Con la formula “per non aver commesso il fatto” la corte d’Appello di Catanzaro ha assolto Girolamo Costanzo ritenuto il capo storico del clan dei Gaglianesi e tutt’ora detenuto per omicidio.
Nel pomeriggio di lunedì la corte, composta dal presidente Fabrizio Cosentino e dai giudici Francesca Garofalo e Antonio Giglio, ha dato lettura della sentenza di secondo grado per alcuni degli indagati nell’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Revenge”.
Condanne confermate per Cosimino Abbruzzese alias “Ù Tubu” (arrestato pochi giorni fa perché trovato in possesso di una pistola) considerato il capo del clan dei rom a 7 anni e per Arnaldo Chiodo 6 anni e 10 mesi. Pene ridotte, invece, per Lorenzo Iritano condannato a 7 anni (in primo grado la pena era stata di 7 anni e 3 mesi), per Maurizio Sabato 2 anni e 10 mesi e 800 euro di multa, per Pietro Procopio 3 anni e mille euro di multa, per Giovanni Passalacqua 5 anni e 20 giorni e per Fabio Bevilacqua 3 anni e 4 mesi.
La Corte ha poi stabilito il non doversi procedere nei confronti di Stella Mazzei per intervenuta prescrizione. Infine la Corte catanzarese ha preso atto della morte di Anselmo Di Bona, accusato di essere il reggente della cosca, di Domenico Bevilacqua conosciuto come “Toro seduto” il boss degli zingari ucciso nel quartiere Aranceto, e di Daniele Marchio.
Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Antonio Ludovico, Salvatore Staiano, Antonio Sgromo, Nicola Catanfora, Piero Chiodo, Enzo De Caro. L’inchiesta Revenge scattò nel febbraio del 2006 con l’arresto di 44 persone. L’indagine ha ricostruito la spartizione delle attività criminali nel capoluogo, facendo emergere per la prima volta le figure dei due capi rom Cosimino Abbruzzese e Domenico Bevilacqua. A guidare l’organizzazione ci sarebbe stato Anselmo Di Bona che avrebbe ricevuto direttive dal carcere dal boss dei Gaglianesi Girolamo Costanzo, oggi assolto con formula piena.