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Le parole mai dette sulla crisi del Catanzaro

L’editoriale di Francesco Ceniti

Esiste il delitto perfetto? Per gli studenti di giurisprudenza è un’ipotesi affascinante e in teoria possibile. Nel nostro caso, per fortuna, no. Anche perché non siamo alla presenza di un cadavere, ma solo di un ferito grave. In ogni caso la domanda è valida: chi ha ferito il Catanzaro? I colpevoli hanno lasciato molti indizi, visibili e circostanziati. Purtroppo c’è qualcuno che (per amore?) continua a non volerli vedere. O meglio, preferisce concentrarsi solo su alcuni responsabili. Usciamo dalla metafora e analizziamo senza timore (anche a costo di andare controcorrente) i perché della classifica umiliante. Partiamo dalla società. Abbiamo già detto e scritto più volte sulla superficialità con cui è stata condotta la campagna acquisti estiva, a questo aggiungiamo una palese confusione di ruoli e compiti in parte rintuzzata con le nomine delle ultime settimane. Resta, però, il grave buco nella voce direttore sportivo e team manager. Due figure indispensabili (siamo l’unica squadra di A e B a non averle) non solo per le competenze esterne, ma anche per il ruolo di mediazione che svolgono con allenatore e squadra. Dispiace dirlo, ma un direttore generale come Gianni Improta (svuotato da ogni responsabilità) non serve a nulla.
La società poi avrebbe dovuto licenziare Braglia prima del campionato una volta acclarata la diversa filosofia sulla gestione della serie B (così come ha fatto il Genoa). Insomma, l’Us Catanzaro ha molti margini di miglioramento, l’importante e non perseverare negli errori (vedremo se a giugno sarà nominato il d.s., mentre dovrebbe arrivare in città Agostino Iacobelli come osservatore-team manager).
E passiamo agli allenatori di questa stagione. In primis Piero Braglia (che nella scorsa settimana ci ha confessato “Ho accettato situazioni strane, ma allenare in B mi faceva gola”). Anche in questo caso abbiamo spesso espresso i nostri giudizi sul tecnico toscano. Ha sbagliato, secondo noi, a non collaborare con la società sugli acquisti estivi. Non solo, il gelido trattamento riservato ai nuovi è stato l’inizio della sua fine. Il disastroso precampionato era un campanello d’allarme da non sottovalutare, ma non cercando la collaborazione di Carbone (l’unico in grado di domare uno spogliatoio spaccato fin dal ritiro) si è esposto alle “coltellate”. Quando la società ha chiesto ai giocatori se fossero d’accordo sull’esonero, solo Arcadio e Zattarin hanno risposto di no (e per questo è improponibile un suo ritorno).
Passiamo a Cagni. Ha accettato di scendere a Catanzaro e quindi la rosa di giocatori che lo componeva. Certo, alcune cose non le poteva prevedere (l’infortunio di Carbone, ad esempio), ma le dichiarazioni ottimistiche sono sempre pericolose con i tifosi. In ogni caso fin quando lo spogliatoio ha sopportato i suoi metodi duri, i risultati non sono mancati (7 punti in 4 gare). Poi qualcosa si è incrinato, lo analizzeremo meglio più avanti, e Cagni non è certo la persona adatta per mediare in attesa di gennaio. Insomma, non ha concesso nulla ottenendo da molti giocatori il nulla in campo. Ha sbagliato a non affidarsi a Sergio Musa pretendendo di sostituirlo con un “telefono”. Se voleva un suo preparatore di fiducia doveva farlo assumere dalla società. Così come una volta perso Pinotti, doveva trovare un allenatore in seconda capace di mediare con i giocatori. Altro errore: far capire ai giocatori di averli messi sulla lista nera dichiarandolo pubblicamente. Sul lato tecnico tanto contestato facciamo notare una cosa: quando aveva l’intera rosa a disposizione (senza bastian contrari) il Catanzaro ha giocato quasi sempre con tre punte (Corona, Cammarata e Carbone). Poi le cose sono cambiate.
