Non sappiamo se definirla crisi, ma ciò che è accaduto al Catanzaro in questa settimana, difficilmente sarà dimenticato. Perdere due derby nel giro di cinque giorni non capita spesso. Senza considerare quello di campionato del “San Vito” che non sarà ricordato negli annali per com’è stato interpretato dalla squadra.
La solita marea di tifosi giallorossi, nonostante le delusioni di questo periodo, non manca all’appuntamento e si presenta unita e compatta al “D’Ippolito”. Gremisce in ogni ordine di posto la curva ospiti e, dal primo all’ultimo minuto di gioco, incita la propria squadra senza badare ai cori di scherno verso Catanzaro e i catanzaresi che arrivano dal resto dello stadio.
L’arrivo nel settore si svolge in tutta tranquillità. Passiamo da Scordovillo e annotiamo da cronisti il degrado, tra fogne a cielo aperto e un tanfo insostenibile che ci costringe ad alzare i finestrini degli autobus. Quando alcuni “simpatici” lametini espongono uno striscione, ricordandoci che il turismo catanzarese è nel quartiere “Pistoia”, diventa inutile ogni discussione perché il livello è molto basso. Ci vergogniamo, da calabresi e non da catanzaresi, e riteniamo sia necessario crescere, o continueremo a essere l’ultima ruota d’Italia e anche della Calabria.
All’ingresso in campo delle due squadre si alza forte il grido “Siamo la Massimo Capraro”; i tifosi vogliono la vittoria per mettere una pietra sopra alle polemiche. Kamara e Fofana sono la vera novità che Moriero propone insieme alla riconferma di Squillace in luogo di Di Chiara; fra i pali Scuffia rileva l’infortunato Bindi.
L’approccio alla partita dei giallorossi è positivo, la difesa è alta e per la prima volta in questo torneo vediamo qualche avversario terminare in fuorigioco. La squadra con il suo 4-2-3-1 copre bene gli spazi e fa pesare la sua caratura tecnica nettamente superiore a quella della Vigor. Per un’ora di gioco, sia in parità numerica sia in inferiorità, gestisce la partita e rischia solo sulla solita palla inattiva, con il solito schieramento a zona che sta creando tanti problemi, specie quando gli avversari arrivano di rincorsa. Scuffia è inoperoso e la difesa lametina è costretta spesso ad allargarsi per i repentini cambi di gioco proposti dai giallorossi.
Prima del goal di Kamara, bello nella preparazione dell’azione, il Catanzaro ha due occasioni con Fofana. Anche dopo il goal è sempre il centravanti a essere anticipato da un recupero di Gattari che s’immola sulla conclusione dell’avversario. Con un Catanzaro che domina l’arma della Vigor è metterla sul piano del nervosismo. Maiorano è ammonito per un fallo di gioco e rischia di andare fuori già nel primo tempo dopo un diverbio con un avversario. Al suo posto viene ammonito Vacca ma questo episodio sarà davvero decisivo ai fini del risultato. I presenti sugli spalti a fine primo tempo hanno una sola preoccupazione, che è quella di rimanere in inferiorità numerica, perché l’episodio della mancata espulsione di Maiorano sicuramente sarà segnalato all’arbitro dai dirigenti lametini. Peccato che Moriero non si accorga di tutto questo.
La ripresa inizia com’era terminato il primo tempo. Purtroppo Maiorano, fin lì migliore in campo, è ancora sul terreno di gioco e ci rimane per altri sette minuti. Al primo fallo (molto dubbio) l’espulsione si materializza senza alcuna sorpresa, proprio quando il Catanzaro poteva colpire con ripartenze, poiché Erra aveva inserito una punta per un centrocampista. In dieci il Catanzaro non soffre più di tanto, anzi, fino a quando le gambe girano, è ancora pericoloso.
Il primo cambio di Moriero è Morosini che entra al posto di Kamara per andare “a fare il Maiorano” in mezzo al campo. In questa fase Vacca è fenomenale: tiene palla e fornisce deliziosi assist per i compagni, spesso fermati in dubbia posizione di fuorigioco. Qualcosa però in campo è cambiato. Non è un alibi, ma non rilevare che adesso l’arbitro Illuzzi è in stato confusionale e favorisce il forcing della Vigor per arrivare al pareggio, sarebbe una mancanza di rispetto per mille presenti nel settore ospite, che dal vivo imprecano per alcuni fischi davvero assurdi.
