Florian Myrtaj ha capito tutto in una settimana. La strada giusta verso la salvezza l’ha indicata lui, non solo per il gol messo a segno dopo 34 minuti dall’esordio in maglia giallorossa. No, quello da ricordare è stato il gesto successivo. L’albanese deve aver letto i giornali, ascoltato leggende metropolitane che parlavano di uno spogliatoio spaccato, con calciatori che remavano in senso opposto. Così, l’attaccante di Valona si è preso la briga di far vedere ai compagni come si deve fare: gol pesante e poi tutti a scuola di pagaiata nei pressi della bandierina. Lui davanti e la squadra dietro, perché la barca è la stessa: si chiama Catanzaro.
Ecco, abbiamo scelto questa metafora per iniziare un’analisi basata sui fatti e non sulle antipatie (o simpatie). Questo perché si è detto e scritto di tutto sulle vicende che hanno portato i giallorossi al penultimo posto, ma spesso ognuno ha cercato di salvare dal disastro qualcosa o qualcuno. O peggio, scaricando le colpe su un capro espiatorio. Non è andata, secondo noi, così. Il pareggio di Bari indica due cose: la salvezza si può raggiungere; gli errori si pagano a caro prezzo. Partiamo da quest’ultima affermazione. I critici ad oltranza sostengono che il punto non modifica di molto il grafico di Cagni: 2 punti in 8 gare. Sono numeri indifendibili, ma… C’è un ma che i critici dimenticano (oppure omettono per comodità ). Provate a rileggere le formazioni del Catanzaro scese in campo prima di Bari. Senza offendere nessuno, ma qualcuno si è reso conto che hanno giocato da titolari calciatori che in C1 stavano in panchina?
Scendiamo nel particolare. Ecco come la nostra società pensava di affrontare il campionato di B dopo 14 anni, sbandierando previsioni ottimistiche. In difesa, ceduti Milone e Zappella, sono arrivati Grava (considerato da tutti un buon elemento), Bonomi (in fase calante da alcune stagioni, tanto da rimanere senza squadra), Dal Canto (reduce da un’esperienza all’estero non propriamente felice) e Monaco (praticamente fermo da un anno). Reparto completato in estate da Ascoli, Vanacore, Dei, Zattarin e Caterino (ripescato poco prima del via): cinque debuttanti o quasi in B. Non ci voleva un mago per pronosticare delle difficoltà . Alla fine il migliore si è rivelato Nicola Ascoli che però, dopo le prime due giornate, è ritornato in campo da Torino in avanti per via di un infortunio. L’accantonamento di Monaco (unica scelta personale di Cagni), la squalifica di Dei, le precarie condizioni di Bonomi e Dal Canto hanno costretto l’allenatore a reintegrare (e schierare) Pierotti. E passiamo al centrocampo: conferma del blocco utilizzato in C. Vale a dire Alfieri, Briano e De Simone (i primi due ritornavano in B dopo anni d’assenza, il terzo era stato scaricato la stagione prima dall’Avellino, ultimo in classifica), più Campolo minato nel fisico da diverse operazioni al ginocchio (lo sapevano anche i sassi). Il migliore? Andiamo oltre… Sulle fasce le scelte erano Morello (che in B aveva giocato solo 28 gare), Arcadio (prelevato dalla C2 tra gli insulti dei tifosi) e il “pacco Reggina” Vicari e Leon. Oggi dobbiamo ringraziare Arcadio, perché si è dimostrato un professionista serio e attaccato alla maglia. Degli altri parlano le prestazioni offerte in campo. E arriviamo all’attacco: lo sforzo maggiore della società si era concentrato proprio su questo reparto. Conferma per Giorgio Corona e acquisto boom: Benny Carbone (il cui curriculum faceva a pugni con il resto della rosa). In più in giallorosso è arrivato anche Fabrizio Cammarata, bomber di belle speranze però appassite negli ultimi anni. Stop. Una quarta punta nemmeno a parlarne. Questa era la rosa ai nastri del campionato di B. Un vero disastro tanto che non capiamo come mai la società dopo l’inizio choc (solo sconfitte e qualche pari tra amichevoli e coppa Italia) non abbia pensato di rimediare prima che il calcio mercato chiudesse i battenti. Ma forse la vicenda del calcio scommesse ha distolto l’attenzione.
