Deve essere confermata la sentenza di condanna a cinque anni di reclusione gia’ inflitta in primo grado a Pietro Lamberto, 62 anni, addetto ai servizi sociali del Comune di Catanzaro, imputato per violenza sessuale ai danni di una minorenne.
E’ quanto ha chiesto il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Eugenio Facciolla, al termine della propria requisitoria nel processo d’appello-bis a carico dell’uomo, iniziato dopo che la Corte di cassazione ha annullato la precedente pronuncia di secondo grado. Rifacendosi alle indicazioni stabilite dal Giudice supremo, il collegio catanzarese ha evidenziato la necessita’ di stabilire meglio possibile “l’entita’ del pregiudizio subito dalla minore”, ma il pg ha comunque concluso ritenendo che la pena gia’ inflitta a Lamberto fosse congrua. L’appello e’ stato infine rinviato al primo luglio per l’arringa della difesa e la sentenza.
Il primo grado per l’imputato si concluse l’11 febbraio del 2011, al termine del giudizio abbreviato che gli valse lo sconto di pena di un terzo, con una condanna a cinque anni di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena, oltre che la condanna a risarcire le parti civili – il Comune di Catanzaro revocò la sua costituzione avendo accettato l’offerta di 5.000 euro fatta da Lamberto a titolo di ristoro dei danni subiti dall’Ente -, e cioè 7.000 euro ciascuno ai genitori della giovane parte offesa, 5.000 euro al fratellino, e 40.000 euro in via provvisionale alla bambina oggetto della violenza.
In seguito, il 10 ottobre del 2011, la Corte d’appello di Catanzaro confermò quella condanna, ma poi la pronuncia della Cassazione ha dato vita al processo d’appello bis. Lamberto era stato tratto in arresto in flagranza per pedofilia nel giugno 2010 dopo che, secondo quanto reso noto dagli inquirenti, era stato sorpreso in atteggiamenti che sarebbero stati inequivocabili con una bambina di 11 anni, con la quale si era appartato in una villetta nella sua disponibilità che si trova a Roccelletta di Borgia (Catanzaro), dove gli uomini della Squadra mobile di Catanzaro avevano fatto irruzione.
Le indagini erano partite a seguito della segnalazione della madre della bambina, insospettita dagli strani atteggiamenti della figlia che, fra l’altro, non voleva andare più a scuola. L’addetto ai servizi sociali scelse poi il silenzio davanti al giudice per le indagini preliminari che, come richiesto dal sostituto procuratore della Repubblica titolare delle indagini, dispose a suo carico la misura cautelare della custodia in carcere in isolamento. La misura fu infine sostituita con quella meno affittiva degli arresti domiciliari, per incompatibilita’ delle condizioni di salute dell’imputato con il regime carcerario. (AGI)