti sei rassegnato (ne hai il diritto), a te che odi e a te che ami. A te che spargi veleno e a te che lo sai ricevere. A te che credi e a te che non credi.

Trapani è stata solo una delle tante (umilianti) tappe anonime dell’F.C. alle quali spietatamente si attacca chi non vuole avere memoria dei propri sentimenti, chi si vieta di dirsi: abbiamo sbagliato tutto, vi chiediamo in ginocchio e umilmente scusa (almeno questo!!!).

Non può finire così un amore grande dal nome Catanzaro. Fa parte integrante della mia/nostra vita, della mia/nostre famiglie, della mia/nostra storia e ritma cadenzandoli gli anni passati che si associano alla “A”, alla “B”, alla “C1” per finire alla “C2” con emozioni diverse, colori infiniti tutti belli unitamente alle preziose amicizie e altrettanto preziose disempatie che la vita naturalmente produce in tutti i suoi aspetti.

Oggi non si scorgono neanche gli orizzonti e le certezze sono lontane chimere, ma la fede non è acqua. Beato chi, nei vari aspetti della vita, la detiene. Beato chi è stato educato ad averla.

Catanzaro non sarà New York, Roma o Milano e questo credo sia palese, ma a costo di essere stucchevole e maledettamente “fuori moda”, ritengo che se ci fossero le sinergie costruttive e meno personalismi che si sono dimostrati sterili e dannosi, Catanzaro e il proprio nobile Popolo potrebbero tornare a riappropriarsi di quello spirito che sembra essersi smarrito defraudato da politicanti, Dott. Prof. Avv. On. Sen. Grand’Uff. Lup. Mann. che hanno cannibalizzato tutto quello che hanno trovato sulla propria strada.

Si auspica una palingenesi figlia di una sofferenza non solo calcistica. Una rinascita che il capoluogo di Regione merita. Una ripresa figlia dell’umiltà partorita da chi ha sofferto l’indifferenza e l’appropriazione indebita di un ideale che vale molto più di una semplice S.p.A.

Il passato dovrà servire da vaccino contro gli antigeni che fisiologicamente attentano alla visione positiva delle cose di ogni giorno. Da Catan zEro a Catan Zar di Calabria.

Sarò ridicolo ma non mi importa, sono figlio della più bella Regione del mondo e ne vado fiero, ne vado orgoglioso e nessuno potrà mai pensare di attentare all’orgoglio di esserlo. Canticchio ai miei figli i vecchi cori da curva e educo il piccolo che ancora dice appena “mamma” e “papà”, a pronunciare il ben più difficile “Forza Catanzaro” ricavandone un “Ao”, come un giorno mio Padre fece con me, come un giorno mio figlio farà con il suo pargolo. Buon Natale e Felice 2011 a tutti i Fratelli Giallorossi, nella speranza che dalla cenere un giorno rinasca l’aquila reale che tutti noi conosciamo.

Giuseppe Mangialavori

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Giuseppe Mangialavori

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