Il sottosegretario Graziano Delrio non perde occasione per tirare le orecchie alla Calabria, quasi a voler confermare quanti sostengono che, specialmente dopo il defenestramento della sua protetta, Maria Carmela Lanzetta, dal governo e dalla giunta regionale della Calabria, il rapporto con il governatore Mario Oliverio è a dir poco compromesso.
Ultimo in ordine di tempo il richiamo che Delrio fa pubblicamente alla Regione Calabria, colpevole di essere l’unica regione, insieme alle Marche, a non avere definito le sue competenze rispetto alle ridimensionate amministrazioni provinciali.
Lo fa con una intervista a Davide Nitrosi per il “Quotidiano nazionale”, in cui difende la sua riforma delle Province e i risparmi prodotti: «In Finanziaria è calcolato un miliardo di euro di risparmi nel 2015.
E questa è la risposta migliore a chi diceva che non si sarebbe ottenuto alcun risparmio. Solo con l’abolizione dei consigli provinciali abbiamo un risparmio di circa 150 milioni. Il miliardo è ottenuto grazie al riordino delle competenze e alla fine delle sovrapposizioni di servizi con altri enti».
Spiega, infatti, Delrio, che «lo Stato ha lasciato due competenze alle Province: le strade provinciali e le scuole. Le altre sono in capo alle Regioni. Per questo la riforma ha qualche mese di ritardo sulla tabella di marcia, le Regioni avrebbero dovuto definire con atti ufficiali le loro competenze entro fine dicembre, lo hanno fatto tutte escluse Calabria e Marche, le altre regioni a statuto normale le hanno definite».
Chiaro il messaggio?
Se in Calabria le amministrazioni provinciali non sono in grado di garantire neanche gli stipendi, la colpa è della Regione che non ha provveduto a trasferirgli competenze (e annessi soldi) oppure a prendersi il personale che deve garantire quei servizi non delegati. Spiega, infatti, il sottosegretario: «Le Regioni con le leggi di riordino devono riprendersi le competenze che non vogliono lasciare alle Province definendo le risorse: il personale e i costi finanziari. Fino ad ora alcune competenze delle Regioni erano esercitate dalle Province senza finanziare per esempio i costi del personale: da qui nasce qualche inghippo sul loro calcolo.
Quindi la chiarezza sulle funzioni diventa chiarezza sui costi». Tutto chiaro? Non proprio, tant’è che l’intervistatore chiede al sottosegretario con quali fondi le Province gestiranno strade e scuole. «Le entrate delle Province, grazie alle tasse proprie, sono circa 4 miliardi e sono sufficienti – assicura Delrio – a coprire questi costi».
E se gli si fa notare che, dopo il caso Lanzetta, manca il ministro per gli Affari regionali, Delrio si inalbera: «La riforma non è in mezzo al guado, ci sono difficoltà di gestione, ma non è abbandonata. Il governo c’è, ci sono i sottosegretari dedicati ed è stata formata una cabina di regia a Palazzo Chigi». Resta il nodo dei dipendenti. Ventimila persone da trasferire. «Il personale non sarà lasciato a casa. È complicato. Non è facile, ma è possibile e doveroso.
Sia per lo Stato, sia per le Regioni. E una riforma faticosa, ma se non lo fosse non sarebbe una riforma profonda. Finora molte Regioni non si sono assunte le loro responsabilità, ma la Toscana ha dimostrato che si può fare e a lei va il mio plauso». I sindacati temono esodati… «L’assorbimento nella pubblica amministrazione è un processo graduale e difficile, ma entro il 2018 sarà completato. L’anno più difficile è il 2015, perché il personale continua a pesare su bilanci provinciali che sono prosciugati.
Le possono rinegoziare i mutui con la Cdp e utilizzare i prepensionamenti. Inoltre possono valorizzare i loro immobili. Inoltre le Province possono conferire i beni immobili alla Sgr Invimit che valorizza i beni del Demanio. Loro ottengono risorse e lo Stato utilizza gli immobili provinciali come sede di funzioni statali risparmiando sugli affitti».
Se non siamo al «non hanno pane?… mangino brioches», poco ci manca.
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