E’ il bello di questo sport, una partita a volte può insegnare al di là del manto erboso e andare a invadere discorsi che esulano dalle categorie e dai contesti. Un pallone calciato da un certo Maiorano viaggia allo scadere e quando già gli addetti ai lavori si preparano a “conquistare” spogliatoi e sala stampa con i taccuini già ricchi di commenti e di quesiti da porre ai protagonisti, una volta tanto, dico, una volta tanto il Dio della meritocrazia si mette a dettare legge. E’ un Dio che (purtroppo) la maggior parte delle volte viene snobbato dai “colleghi” e soprattutto da quella “femmina” chiamata Dea Fortuna, che gli volta sempre le spalle.
Dicevamo il pallone viaggia e con lui ottomila occhi duecento e più dei quali di fede catanzarese. Il pallone conclude il suo peregrinare sul palo, la Dea Fortuna si fa corteggiare dal Dio Meritocrazia e passa la decisione all’altro collega viaggiando sul monobinario bianco che è il lasciapassare per il paradiso di ogni tifoso, la dogana per l’apoteosi. A questo punto il “collega” decide : ”no non è possibile non regalare al Catanzaro, a Massimo D’Urso e a questi più di cento tifosi giunti in Salento questa gioia” e allora si rivolge a Dea Fortuna e le dice: ”ora basta, me la vedo io!”. Accarezza la palla quanto basta ed è gooooooooool.
Esplode la curva ospiti, la panchina e con loro gli undici in campo. Sprofonda in un incubo tutto il resto del “Via del Mare”. Le bestemmie dei salentini vanno a mille perché quello stesso recupero che era stato deleterio a Salerno, riconsegnava a chi forse più di ogni altro lo meritava, questo risultato. Massimo D’Urso. “Massimo” di nome e di fatto. Porta il nome “Massimo” come Palanca e “Massimo” come Capraro (forse non è un caso). E se questo punto sarà determinante per le sorti finali del presente campionato? Me lo auguro a costo di mettere a dura prova il miocardio che è ospitato dal mio torace. D’altronde lo scorso campionato, proprio il Lecce non conquistò la promozione per un solo punto!
A casa tutti i saccenti, a casa tutti gli esperti dell’ovvio, a casa tutti coloro i quali già traevano conclusioni affrettate ossequiose di quegli stereotipi tanto amati dai mediocri che si ergono a espertoni. Tutti spiazzati da un lavoratore, da un Signore che ha proposto un Catanzaro che ha giocato al calcio, ha palleggiato (forse un po’ troppo) durante la prima frazione di gara e si è svegliato dopo i due ceffoni rimediati da una punta vera (che attualmente manca all’organico delle Aquile), al servizio di Mister Lerda: Abdou Doumbia.
Prima della doppia segnatura impreziosita da un eurogol della punta salentina, il Catanzaro non aveva sfigurato pur non riuscendo ad avere lo spunto giusto per impensierire Caglioni. Il primo angolo per i leccesi al diciassettesimo, con il pubblico esultante come si fosse trattato di un gol. L’inserimento di un motivatissimo Ilari ha cambiato la gara. Merito a Ilari ed a chi lo ha inserito al punto giusto, nel momento giusto. Massimo D’Urso ha fatto giocare la squadra da squadra, senza solisti e con circolazione della palla (una vera e propria ossessione per il Mister). Quanto sopra con l’assenza di Russotto! Da prestigiatore ha trasformato la zona Cesarini (vero e proprio tallone d’Achille del Catanzaro made in Moriero), in valore aggiunto. La porta del Lecce prima del gol di Ilari era inviolata nelle gare interne. Il Catanzaro di D’Urso l’ha violata per ben due volte nell’arco di quindici minuti circa! Basti pensare che tutti i giornalisti in sala stampa, facevano i complimenti per la condizione fisica della squadra dei Tre Colli! Allucinante! E che dire di Di Chiara? A sinistra, a destra, in difesa, in attacco, a battere le punizioni, a prendere i palloni per evitare perdite di tempo, praticamente ovunque! Letteralmente indemoniato. Avrei tessuto le lodi anche con un prologo diverso, ma quando il Dio Meritocrazia trionfa, l’enfasi è d’obbligo e anzi chi scrive si è anche contenuto.
Nella Sala Stampa del “Via del Mare”, dopo un Lerda rabbuiato che dice testualmente: “Il Catanzaro ha pareggiato grazie ad un tiro e mezzo”, segue Massimo D’Urso, un Signore in campo e fuori, che replica al collega:” Lerda merita rispetto perché è un ottimo allenatore. Il calcio è bello perché consente chiavi di lettura diverse ognuna delle quali va rispettata”. Alle pressanti domande dei colleghi leccesi sul suo destino, il Mister giallorosso replica:” la scelta che farà la Società sarà sempre quella giusta, io non mi aspetto nulla e sono felice di fare parte del Catanzaro e di prestare il mio lavoro – e prosegue – quando ero allenatore in seconda, il pomeriggio prima della gara non riposavo mai, non riuscivo. Oggi ho dormito tranquillamente perché ho avuto la massima collaborazione di tutti i miei ragazzi che ringrazio per la massima professionalità dimostrata”.
Caro mister Lerda, mi permetta di aggiungere che il Catanzaro (ma non è vero) avrà pareggiato anche per “un tiro e mezzo”, ma l’altra metà gliel’ha regalata quella parte del calcio che afferisce alla sacralità dello sport che ahinoi nella maggior parte delle occasioni tradisce i propri “leales”. E’ l’essenza della vita, è il distillato dello sport e questa volta si è donata a chi l’ha meritata di più.
Dopo aver scritto di un singolo protagonista (non mi era mai successo prima d’ora ma il mio cuore me l’ha imposto), sono d’obbligo gli in bocca al lupo per il neo arrivato Stefano Sanderra unitamente al Presidente Giuseppe Cosentino che anche in questa occasione non si è “risparmiato” (è proprio il caso di dirlo). Mister Sanderra, così come inneggiano gli Ultras: ”Noi siamo il Catanzaro”, quelli che hanno rubato un sogno al cielo e l’hanno reso realtà grazie ad un Uomo che ha permesso alla Calabria di andare in A in un contesto ancora più difficile di quello attuale. Non è una squadra di calcio qualunque, non è una semplice Società, è il Catanzaro! Gli auguri affinché Lei possa ricollocare questo simbolo dove merita, perché quando si “merita”, nulla è impossibile. Avanti Catanzaro, grazie mister D’Urso.
Giuseppe Mangialavori