Non è potuto iniziare oggi, come previsto, il processo d’appello nei confronti dei quattro pubblici amministratori del capoluogo calabrese condannati a seguito dell’inchiesta su presunti rimborsi non dovuti sborsati dagli enti pubblici di appartenenza a soggetti che avrebbero consumato veri e propri raggiri.
L’impedimento di uno dei legali degli imputati ha reso necessario il rinvio, fissato dalla Corte d’appello (presidente Bianchi, consiglieri Grillone e Luzzo) per il prossimo 27 novembre.
Sul banco degli imputati Emilio Verrengia, imputato nella sua qualita’ di ex assessore comunale ai Trasporti di Catanzaro e capogruppo dell’Udc in consiglio provinciale, e condannato a un anno e due mesi di reclusione;Tommaso Brutto, quale assessore provinciale ai Trasporti, ex capogruppo dell’Udc in consiglio comunale, e consigliere a Palazzo de Nobili, condannato a ad un anno e dieci mesi; Peppino Ruberto, quale consigliere provinciale dell’Udc, condannato ad un anno e sei mesi; Vincenzo Bruno, quale capogruppo provinciale ex Ds, e presidente della Comunita’ montana Fossa del Lupo, condannato ad un anno – tutti sono stati condannati anche a pene comprese tra 100 e 600 euro di multa.
Per loro la sentenza di primo grado arrivò il 22 novembre del 2011, quando il tribunale di Catanzaro fece cadere per tutti le accuse di falsità ideologica in atto pubblico, come aveva chiesto anche il pubblico ministero e, quanto alle varie contestazioni di truffa aggravata ai danni di ente pubblico, scagiono’ gli imputati per alcune ipotesi condannandoli per altre ed infliggendo pene superiori a quelle richieste dal pm (ma con concessione dei benefici di legge), il quale aveva proposto per tutti un anno di reclusione.
Con quella sentenza furono anche completamente scagionati Domenico Critelli, imputato in qualita’ di consigliere provinciale del Nuovo Psi, ed Ercole Vescio titolare di un’agenzia di viaggi (difesi rispettivamente da Maria Antonietta Iorfida e Eugenio Perrone).
La tesi accusatoria descritta nella richiesta di rinvio a giudizio parlava, per la precisione, di fatture che sarebbero state gonfiate o emesse relativamente a spese inesistenti, con un giro di documenti falsi per ottenere rimborsi non dovuti dagli Enti pubblici di appartenenza – Comune o Provincia -, viaggi per familiari e amici consumati a “sbafo”. Un quadro emerso da un’inchiesta della Sezione di Pg della Guardia di finanza, in cui diversi amministratori pubblici non avrebbero avuto remore a commettere dei reati in spregio delle proprie funzioni, per somme a volte irrisorie – le cifre andavano da poche decine di euro a qualche centinaio per fattura -.
Il primo processo – in cui nè Provincia nè Comune di Catanzaro si sono costituiti parte civile -, iniziò nell’ottobre del 2008 e, tra rinvii e cambi del giudice titolare, si concluse a distanza di oltre tre anni. (AGI)