Hamil Mehdi, il marocchino di 25 anni, radicalizzato e residente a Luzzi, tratto in arresto dagli uomini dell’antiterrorismo della polizia di Cosenza, indagato per i reati contemplati dalla nuova legislazione antiterrorismo, con particolare riferimento alla fenomenologia dei cosiddetti foreign fighters, era pronto a raggiungere gli scenari di guerra.
Le indagini dei poliziotti della Digos di Cosenza e dell’antiterrorismo della direzione centrale della polizia di prevenzione, nei confronti del marocchino arrestato, sono iniziate a luglio del 2015. L’arrestato, il 10 luglio del 2015, aveva raggiunto la Turchia ma è stato fatto rientrare in Italia dopo che le autorità Turche, d´intesa con gli uomini dell´Antiterrorismo Italiano, ne avevano evidenziato la pericolosità respingendolo per motivi di “sicurezza pubblica”. I dettagli dell´operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà presso la questura alle 11 alla presenza del questore di Cosenza, Luigi Liguori e del Coordinatore della Direzione Distrettuale di Catanzaro, Giovanni Bombardieri.
Il 10 luglio scorso, agenti della Digos della Questura di Cosenza avevano perquisito l’abitazione di Hamil. Al momento del controllo, il giovane, oltre al passaporto marocchino con cui è stato identificato, era in possesso di uno zaino multitasche contenente un pantalone di tipo militare con le tasche laterali, una camicia, biancheria intima, un tappeto da preghiera, un libro in lingua araba (una pubblicazione dei Fratelli Musulmani sui comportamenti che deve tenere un buon musulmano secondo il Corano), due telefoni cellulari, la somma di 800 euro. Nel corso della perquisizione la Digos aveva appreso dai familiari del giovane che nella stessa serata Hamil avrebbe dovuto fare rientro a casa, elemento contrastante con la sua presenza nella stessa giornata ad Istanbul, da dove è stato respinto,. Da qui il sospetto che il venticinquenne marocchino fosse partito alla volta della Siria con l’intenzione di combattere a, fianco dei guerriglieri dell’Isis.
Ritenendo probabile che Hamil potesse reiterare il tentativo di recarsi nei territori della “jihad”, sono stati attivati alcuni servizi tecnici. Le indagini sono durate oltre sei mesi. Una serie di indicatori avrebbe evidenziato una “naturale” propensione di Hamil a sposare la causa dell’Isis: utilizzo di piattaforme di comunicazione diverse da quelle abituali (soprattutto whatsapp); l’ interesse per immagini, filmati e altri contenuti propagandistici riferiti all’organizzazione terroristica dello Stato Islamico, “linkati” quotidianamente tramite diversi siti telematici d’area. Il materiale informatico in possesso del giovane conteneva immagini di fasi di addestramento e combattimento tra uomini incappucciati, tutti contrassegnati dall’inconfondibile “marchio” dello Stato Islamico.
La stessa volontà di raggiungere la Turchia e successivamente il progetto di trasferirsi in Belgio; l’estremo rigore nel seguire i dettami del Corano; alcuni accorgimenti tenuti durante la navigazione in internet per evitare di ricevere virus per evitare di essere intercettati e come operare al fine di disattivarli sarebbero altri indizi circa le intenzioni belliche del ragazzo. Il quadro investigativo messo a fuoco dalla Polizia racchiuderebbe i diversi profili penali contemplati dalla nuova legislazione di contrasto al terrorismo internazionale, con particolare riferimento alla fenomenologia dei cosiddetti “foreign fighters”, cioè uomini addestrati in occidente che si spostano in aree di crisi per unirsi ad organizzazioni terroristiche.