Pensieri nella nebbia

Riflessioni in piena libertà.

E’ un momento confuso quello che si vive a Catanzaro. Nebuloso, verrebbe da dire. Il neo-Presidente Colao, l’imbattuto Colao meravigliao, non fa in tempo a parlare degli effetti del rinvio appena decretato dall’arbitro Mazzoleni Paolo Silvio (che d’ora in avanti chiameremo P.S. per evitare di citare, a poco più di due mesi del voto di aprile, il nome del premier e di suo fratello editore) che le dirette avversarie nella lotta per la salvezza si allontanavano a velocità allarmante fino a scomparire nella nebbia. Il P.S. aveva da poco preso una decisione apparentemente malsana, quella di dare il via alla gara mentre ancora la visibilità era scarsissima, salvo poi sospenderla due minuti dopo per acclarata impossibilità di capire ciò che accadeva sul campo. Credo che la decisione di dare il via sia stata concertata con le due società, altrimenti dovremmo dubitare della capacità di intendere e volere del buon P.S., fratello del mio arbitro preferito inviso a gente come Chietti e Pavarini e che di nome fa Mario.

Torniamo a Colao, il neo-Presidente, che nel dopogara (chiamamolo così…) appariva timoroso di dire qualsiasi cosa, ringraziando tutti varie volte dal primo all’ultimo dei presenti e iniziando una serie di discorsi di un equilibrismo da far invidia ai trapezisti del cirque du soleil. Tendenza questa già emersa sin dal suo primo discorso alla nazione giallorosa, nell’ormai celebre “discorso dei cassonetti” nell’improvvisata conferenza stampa sotto allo studio Ierace nella notte dell’Epifania. Ascoltandolo sembrava quasi che ogni frase sia stata concertata fra maggioranze, minoranze, gruppi misti e franchi tiratori e per farsi capire meglio fa l’esempio di Spadolini nel Pentapartito degli anni ’80, che governava col 3% (frase che dev’essere piaciuta molto a Pino Mirante). Colao riesce a parlare per quasi un quarto d’ora senza affermare nulla di definitivo, e mentre nicchia sul mercato e su De Vezze viene chiamato da Poggi per mediare nell’affaire dei tifosi veronesi nell’antistadio, ormai tanto affezionati al quartiere Stadio dal non volerlo più abbandonare. Mediazione riuscita, mi dicono, tanto che i veronesi sono riusciti a guadagnare l’autostrada per riguadagnare la loro amata civiltà. Bene. Mi piace molto l’approccio umile di Colao in un mondo difficile ed infido come quello calcistico, e mi basta la sua unica affermazione di principio che non può dar adito a dubbi: il responsabile della società per ora è lui, e si assume tutte le responsabilità derivanti dalle sue decisioni.

Bernardo Colao può rappresentare un punto di rottura col passato da appoggiare con fiducia, e c’è da sperare che si metta presto nelle condizioni di fare il Presidente con la P maiuscola, un Presidente come manca da troppo tempo che possa fare di necessità virtù convogliando le risorse a sua disposizione in un modello societario funzionante e di traino per tutto un ambiente affamato di normalità. A prescindere da quella che sarà la categoria di appartenenza del Catanzaro nel prossimo anno e che speriamo possa essere la serie B occorre una riorganizzazione che tocchi tutti gli aspetti della vita societaria, di cui la prima squadra rappresenti il fiore all’occhiello di una realtà che funzioni. Come nella vicina Reggio, in cui la cittadella dello sport dà la possibilità a decine di giovani amaranto di allenarsi gomito a gomito crescendo e dando linfa continua alla società di Foti. Ci vuole forse un po’ di pazienza, noi tifosi ci attrezzeremo anche di quella. In fondo abbiamo aspettato 13 anni in C2. E comunque un’apertura di credito è d’obbligo, e far peggio del Claudio Parente degli ultimi due anni sarebbe davvero difficile. E se anche riuscisse a far di peggio (non immagino davvero come, dopo un tale scempio tecnico e organizzativo) gli consiglio sin d’ora di non farsi scrivere la lettera di commiato dallo stesso Parente, a cui riesce addirittura meglio gestire una società di calcio professionistica…. In bocca al lupo Presidente Colao, e mi scusi la diffidenza, ma provengo da un periodo un po’ difficile, in cui a grandi promesse non hanno fatto seguito che disastri. Spero che con Lei cambi tutto sin da subito.