In ogni caso con la rosa al completo, ma con le crepe ben evidenti sono iniziate le difficoltà con il conseguente cambio in panchina tra Braglia e Cagni. A questo punto qualcosa si rompe anche nell’ambiente che inizia a contestare il nuovo allenatore (che chiedeva il rispetto d’alcune regole basilari. Le stesse regole, ad esempio, tanto care all’Ussi calabrese che, giustamente, non permette l’ingresso in tribuna stampa a chi non è giornalista) per scelte che poco hanno a che fare con il calcio. Cagni, inoltre, capisce subito che l’organico fa acqua da tutte le parti e inizia a chiedere rinforzi alla società fin da ottobre. La squadra, però, non è messa male in classifica (alla nona giornata ha totalizzato 11 punti), ma nello spogliatoio qualcosa inizia a incrinarsi. Molti “senatori” (che hanno contribuito alla promozione in B) e qualche altro giocatore sanno di avere le partite contate. Ma a gennaio manca ancora un po’, quindi c’è tempo per far diventare carta straccia la lista degli epurati consegnata alla società … Intanto si fa male Carbone: la caduta diventa libera. Cagni dice chiaro alla dirigenza: “Mi serve come il pane una prima punta, questa squadra n’è priva”. Siamo a fine ottobre, la sua richiesta sarà esaudita nella scorsa settimana. Sarà una coincidenza, ma sapete prima del gol di Myrtaj quanto tempo era passato dall’ultima rete di un attaccante giallorosso? Quasi due mesi, ma siccome il gol di Carbone contro il Perugia è stato inutile, per ritrovare una rete pesante di una punta bisogna risalire a fine ottobre: sempre Benny stese il Modena con un’invenzione. Dopo i vari Corona, Cammarata e Biancone (la quarta punta!) hanno fatto centro solo una volta, a Cesena con Corona.
Certo, non è solo colpa dell’attacco (tra l’altro privo di Carbone per troppo tempo). Il centrocampo, infatti, non ha mai fatto molto per aiutarlo. In compenso i nostri avversari si sono molto divertiti per il filtro quasi inesistente, maciullando la nostra fragile difesa. In buona sostanza, per tre mesi abbiamo giocato in B con una squadra che avrebbe faticato a fare punti in serie C. Cagni ha commesso diverse colpe (dichiarazioni avventate, troppo rigido in alcune situazioni che richiedevano maggiore flessibilità , cambi radicali di comportamento pretesi in brevissimo tempo), ma chi omette questo decisivo quadro è in malafede. Soprattutto non si può addebitare al tecnico bresciano la scelta dei giocatori (lui, però, poteva fare a meno di ricordarlo una volta accettato l’incarico): il guaio lo ha commesso la società e ora su indicazioni precise sta rimediando.
A Bari erano in campo 5 nuovi acquisti, alla fine del mercato la formazione sarà rivoluzionata almeno per sette undicesimi. Solo a giugno sapremo se i correttivi hanno dato i frutti sperati. Parente ha dichiarato che il nostro campionato è iniziato a Bari: ha ragione, ma la prossima volta affianchi a Princi (bisogna ammetterlo: in questo mese non sta lesinando energie e soldi per la causa del Catanzaro) un ds per la campagna acquisti. Soprattutto troviamo grave che nonostante ormai fossero chiari i limiti della squadra, si sono persi altri venti giorni di gennaio prima di allestire una formazione competitiva. Ma la cosa più enorme è una: nonostante i limiti tecnici, senza i chiari di luna di alcuni giocatori (messi tutti fuori rosa, tranne Corona: l’unico calciatore che aveva partecipato alla cena del “complotto” ad essere perdonato da società e allenatore. Per lui il conto è stato pagato con la tribuna di Torino, ora la speranza è che re Giorgio ritrovi lo smalto della scorsa stagione) il Catanzaro poteva avere almeno 4 o 5 punti in più in classifica. Insomma, non si sarebbe trovato nella condizione attuale, dove ogni partita è una finale come domenica contro la Triestina. Adesso siamo tutti nella stessa barca: il ritardo è notevole, ma per fortuna le falle sono state tappate. Per chi non sa, o non vuole, remare nella direzione giusta ci sono due alternative: chiedere ripetizioni private a Myrtaj oppure abbandonare la nave. La zavorra non serve alla causa del Catanzaro.
Il Catanzaro a scuola di pagaiate per raggiungere la salvezza
L’editoriale di Francesco Ceniti