Il collegio della 1° sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaroha confermato, malgrado l’iniziale parere contrario della Procura Generale, la condanna nei confronti di Andrei Valentin Epure, il 30enne di origine romena che a Sellia Marina, nell’agosto 2013, alla guida di un Suv lanciato a folle velocità, aveva travolto e ucciso Matteo Battaglia, 12 anni, ferendo gravemente anche un altro automobilista.
Confermato dunque il parere del giudice di primo grado Giuseppe Perri, del tribunale di Catanzaro, che nell’aprile del 2015 aveva condannato a 2 anni e 4 mesi Epure, riconoscendo lo sconto di un terzo di pena per il rito abbreviato e concedendogli anche le attenuanti generiche.
Il terribile incidente era avvenuto poco dopo le 7 di mattina, mentre il piccolo Matteo, assieme alla madre, stava aiutando il nonno nelle consuete operazioni di apertura del negozio di ortofrutta. ll Suv con alla guida Epure si era materializzato all’improvviso sul marciapiede, senza controllo e a folle velocità, andando a travolgere il bimbo, rimasto orrendamente mutilato sotto gli occhi impietriti della madre e del nonno. Il mezzo, dopo aver abbattuto due pali, aveva poi concluso la sua folle corsa contro un’auto, alcune decine di metri più avanti, ferendo gravemente il conducente.
Durante il processo il consulente tecnico nominato dalla Procura, l’ingegnere Roberto Arcadia, aveva ricostruito le fasi dell’incidente indicando in 130 chilometri l’ora la velocità a cui viaggiava Epure al momento dello schianto, con un limite su quel tratto urbano di 50 chilometri l’ora.
Era inoltre emerso come Epure avesse ripreso possesso della propria patente di guida appena 3 settimane prima di causare l’incidente, dopo un lungo periodo di sospensione disposto dalla prefettura di Catanzaro per guida in stato di ebrezza.
Ciò nonostante la condanna in primo grado era stata appellata dal legale di Epure, contestando una pena particolarmente alta nei confronti del proprio assistito.
Di tutt’altro avviso, su istanza della madre e del fratello di Matteo, si era a quel punto mossa anche la Procura Generale, presentando ricorso in Cassazione contro la sentenza del Gup per «mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione», chiedendo invece un doveroso aumento di pena.
«Il giudice di primo grado ha quantificato la pena in base ai più miti limiti sanzionatori previsti dal reato di omicidio colposo – si legge nel ricorso firmato nel settembre 2015 dal sostituto procuratore generale Massimo Lia – La concessione delle attenuanti generiche è frutto di un’incongrua quanto ingiustificata sottovalutazione dell’estrema gravità del reato commesso e dell’elevatissimo grado di colpa ravvisabile nella condotta di guida tenuta dall’imputato, messosi alla guida di un Suv alla scriteriata velocità di 130 chilometri all’ora in una zona abitata dove vigeva il limite di 50.
Va pure censurata l’individuazione della pena base rispetto alla quale è stata operata la diminuzione per il rito abbreviato: la complessiva condotta dell’imputato avrebbe logicamente imposto di commisurarla quantomeno in misura pari o molto più prossima al massimo edittale di anni 7 di reclusione, che può e deve trovare applicazione proprio nei casi, come quello in esame, connotati da estrema gravità oggettiva o soggettiva della condotta di reato».
Oggi pomeriggio però l’imprevisto passo indietro da parte del rappresentante della Procura Generale, che nonostante le motivazioni espresse nel ricorso ha invece, all’avvio del dibattimento, chiesto la conferma della precedente condanna.
«Difficile poter credere in questo tipo di Giustizia – l’amaro commento della mamma del piccolo Matteo Battaglia – Sembra, piuttosto, una beffa: dopo la blanda condanna l’intervento della Procura ci aveva fatto ben sperare, abbiamo quindi atteso con grandi aspettative questa nuova pronuncia e siamo rimasti davvero allibiti nel sentire che la Procura Generale si è di fatto rimangiata quanto sostenuto nel ricorso. E’ un paradosso che facciamo davvero fatica a comprendere, e che non potremo mai accettare».
Nel frattempo gli stessi familiari, hanno avviato un nuovo processo, questa volta in sede civile, radicandolo presso il tribunale di Treviso per ottenere il dovuto risarcimento dei danni patiti per questa gravissima e sconvolgente perdita.
Oltre ad Andrei Valentin Epure, sono stati chiamati in causa anche due società e due assicurazioni: la prima assicurava la targa prova, la seconda in qualità di impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada; dagli accertamenti, infatti, è emerso che, tra le altre cose, il Suv circolava sprovvisto di copertura assicurativa, con la revisione scaduta e con una targa prova prestata al proprietario del Suv, un conoscente di Epure.
Una situazione dunque molto intricata, che si andrà ora a chiarire in sede civile per assicurare quanto meno il giusto risarcimento ai familiari di Matteo.
cn24