Esemplare è il fallaccio da dietro di Puccio su Vacca che in questo frangente cerca proprio di tenere palla per guadagnare tempo, punizioni e cartellini. Il giocatore lametino viene solo richiamato dall’arbitro ed Erra lo sostituisce immediatamente. Dopo questo episodio i bianco-verdi prendono fiducia e possono entrare con decisione su ogni pallone perché l’arbitro ormai non fischia più. La Vigor avanza il suo baricentro e inizia a bersagliare la porta di Scuffia. Colpisce un palo esterno su un’azione viziata da un evidente fallo su Rigione, strattonato e spinto da Held; su un corner, un giocatore lametino si rende pericoloso con una mano.
Man mano che passano i minuti questi episodi danno forza ai vigorini, che continuano a spingere e a risalire il campo. All’errore gravissimo di Moriero di aver giocato d’azzardo lasciando in campo Maiorano, si aggiungono il preoccupante calo fisico e gli ultimi due cambi che, oltre a non incidere sull’andamento della partita, lasciano il Catanzaro in balia di un avversario che per un’ora non aveva fatto nulla.
I quindici minuti finali sono un incubo. La Vigor è superiore numericamente in ogni zona del campo. Moriero inserisce Barraco e Silva Reis con l’obiettivo di tenere in apprensione la difesa avversaria e far salire una squadra che in campo dal punto di vista fisico non ne ha più. Ma è un suicidio. Non basta un grande Vacca perché anche i centrali difensivi biancoverdi adesso possono tranquillamente impostare, essendo in netta superiorità numerica nel mezzo. Una superiorità dettata non tanto dall’uomo in più, ma dalla scelta di continuare a giocare con tre attaccanti nonostante il Catanzaro sia spento. È davvero irritante che Moriero non capisca che difendersi per portare in porto un risultato importantissimo non è una vergogna. Le grandi squadre, le squadre vincenti non sono fatte solo di grandi giocate, spettacolo e tocchetti, ma anche d’umiltà, di personalità e grinta che il tecnico deve trasmettere. Doti che non vediamo ormai dalla trasferta di Benevento.
La Vigor segna due volte. La sconfitta è davvero una beffa per com’è maturata. Gli errori del mister oggi sono evidenti e non possono essere giustificati o ridimensionati né dagli errori arbitrali né dalla buona prestazione della squadra per circa un’ora. Non è la prima volta che i nostri centrocampisti incappano in ammonizioni. Del resto, è naturale che continuare a rincorrere gli avversari è stancante e, dopo il primo giallo vai in difficoltà (vedi anche Pacciardi con il Matera). Gli esterni, dopo i tanti ripiegamenti, nella fase offensiva non hanno più gamba, non supportano i centrocampisti e dalle corsie laterali i terzini avversari – anche se non sono dei fulmini di guerra – creano difficoltà ai loro dirimpettai che si trovano a fronteggiare due avversari. Infine, cosa dire dei calci piazzati a nostro sfavore? Ogni pallone che arriva in area è una manna per gli avversari. Ogni pallone in area è un pericolo per noi.
Che fare adesso? Il Direttore Ortoli, che ha costruito la squadra, è giusto che faccia il suo lavoro. Oltre ad assumersi le responsabilità, come ha ben fatto dopo la il derby-farsa di Coppa, è bene che si confronti col tecnico, perché la squadra è stata ideata in due. Occorrerà necessariamente porsi il problema della tenuta atletica, chiedersi se la causa non sia una preparazione sbagliata o ancora peggio un modulo troppo dispendioso per una categoria come la Lega Pro, dove elementi tecnici, come quelli della rosa di Moriero, vanno in palese difficoltà nei momenti topici della partita.
E’ necessario nel chiuso dello spogliatoio un confronto con tutti i calciatori. La dichiarazione di ieri di Kamara stride con quella di Moriero. E non è per nulla da sottovalutare. Vincere domenica prossima è un obbligo, ma battere l’Ischia non significa aver risolto il problema se si continuerà questo percorso che al momento, a prescindere dal campionato ancora lungo, non promette nulla di buono sul futuro se non ci sarà un’inversione di tendenza.
Per chiudere, due righe sull’esultanza dell’ex calciatore catanzarese Montella che ha voluto deridere una tifoseria che non gli aveva riservato nessun fischio. Chi fa questo mestiere per prima cosa deve rispettare gli avversari. Nella vita bisogna essere innanzitutto “professionisti”, un aggettivo difficile da usare per un soggetto su cui pende un rinvio a giudizio per contratti fittizi stipulati.
Salvatore Ferragina