È una Calabria profondamente trasformata, quella emersa dalla fotografia che Legambiente ha scattato tramite un’indagine relativa al consumo delle aree costiere.
A presentarla ieri mattina, al Circolo Velico di Reggio Calabria, il componente delle segreteria nazionale del cigno verde Nuccio Barillà, il presidente del circolo reggino di Legambiente Nicoletta Palladino e Edoardo Zanchini vicepresidente nazionale dell’associazione e responsabile energia, trasporti e urbanistica della stessa.
I dati emersi sono drammatici. Il 65% del paesaggio costiero regionale risulta trasformato per sempre (poiché urbanizzato); 56 km di spiaggia sono alterati irreversibilmente, causando un cambiamento netto della morfologia della linea di costa e in 23 anni (lo studio ha preso in esame l’arco di tempo che va dal 1988 al 2011) sono stati consumati 11 km di costa.
«Le coste calabresi sono cambiate in maniera evidente. Oggi – ha dichiarato davanti ai cronisti Edoardo Zanchini – il 65% di queste aree presenta delle costruzioni, tra grandi insediamenti urbani, porti e nuove edificazioni legali e illegali. Quello che abbiamo evidenziato e che da quando esistono i vincoli normativi di tutela dei beni paesaggistici e ambientali, in Calabria ben 11 km di costa sono stati ‘sottratti’ dal cemento.
Oggi dobbiamo fermare il consumo della costa, dobbiamo dire a gran voce “basta”». Tutelare l’immenso patrimonio che questa regione possiede potrà aprire nuovi scenari di sviluppo in termini occupazionali e di rilancio del turismo. «Dobbiamo impegnarci sinergicamente per salvare e valorizzare i circa 250 km di costa ancora privi di cemento, questo lo si può fare solo attraverso dei vincoli. Se non si approva un Piano paesaggistico, soprattutto ora che il governo nazionale ha introdotto il “silenzio assenso” per le aree tutelate, si rischia di perdere anche questi 250 km.
Chiederemo alle istituzioni locali che s’intervenga con forza su questo fronte, per bloccare ulteriore consumo di suolo e per il ripristino della legalità estirpando l’abusivismo». L’area della Calabria maggiormente colpita risulta quella tirrenica. Il dossier, corredato da foto satellitari e grafici (e disponibile sul sito di Legambiente), mette in luce una regione “violentata” dall’azione miope e incurante dell’uomo. Sono state cancellate intere aree agricole, intaccati paesaggi montuosi e cementificati tesori naturali inestimabili.
«Pretendiamo – ha sottolineato Nuccio Barillà componente anche della segretaria regionale del cigno verde – un cambio di marcia.
C’è stata un’ alterazione terribile dei paesaggi calabresi. L’invasione delle costruzioni vieta, in alcune zone, persino la vista del mare. La costa calabrese risulta essere una delle più varie della nazione, uno scrigno di bellezza e di potenzialità ‘in attesa’. Puntare e tutelare le nostre coste è un investimento economico.
Oggi non lanciamo solo una denuncia sullo stato dell’arte ma invitiamo la Regione Calabria e i Comuni calabresi ad intervenire in merito alla piaga dell’abusivismo edilizio. Demolire subito i tanti edifici abusivi presenti per poter poi pianificare una serie di interventi tesi a tutelare ed esaltare questo vero e proprio valore, ovvero il patrimonio costiero, che è strategico per lo sviluppo economico della Calabria. La nostra regione ha bisogno di un Piano paesaggistico che preveda – ha concluso Barillà – un’adeguata utilizzazione dei chilometri rimasti liberi».
Antonella Chirico corcal