Ricorso in Cassazione per avere giustizia e rivedere la pena. È questa la richiesta avanzata dalla madre di Matteo Battaglia, l’undicenne travolto e ucciso sulla statale 106, nel territorio di Sellia Marina, davanti al fruttivendolo del nonno, da un Suv condotto da un giovane autista rumeno Andrei Valentin Epurei. È stato il legale di Giuseppina Frangipane, l’avvocato Chiara Tartari, a rivolgersi direttamente alla Procura di Catanzaro dopo la sentenza di primo grado pronunciata con il rito abbreviato. Il cittadino rumeno, infatti, è stato giudicato con il rito alternativo, ottenendo anche un terzo di sconto della pena, ma proprio per questo il ricorso può essere presentato dalla Procura direttamente in Cassazione. La famiglia materna di Matteo ha, dunque, presentato una istanza, lo scorso 4 settembre, alla Procura di Catanzaro, evidenziando una serie di motivazioni che “la gravità del fatto e l’entità della colpa ascrivibili all’imputato, non giustificano una pena così esigua e soprattutto non giustificano la concessione delle circostanze attenuanti generiche”. Spetterà ora al pubblico ministero che ha seguito il processo decidere se accogliere l’istanza della famiglia, con il termine di impugnazione che scadrà il prossimo 22 settembre. Al cittadino rumeno è stata inflitta una condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche, mentre l’accusa mossa nei suoi confronti era di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme del Codice della Strada.
Nell’istanza trasmessa alla Procura, però, l’avvocato Tartari evidenzia che l’uomo “guidava un’auto di proprietà di terzi, con targa di prova, priva di copertura assicurativa”, contestando di fatto le motivazioni espresse dal giudice per l’udienza preliminare nella sentenza, secondo la quale “la riduzione della pena sarebbe giustificata da un’asserita condotta processuale corretta e collaborativa dell’imputato e dalla sua incensuratezza, circostanze che non hanno però trovato riscontro processuale, atteso che l’imputato – scrive il legale della famiglia – si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere, non ha mai preso contatto con i familiari della vittima per tentare di rammostrare le proprie scuse, né ha mai spiegato e/o provato per quale ragione e sulla base di quali elementi di fatto avesse potuto commettere un fatto così grave.
L’ipotesi del colpo di sonno, ad esempio, è rimasta una mera allegazione difensiva, priva di riscontri probatori”. Il legale della famiglia Frangipane, inoltre, afferma che “l’imputato, con la propria condotta, si era reso responsabile della violazione di plurime norme del Codice della Strada: guidava ad una velocità tre volte superiore a quella massima consentita (130 chilometri orari contro 50); conduceva un veicolo con targa prova intestata a terzi, senza delega; non aveva conservato il controllo del veicolo, mettendosi anzi alla guida dello stesso pur non trovandosi nelle adeguate condizioni psico-fisiche (colpo di sonno); circolava con veicolo sprovvisto di copertura assicurativa”.
Ed ancora, “al momento del fatto, il conducente aveva appena subito la sospensione della patente per guida in stato d’ebbrezza per la durata di 6 mesi ed aveva riottenuto la patente da soli 24 giorni”. La speranza della famiglia materna di Matteo, dunque, è che la Procura accolga l’istanza della persona offesa e, per l’effetto, chieda alla Corte di Cassazione il vaglio di legittimità della sentenza di condanna emessa dal Gup presso il Tribunale di Catanzaro, in modo che la tragedia che ha travolto l’intera famiglia del piccolo Matteo, possa avere un minimo di giustizia.