Sono giorni davvero difficili per il sistema calcio. Per le squadre, per gli allenatori, ma soprattutto per i tifosi. Lo sconcertante “spettacolo” offerto dai vertici del pallone italiano non sembra avere fine. Dopo due Mondiali consecutivi bruciati contro Nuova Zelanda e Costarica, le figuracce dei club in Europa, il tracollo della qualità e dell’appeal del nostro campionato, l’avvento di un presidente federale difficilmente presentabile come testimonial anti-razzismo, ci mancava anche questo orrendo teatrino agostano nelle serie minori.
Una malattia, quella del nostro calcio, che non accenna a regredire. Al contrario si espande come un tumore anche a quei campionati che non sono sotto i riflettori accecanti dei media. Quei campionati saccheggiati nelle scorse stagioni da regole folli e leggi svuota-stadi, dall’onnipresente calcio-scommesse e dagli interessi della malavita organizzata, da società finte e classifiche riscritte a tavolino d’estate. Quei campionati che, anche stavolta, hanno una coda infinita di ricorsi e “processi”, di norme ripensate in corso d’opera e di collegi arbitrali, di decisioni rimandate e poi prese, forse, per sfinimento.
A poche ore dal fischio d’inizio di questa stagione, non conosciamo ancora la composizione dei due campionati professionistici minori. Il “regalo” estivo più terrificante, però, è il nuovo calendario regalato alle società di serie C da una Lega Pro a caccia di visibilità, pubblico televisivo, soldi. Nel silenzio complice delle società che barattano gli interessi delle tifoserie per quattro spiccioli. Sfidiamo chiunque a ricordare orari e giorni in cui verranno spalmate le 30 partite settimanali.
Il risultato è già scritto. Tifosi davanti alla tv, anzi nel nostro caso davanti a un computer, a inseguire un pallone sperando che lo streaming non ci abbandoni magari in quegli undici metri tra il dischetto e un urlo di gioia. Gli stadi sempre più fatiscenti saranno sempre più vuoti. Mentre andare in trasferta sarà un premio al coraggio di quei matti per i quali oltre ai gradoni di uno stadio c’è poco altro.
In mezzo a tutta questa melma c’è il Catanzaro. E c’è un allenatore che alla vigilia della partita con la Juve Stabia “sfida” con coraggio una piazza che lo accolto con affetto meno di due mesi fa, ma che è pronta a riaprire l’armadio degli scheletri di Moriero alla prima sconfitta. «Vogliamo far sognare la città. Tocca a noi riportare la gente allo stadio con le prestazioni e con il gioco più che con i risultati che non dipendono solo da noi».
Moriero ha centrato il punto. In questo calcio sempre più complicato, tocca alle società e alle squadre far riappassionare i tifosi. La società giallorossa ce l’ha messa tutta, pur con i soliti limiti in alcuni aspetti, con una campagna acquisti fantasmagorica, cui il Catanzaro non era abituato da anni. E con la favola Kamara come ciliegina sulla torta. Adesso è il momento del campo. I giallorossi, dopo 25 anni di anonimato, sono pronti a disputare un campionato da protagonisti, almeno sulla carta. Sarà un torneo durissimo, la prima serie C unica, con una sola promozione per girone, più una al termine di play-off estenuanti. Le pretendenti sono tante, così come i derby per il Catanzaro. Tornerà la sfida più attesa contro i “cugini” cosentini. Tornerà anche lo storico derby con la Reggina.
Gli ingredienti ci sono tutti per appassionarsi. E per andare allo stadio con una bandiera giallorossa in mano e una sciarpa al collo. Al di là della categoria, al di là del calendario-spezzatino, al di là del marciume che ammorba questa Lega Pro, al di là di un “Ceravolo” abbandonato in uno stato pietoso dalla peggiore classe politica d’Europa, al di là anche del risultato. Noi di UsCatanzaro.net ci saremo come sempre, per il tredicesimo anno consecutivo accanto al Catanzaro. C’è una squadra con la maglietta gialla e rossa in campo. E tanto basta per riscoprirsi comunità almeno per qualche ora alla settimana. Riappropriamoci della nostra squadra, riappropriamoci del nostro stadio, riappropriamoci dei nostri sogni. Buon campionato.