Per la Corte costituzionale non ci sono dubbi: non c’è stato nessun conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Calabria (delibera 26/2014), con cui si è accertata l’irregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali relativamente all’esercizio finanziario 2013. Ragione per cui i giudici della Consulta hanno dichiarato «inammissibile» il ricorso promosso la scorsa estate dalla Regione Calabria.
La decisione è contenuta in una sentenza depositata nella giornata di ieri dai giudici costituzionali e conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la “disinvoltura” con cui nella passata legislatura si è andati avanti.
La Regione aveva sollevato il conflitto di attribuzione eccependo la competenza della magistratura contabile a valutare l’uso dei fondi a disposizione dei gruppi politici e lamentando presunte ingerenze della stessa sull’attività politica dei consiglieri regionali. Secondo quanto accertato dalla Corte dei conti lo scorso anno, ammontavano a 1,2 milioni le spese non regolari per il 2013 effettuate da partiti e movimenti presenti nell’Astronave.
Cifra poi ridottasi in seguito al parziale accoglimento, da parte delle sezioni unite della Corte dei conti, del ricorso presentato da diversi capigruppo in carica durante la scorsa legislatura.
Tutto questo mentre proseguono le indagini della Procura di Reggio Calabria per “rimborsopoli”.
L’inchiesta riguarda le spese pazze delle varie formazioni politiche, che avrebbero usato i fondi pubblici per attività che di istituzionale non hanno proprio nulla. Dalla lettura degli atti acquisiti nei mesi scorsi, nel corso della perquisizione in consiglio regionale, gli eletti avrebbero ottenuto rimborsi per le spese più disparate: dai singoli caffè ai gratta e vinci. Ma c’è anche chi avrebbe pagato con i soldi del Consiglio e dei gruppi consiliari le spese di carburante, cene, gioielli, fiori, tasse, viaggi e taxi.
an. ri. – corrieredellacalabria