Capitolo sicurezza: mentre Mazzoleni P.S. decideva di sospendere la gara dopo due minuti, un gruppo di Ultrà del Verona decideva di dare un senso alla scampagnata festiva dirigendosi in pulmann verso la curva Capraro con fermate intermedie previste Kiwi e Roks Bar, senza alcun tipo di scorta prevista per l’occasione. Le autorità di P.S., questa volta intendendo Pubblica Sicurezza, si erano perse l’allegra brigata scaligera (gli ultrà del Verona, per intenderci, e non gli innocui pandorini clivensi) per le vie della città, salvo poi emettere, tramite il sindacato di polizia SAP, una dura nota per condannare l’infelice posizione dello Stadio Nicola Ceravolo, a loro dire poco adatta ad una ideale organizzazione di difesa del territorio. Dissento decisamente da questo comunicato. Si approntino prima le misure minime di scurezza, e poi chi sbaglia paghi, sia fra i tifosi che fra gli strateghi della sicurezza di Stato. Il Ceravolo e il suo essere nel cuore della città non diventino un alibi per nessuno, tifosi, teppaglia o funzionari di P.S.

Ma quando gli incidenti accadono nell’ampissimo piazzale antistante allo stadio Olimpico a Roma cosa dicono le autorità locali, di operare in condizioni logistiche ideali e di essere incapaci a gestire l’ordine pubblico? No, giustamente se la prendono con chi provoca gli scontri, non con l’ubicazione degli alberi e delle siepi. Un po’ di serietà da parte di chi sarebbe incaricato dalla società civile a prevenire e reprimere la violenza a volte non guasterebbe.

Da molti (troppi, a mio avviso) si sente dire che l’ideale ubicazione degli stadi sarebbe fuori dalle città, dove poter isolare le battaglie fra opposte fazioni senza interessare la città indifesa. Sento delirare di cattedrali nel deserto, nuovi mostri di cemento con più telecamere che teste, con immensi parcheggi all’esterno per consentire ai pochi spettatori rimasti senza pay per view di poter comodamente parcheggiare l’auto all’esterno. Come a Bari, ad esempio. Provate a chiedere ai baresi se preferivano il vecchio stadio della Vittoria o l’attuale astronave nel nulla del San Nicola. Chiedete pure. O se i torinesi sono contenti del delle Alpi. O se i Salernitani preferiscono lo stadio a Pontecagnano piuttosto che nel centro di Salerno, come il vecchio Vestuti. No, uno Stadio fuori dalla città impoverirebbe Catanzaro, ed il Catanzaro. Che pur appartenendo a tutta la provincia perderebbe la sua sede naturale, il Ceravolo, vero cuore pulsante di una città che vive di calcio. E che andrebbe invece fatto vivere tutta la settimana, magari con un museo dell’US da costruire nell’area circostante e incentivando la ristrutturazione del campo B, quello retrostante al settore Distinti, per poter far allenare la prima squadra e le squadre giovanili. Sarebbe bellissimo un Ceravolo che vive tutta la settimana, quel posto trasuda storia e passione anche quando è vuoto. Ci sono difficoltà a parcheggiare? Che si vada allo Stadio coi mezzi pubblici, con navette continue approntate dai parcheggi già esistenti alla funicolare e sotto alla rotatoria. Lo stadio appartiene all’Amministrazione Comunale. Se ci sono le garanzie, lo affidi pure all’US Catanzaro, altrimenti intervenga in prima persona, incentivando tutte le iniziative che possano raggiungere obiettivi di sviluppo: il calcio rappresenta a Catanzaro l’anima stessa della città, le beghe di potere mi interessano poco, vorrei solo non vedere più la squadra allenarsi in provincia di Crotone mentre un campo adatto allo scopo funge da parcheggio in assoluto stato di degrado.

Insomma fra società costituende e costituite, riforme a colpi di minoranza che presto potrebbe divenire maggioranza, acquisti e cessioni con tanto di mister nuovo di zecca, battaglie medievali e tragicomici comunicati di autorità con forti sensi di colpa e lunga coda di paglia, anche la nebbia sembra aver suggerito al Catanzaro di riordinare un po’ le idee. Per poter ripensare con calma agli ultimi avvenimenti, per metabolizzare i cambiamenti avvenuti in società e nella squadra, per compattare le fila e presentarsi in piene forze ai prossimi appuntamenti col treno del campionato: quelli che davvero non si possono più sbagliare. Prima fermata: lo stadio Adriatico di Pescara. Che facciano tutti mente locale, la squadra e il mister in testa: alla serie B ci teniamo per davvero. E voi ci dovete provare fino all’ultimo respiro.

Giannantonio Cuomo

Autore

Davide Pane

Scrivi un commento