Intervistiamo

Logiudice: «A Catanzaro proprietà importante. Ora serve pazienza»

Scritto da Redazione
All’ex giallorosso l’Italian Sport Awards del calcio come miglior direttore sportivo della serie C nel 2017. Per l’occasione abbiamo raccolto le sue dichiarazioni sul presente e sul futuro del Catanzaro
 
pasquale logiudice

La meritocrazia nella vita è merce preziosa, soprattutto nel mondo del calcio, pianeta spesso infettato da satelliti ad esso estraneo che ne traggono linfa vitale ma sempre più spesso lo deturpano.

Quando raramente la professionalità e gli ideali che la muovono vincono, è una vittoria per tutti. Pasquale Logiudice, un pezzo di storia del Catanzaro prima nelle vesti di calciatore, poi come dirigente nelle vesti di DS, è stato premiato quale migliore Direttore Sportivo della serie C per l’anno 2017, ricevendo il prestigioso premio Italian Sport Awards del calcio, premio patrocinato dal CONI e dalla Figc.

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Un riconoscimento al professionista e all’uomo che ha sempre dato il massimo sia quando ha indossato la casacca giallorossa, che quando da dirigente ha dato un contributo determinante per la promozione in serie B dopo ben quattordici anni.

Chi scrive, seppur ricoprendo altre mansioni, ha avuto l’onore di conoscerlo da vicino proprio in quel campionato vittorioso e di stargli a fianco rimanendone colpito per l’abnegazione al lavoro e i pochi fronzoli o narcisismi nell’esternare il proprio ruolo.

Un mondo spesso incorniciato da troppi riflettori dedicati a personaggi in cerca d’autore, finalmente si accendono dedicando la propria luce al reggino naturalizzato catanzarese a tutti gli effetti.

Abbiamo intervistato Pasquale Logiudice dopo la premiazione del 18 dicembre scorso e con la sua consueta cortesia e disponibilità, ha risposto alle nostre domande:

G.M. A chi dedica questo importante premio?

P.L. Dedico questo premio a mia moglie Franca che ha sempre condiviso tutta la mia vita, anche quella lavorativa, “sopportandomi” e “supportandomi” nei vari momenti professionali sia in quelli difficili che in quelli felici che fisiologicamente si alternano in un lavoro difficile e impegnativo come il mio.

G.M. Nella vita non sempre vince la meritocrazia a riconoscimento del lavoro e dell’onestà. Lei ha sempre fatto di queste ultime una religione di vita.

P.L. Dopo tutto il lavoro che ho svolto, c’è stato qualcuno che è stato attento ai risultati che ho prodotto. Il ruolo di DS è stato sempre molto delicato, ma oggi lo è ancora di più. Interfacciarsi tra i vari procuratori e con la figura del presidente richiede molto tatto se si vogliono raggiungere determinati risultati. Io interpreto questo ruolo come uomo di campo, con la giusta personalità e ci metto sempre la faccia, sia nel bene che nel male. Ovviamente, come in altre cose nella vita, c’è sempre il rovescio della medaglia, ma la coerenza delle proprie azioni viene innanzitutto. Quest’ultima mi ha portato a fare sempre le mie scelte, anche lo scorso campionato quando la Juve Stabia si trovava al primo posto in classifica. Malgrado gli eccellenti risultati raggiunti, capii che il mio progetto tecnico non era quello che la società voleva continuare a seguire e mi sono fatto da parte con il rispetto che sempre si deve a chiunque.

G.M. Al Catanzaro in qualità di calciatore e poi, nel campionato 2003/2004, la promozione in B in qualità di DS.

P.L. I miei ricordi sono ancora vivi. Ricordo i due playoff persi e ne conservo ancora grande delusione dentro di me. Poi però ho avuto la fortuna di avere la società di allora che ha creduto in me e mi ha dato una chance che non potevo perdere. Ancora ringrazio la dirigenza che mi ha permesso di mettere in piedi una formazione che era stata costruita per vincere la C2, poi, fummo ripescati in C1 e vincemmo da capolista approdando alla serie B e sopravanzando in classifica il Crotone di Gasperini. Un grande successo. Riuscimmo a piazzare gente come Toledo e Corona rispettivamente ad Udinese e al Catania in serie A. Poi abbandonai, di fatto messo fuori in un contesto che era totalmente cambiato e da gente che poco aveva a che fare con il mondo del calcio. Me ne andai in silenzio con molte lacrime versate. Per il ritorno nel 2007, erano sbagliati i tempi e non c’era ancora una società strutturata.

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G.M. Come percepisce il contesto giallorosso dall’esterno in questo periodo?

P.L. Ho sempre seguito e seguo le Aquile. Questa è una fase di grande euforia perché c’è una proprietà importante desiderata da tanti anni dalla piazza giallorossa. Tutti i tifosi auspicavano che arrivasse. Gli anni successivi alla promozione in B sono stati molto tribolati ed è proprio per questa ragione che la situazione attuale rappresenta uno spiraglio di luce che però, attenzione, non bisogna far scemare.

G.M. Quando si antepone troppo spesso la parola “progetto”, molto spesso si fallisce. Perché?

P.L. Quando si parla di “progetto”, spesso si parla di quello tecnico, ma si deve parlare sempre a 360°. L’organizzazione societaria dalla prima all’ultima figura è determinante anche per la riuscita del progetto tecnico. I due fattori sono sempre collegati. Tutti cercano di riprodurre modelli di riferimento. La Juventus, ad esempio, dopo la promozione in A e tanti fallimenti, ha capito che la costanza avrebbe portato frutti eccellenti e i fatti hanno dato ragione alla società di Andrea Agnelli. L’Inter di quest’anno, con gli stessi calciatori, sta facendo meglio cercando di dare fiducia ad un management diverso, mantenendo la stessa intelaiatura con minime modifiche nell’organico. La coerenza, la determinazione e la costanza pagano sempre. Bisogna avere molta pazienza per vedere concretizzate le proprie idee.

G.M. Secondo lei c’è poi tutta questa differenza tra calciatori di serie A, B o serie C?

P.L. Le differenze si sono accorciate. La serie A è sempre più “fisica” e comunque non è detto che un calciatore di C non possa militare in serie A. Ricordo ancora quando piazzai in A gente come Biagianti o Plasmati. Oggi è più facile, ripeto, considerando formazioni che non frequentano i primi dieci posti in graduatoria. Se pensiamo al Benevento che ha fatto il doppio salto o alla Ternana che in serie B addirittura annovera tra le proprie fila di 7 undicesimi provenienti dalla C senza considerare che gli umbri possono recriminare per qualche punto che manca in classifica.  

G.M. Vuole salutare la tifoseria giallorossa?

P.L. Certamente con molto piacere. Porgo innanzitutto i migliori auguri a tutte le famiglie giallorosse per un felice Natale e un anno nuovo vincente che possa portare al coronamento di un sogno e creare i presupposti per nuovi e più ambiti traguardi calcistici.

Giuseppe Mangialavori

Autore

Redazione

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