Due condanne a sei anni e sei mesi di reclusione sono state chieste oggi dal pubblico ministero di Catanzaro nei confronti di Anselmo e Giovanni Di Bona, padre e figlio, accusati di rapina, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. La richiesta è stata fatta dal pm, Paolo Petrolo, al termine della requisitoria cui sono seguite le arringhe dei difensori degli imputati, gli avvocati Enzo De Caro e Francesco Severino, i quali hanno invece concluso chiedendo l’assoluzione dei loro assistiti.
Il tribunale collegiale del capoluogo ha infine rinviato a giorno 29 dicembre per eventuali repliche e la sentenza. I Di Bona, il più anziano di 59 anni e il più giovane di 37. Entrambi finirono in manette il 22 dicembre del 2012 quando, secondo la ricostruzione della Questura, padre e figlio avrebbero avuto un diverbio per questioni automobilistiche con un uomo nei pressi del Parco della biodiversità.
Nel corso della lite Giovanni Di Bona avrebbe quindi sferrato una testata contro il terzo uomo, mentre Anselmo avrebbe portato via dalla macchina del malcapitato il portafogli, un cellulare e le chiavi del veicolo. Quindi i due si sarebbero allontanati. Ma la presunta vittima dell’aggressione e alcuni testimoni annotarono parzialmente il numero di targa, avvisando immediatamente il “113”.
Non molto dopo l’equipaggio di una volante individuò gli imputati nella zona dei giardini di San Leonardo e procedette all’arresto nonostante un tentativo di resistenza.
Dopo la convalida il giudice dispose per padre e figlio la custodia in carcere e, nel maggio seguente, Anselmo Di Bona ottenne i domiciliari per questioni di salute. Più tardi anche Giovanni Di Bona ottenne i domiciliari, infine sostituiti con il solo obbligo di firma nell’agosto del 2013.
I due imputati sono particolarmente noti nel capoluogo calabrese per il loro coinvolgimento in innumerevoli procedimenti giudiziari, e il più anziano in particolare per essere stato definito dagli investigatori come il “reggente” del clan dei Gaglianesi operante a Catanzaro. Già in passato, nel 2010, furono processati insieme per una vicenda confluita nelle accuse di resistenza aggravata, ingiurie e minacce a pubblico ufficiale a seguito di un rocambolesco arresto. In quell’occasione, al termine del primo grado, Anselmo Di Bona era stato assolto e il figlio condannato a 10 mesi. (AGI)