Ed arriviamo alle parole mai dette: la squadra. Assemblata male (e con molti doppioni che da subito si sono fatti la guerra) e gestita nella prima fase peggio. Inevitabile la frattura tra il gruppo storico e i nuovi acquisti, quasi tutti hanno scaricato le responsabilità su Braglia alla prima occasione sperando che la tregua imposta dal nuovo allenatore sanasse il tutto. Così è stato per alcune settimane, poi le invidie e gli interessi personali hanno fatto crollare il castello di sabbia. Le prove? Il colpevole ha tralasciato un piccolo particolare: in campo scendono loro. Quindi ci devono spiegare perché a Trieste hanno giocato in un certo modo e con Ascoli e Crotone sono stati vergognosi, perché a Bergamo e Piacenza si è lottato fino al 94’ mentre a Vicenza il signor Zattarin si “dimentica” di marcare Schwoch (e da quella gara non vedrà più il campo) o Grava e Campolo tutto fanno tranne il loro dovere. Ma ovviamente ci sono altri indizi: una volta capito che sarà Cagni a gestire la fase del mercato, alcuni di questi signori hanno cercato di forzare la mano chiedendo alla società un altro esonero. E una parte del gruppo storico (quello della promozione) si è fusa con alcuni dei nuovi. I nomi? Li scoprirete da soli a Treviso leggendo la lista dei 18. Ci saranno delle sorprese, ma già alcuni muri sono crollati (Campolo è già dell’Avellino, Grava ritornerà a Terni e qualcun altro li seguirà a breve). Sono gli stessi, cari tifosi, che voi avete osannato e seguito in ogni parte d’Italia perché hanno indosso una maglia giallorossa. Sono gli stessi che tra un mese sputeranno veleno su questa città e i suoi invadenti tifosi. Sono gli stessi che sono scesi in campo con il freno a mano tirato, tanto la colpa era di Braglia, Cagni o al più della società. Sono gli stessi che in queste ore pregano il loro procuratore per trovargli un ingaggio per altri tre anni. Qualcuno ha definito Corona la nostra bandiera. Come si sa le bandiere seguono il vento e sinceramente nel calcio di oggi è difficile trovare una bandiera ferma. Lo è stato Massimo Palanca, perché ha rappresentato la nostra storia dalla C alla A, sinceramente Corona ha disputato con il Catanzaro solo (e ripeto solo) un ottimo campionato di C1 (e deve ringraziarci: a 30 anni non avrebbe avuto molte altre occasioni). In B il signor Corona non ha mai fatto la differenza. In questa stagione solo Carbone ha lasciato il segno: le nostre 4 vittorie portano tutte la sua firma. Corona non segna da Cesena, guarda caso l’ultima partita giocata in un certo modo dai giocatori del Catanzaro. Meglio di lui hanno fatto Arcadio (che non mai fatto polemica né con Braglia, né con Cagni e si è meritato la riconferma con il sudore) e il tanto vituperato Alfieri che ha avuto il coraggio di battere un calcio di rigore al 94’ in una situazione dove aveva tutto da perdere e nulla da guadagnare (e qualcuno magari lo avrebbe buttato fuori quel penalty). Quindi il nostro Re Giorgio deve dimostrare con i fatti l’attaccamento alla maglia. Di certo le dichiarazioni della scorsa settimana fanno a pugni con questo proposito.
In questo quadro fosco una sola cosa è consolante: la vittima (il Catanzaro) non è morta. Ora si spera che una volta individuato il male le medicine siano quelle giuste. Ma una volta per tutte dobbiamo imparare a mettere da parte l’amore da tifoso (che ti fa innamorare del calciatore) per vedere con tutti e due gli occhi. Solo così le responsabilità saranno divise in modo equo tra i molti colpevoli.

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Redazione

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