Chi ha ucciso Daniele Scalise, il 30enne colpito a morte con diversi colpi di Kalashnikov sabato mattina a Decollatura, nel Catanzarese, e perchè? Sono gli interrogativi ai quale i carabinieri della Compagnia di Soveria Mannelli, guidata dal capitano Domenico De Biasio, insieme ai colleghi del nucleo investigativo del Reparto Operativo del comando provinciale di Catanzaro, comandato dal maggiore Carlo Caci, stanno cercando di dare una soluzione.
E per individuare il movente dell’agguato, i militari dell’Ar ma stanno setacciando non solo il passato di Scalise, ma soprattutto quello recente che lo ha visto coinvolto anche nell’opera zione “Perseo” contro il clan lametino Giampà. Il giovane Scalise, se pur non raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere (come il padre Pino) risultava indagato per una tentata estorsione ai danni di un imprenditore che stava eseguendo dei lavori nella zona di Soveria Mannelli. L’attenzione dei militari si sta concentrato sull’arma utilizzata, un Kalashnikov, fucile d’as salto con una capacità di fuoco selettivo. Un’arma che nella storia criminale lametina è stata utilizzata solo in due occasioni. Il micidiale mitragliatore è stato infatti usato per ammazzare nel dicembre del 1990 Giuseppe e Raffaele Pagliuso e nell’aprile del 2008 Gino Benincasa.
Ad eliminare Scalise probabilmente sarà stato un commando venuto da fuori. Di questo ne sono convinti gli investigatori dell’Arma, che stanno analizzando una serie di elementi e valutando ogni ipotesi. Un soggetto che gli inquirenti definiscono «autonomo», se pur legato ad ambienti malavitosi del Lametino. Ad indicare gli Scalise inseriti nella cosche lametine sono stati due collaboratori di giustizia: Saverio e Rosario Cappello, quest’ultimo in un interrogatorio del 5 febbraio dello sorso anno indica «gli Scalise legati sia ai Giampà che alla cosca Iannazzo ». Il pentito ha riferito inoltre che «gli Scalise nella zona di Decollatura e Soveria Mannelli, ogni qual volta vi sono dei lavori pubblici o privati, impongono alle ditte appaltatrici di fare lavorare i propri mezzi nonché impongono la guardiania sui cantieri». Ed è in questo scenario che si stanno muovendo le indagini dei carabinieri, al fine di trovare qualche prezioso elemento che possa ricondurli all’individuazione del gruppo di fuoco che è entrato in azione intorno alle 11 di sabato, colpendo Scalise al petto con tre colpi di Kalashnikov, mentre si trovava in pausa pranzo. Scalise da poco era sceso dal suo escavatore sul quale sta lavorando in un cantiere nella zona di San Tommaso.
GAZSUD