Non luogo a procedere, reato prescritto. Si è concluso così il secondo capitolo giudiziario nell’inchiesta sui falsi esami all’Università Magna Graecia di Catanzaro.
I “fortunati” a godere della prescrizione sono: Santina Giannotti, Maddalena Sacco, Danilo La Russa, a carico dei quali in primo grado erano stati inflitti sei mesi, Giuseppina Persico e Adriano Motta, condannati a un anno, Antonio Saladino e Vincenzo Saladino, un anno e otto mesi, mentre per Danilo Gigliotti, invece, il giudice di prime cure aveva sentenziato un anno e dieci mesi di reclusione.
Salvatore Curcio, sostituto procuratore generale, aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado per gli imputati oggi salvati da un verdetto di prescrizione emesso dalla Corte di appello del capoluogo calabrese. Secondo le ipotesi di accusa avrebbero indotto in errore la commissione esaminatrice a redigere verbali di laurea falsi, basati sull’erronea convinzione che le prove di ogni singolo esame fossero state superate e non comprate.
Vari furono i reati contestati agli studenti finti nell’inchiesta insieme a una novantina di persone; dal reato di corruzione, falso ideologico e materiale del pubblico ufficiale in atto pubblico, falso per indurre in errore l’Ateneo per finire alla soppressione e distruzione di atti.
Il caso della presunta compravendita di esami scoppiò nel novembre del 2007, e travolse prima la facoltà di Scienze economiche aziendali e poi quella di Giurisprudenza, facenti capo all’unica segreteria didattica di cui era responsabile il 50enne Francesco Marcello, principale accusato.
Nell’ambito di quel primo filone d’indagine i pm incassarono tre patteggiamenti – fra i quali quello di Marcello, a cui fu applicata una pena di tre anni di reclusione, ed il pagamento di 2mila euro per le spese di costituzione di parte civile dell’Università – e una condanna a carico delle prime quattro persone finite nei guai. In seguito altre 16 persone furono raggiunte da avviso di garanzia ad agosto 2009 (un diciassettesimo avviso era per il solito Marcello).
Poi il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro emise un provvedimento cautelare con cui fu interdetto lo svolgimento dell’attività forense a 39 persone. A marzo 2010, infine, un nuovo capitolo dell’inchiesta, con un’informazione di garanzia notificata ad altre 53 persone. Gli inquirenti avevano raccolto una valanga di prove per i “professionisti” che non solo si sarebbero laureati falsificando raffiche di esami, ma forti di quelle stesse lauree sarebbero diventati avvocati, avrebbero vinto concorsi pubblici e qualcuno avrebbe persino ottenuto incarichi dirigenziali in società partecipate.