Sarzana, Pistoia, Riccione, Monte San Giusto, Napoli, Palermo, Locri e anche Vibo Valentia. Questo il percorso che compirà la “Quarto Savona 15”, l’auto sulla quale viaggiava la scorta di Giovanni Falcone e che saltò in aria il giorno della strage di Capaci.
Proprio a Vibo Valentia, Antonio Montinaro – uno degli agenti di scorta di Falcone – ha fatto la scuola di Polizia. Le tappe in Calabria saranno due, il 19 maggio a Vibo Valentia e il 20 maggio a Locri.
L’iniziativa si chiama “La memoria in marcia” ed è promossa da Tina Montinaro, moglie di Antonio Montinaro, caposcorta che guidava davanti all’auto del giudice, insieme alla sua associazione che porta il nome dell’auto: “Finalità associazione è di andare in tutte le scuole d’Italia per far capire ai ragazzi che cosa è successo nel 1992 – ha spiegato questa mattina la donna, intervenuta allo stand della polizia a Tempo di Libri -.
Quella macchina, nella quale sono rimasti gli ultimi pensieri di mio marito, fece un volo di 300 metri; di quei ragazzi è rimasto ben poco ma si legge bene il contachilometri: 100287. Ecco, questo numero è impresso sui braccialetti che distribuiremo. Chi lo indossa continua a far camminare quella macchina, perchè se pensavano di fermarci si sono sbagliati: oggi sono cambiate parecchie cose”. L’iniziativa toccherà Vibo Valentia dal 15 al 19 maggio, quando l’auto verrà esposta alla Scuola Allievi agenti di Polizia.
A Palermo l’auto si fermerà alla caserma Lungaro da dove uscirono quel giorno gli uomini della scorta e il 23 maggio finirà il suo percorso nel giardino della memoria, dove è caduta dopo lo scoppio.
Quello che non è soltanto un “rottame”, ma un simbolo definito come una “croce laica” da Giampaolo Trevisi, dirigente della polizia e direttore della scuola di Peschiera del Garda dove l’auto è custodita in una teca di vetro. “Ogni sera ci sono persone che portano tre rose per i tre ragazzi della scorta, Antonio, Vito e Rocco, e si commuovono. E’ un esempio anche per i nostri allievi”.
Secondo Montinaro iniziative come questa servono a combattere l’indifferenza: “Consiglio di guardare bene quel “rottame”, per capire che cosa è successo quel giorno”.
Poi ha aggiunto un appello: “Quell’auto come la strage di Capaci non sono solo mie, ma appartengono a tutta l’Italia. Ho condiviso la vita con un uomo coraggioso e questo mi dà la forza di andare avanti”. Con i suoi due figli, ora quasi trentenni, la donna ha deciso di rimanere a Palermo e da li’ testimoniare: “La mia presenza in quella città deve dire tutto anche senza aprire bocca. Poi giro tutte le scuole d’Italia, dove parlo, racconto e mi emoziono ogni volta”.