Beni per oltre cinque milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri del Ros, in un’operazione congiunta, a Milano, Gioiosa Jonica, e Soverato. I beni erano riconducili a persone, considerati dagli investigatori i presta nomi di alcuni esponenti della ‘ndrangheta, tutti indagati nell’ambito dell’operazione ”Decollo” con la quale venne disarticola una organizzazione dedita al traffico di stupefaenti tra Sud America e l’Italia. Il sequestro e’ avvenuto su richiesta della Dda di Catanzaro, sulla base degli esiti degli accertamenti patrimoniali.
Le indagini si sono concentrare su denaro e titoli per complessivi 5 milioni e 620mila euro ed immobili per un valore di 180.000 euro. Nell’ambito della verifica e’ emerso che nel maggio del 2003 alcuni affiliati alla ‘ndrangheta contattarono il titolare di una vincita da 5+1 al Superenalotto da oltre otto milioni di euro per consegnargli la somma corrispondente, farsi dare la schedina ed incassare loro il denaro frutto della vincita. Secondo gli inquirenti, i beni sottoposti a sequestro preventivo sarebbero riconducibili al presunto boss della ‘ndrangheta Nicola Luca’, di Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria).
A disporre il sequestro preventivo dei beni sono stati il capo della Dda di Catanzaro, Mariano Lombardi, il procuratore aggiunto Mario Spagnolo, ed il sostituto Salvatore Curcio. Gli stessi procuratori che nel gennaio dello scorso anno diedero il via all’operazione “Decollo” che porto’ all’emissione di 109 ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa finalizzata al traffico internazionale di cocaina e altri reati.
L’inchiesta della Dda di Catanzaro ha scandagliato le varie fasi del narcotraffico tra Sudamerica ed Italia: dall’ approvvigionamento della cocaina alla sua importazione; dalla distribuzione dello stupefacente al riciclaggio dei proventi. Il flusso di droga, secondo quanto scaturito dalle indagini, si svolgeva tra Colombia e Venezuela, Europa (Italia, francia, Spagna, Olanda e Germania), l’Africa (Togo), e l’Australia. Contestualmente, agli arresti, furono sequestrati beni mobili, immobili ed attivita’ commerciali in Calabria, Lombardia, Emilia-Romagna, Basilicata, campania, Lazio, Liguria, Piemonte, Sicilia, Toscana per decine di milioni di euro.
L’indagine era iniziata con la ricerca del boss Giuseppe Mancuso, capo dell’omonimo clan di Limbadi (Vv), allora latitante, arrestato dai Carabinieri a Milano il 10 febbraio del 1999. In una prima fase dell’inchiesta erano stati raccolti elementi di prova a carico di 50 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga e di altri reati.
Poi gli atti furono trasmessi a Milano alla locale Procura distrettuale, considerato che l’attivita’ dei clan si era perfezionata nel capoluogo lombardo e nel suo comprensorio, ad opera di un’organizzazione criminale formata dai clan di Limbadi (Vv) e Rosarno (Rc).
Una fase quest’ultima che ha dato la possibilita’ agli inquirenti di incrinare altre 60 persone accusate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, usura ed estorsione. Le indagini avevano evidenziato l’esistenza di una complessa articolazione criminale, fondata su una componente vibonese diretta da Vincenzo Barbieri e Rocco Ventrici, referenti del clan Mancuso di Limbadi; una componente ionico-reggina capeggiata da Natale Scali, a cui farebbero capo i beni sequestrati dalla Dda.
Nell’ambito delle indagini fu anche identificata una componente colombiana composta da narcos e gruppi paramilitari; due componenti spagnole, una guidata da Luis Alfonso Marin Villalobos ed incaricata di curare le spedizioni via terra e mare della droga e l’altra, operante fra il paese iberico, l’Italia e la Francia, preposta al recupero del denaro guadagnato dall’organizzazione. Un’altra componente, australiana, faceva capo a Nicola Ciconte ed era diretta emanazione dei Mancuso con l’incarico di curare l’importazione e lo smercio in Australia, assicurando alla componente italiana la copertura finanziaria necessaria per il riciclaggio di denaro sporco.
L’operazione consenti’ il sequestrato di 5.000 chilogrammi di cocaina in collaborazione con le autorita’ di Spagna, Germania, Francia, Colombia, Usa, Australia e Venezuela. Gli esami di laboratorio hanno accertato un grado di purezza della droga sequestrata fino all’88%. Il solo quantitativo sequestrato a Salerno e Gioia Tauro, pari ad 800 chilogrammi, e’ risultato avere un valore di 1 miliardo 430 milioni di euro. Dall’operazione sono scaturiti due processi in corso a Catanzaro e Milano.
Nel maggio scorso il Gup del capoluogo calabrese ha condannato a pene variabili tra i 6 ed i 18 anni di carcere 27 imputati giudicati con rito abbreviato. Con il giudizio e’ stata disposta la confisca di beni per 20 milioni di euro. In precedenza un imputato, sempre con il patteggiamento della pena, era stato condannato a due anni di reclusione. Per altre tre persone, due delle quali straniere estradate dalla Spagna, e’ in corso il dibattimento al tribunale di Vibo Valentia.
Nell’aprile scorso il gup del Tribunale di Milano aveva inflitto 30 condanne nei confronti di altrettanti imputati a pene comprese fra 6 e 20 anni di carcere. Quattro imputati hanno patteggiato la pena, due sono stati assolti, mentre 18 saranno giudicati nei prossimi mesi con il rito ordinario.
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