Chiara Rizzo interrogata per quattro ore

Chiara Rizzo interrogataper quattro oreQuattro ore di interrogatorio per rispondere punto su punto alle contestazioni della Dda di Reggio Calabria. Un interrogatorio lungo ed articolato che alla fine è stato secretato dai magistrati. Chiara Rizzo lo ha detto sin da prima del suo arresto, avvenuto l’11 maggio scorso all’aeroporto di Nizza, ed ha continuato a ripeterlo tramite i suoi legali. 

Ed ieri la sua verità ha potuto raccontarla direttamente ai pm che l’hanno fatta arrestare. La moglie di Amedeo Matacena ha iniziato il suo interrogatorio poco dopo le 15.30 nel carcere reggino di Arghillà ed ha risposto, come hanno riferito i suoi legali, gli avvocati Carlo Biondi e Bonaventura Candido, in “maniera puntuale e convincente” alle tante domande che le hanno fatto il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ed il sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio. Un interrogatorio che, sempre secondo i difensori della donna, avrebbe soddisfatto “noi ed anche i pubblici ministeri”. 

Non è escluso che dall’interrogatorio potrebbero emergere delle sorprese. A prefigurare un simile scenario era stato l’avv. Candido prima dell’inizio, preannunciando la presentazione di due documenti che, in ottica difensiva, dovrebbero servire a chiarire la posizione della donna. Durante l’interrogatorio è stato consegnato ai pubblici ministeri un documento della Banca Monte dei Paschi di Siena dove si attesta che la donna non aveva la disponibilità del conto corrente della società Amadeus. Le dichiarazioni fatte da Chiara Rizzo saranno messe subito a confronto con quelle di Scajola, il cui interrogatorio era stato anch’esso secretato. 

Dal confronto i pm potranno subito verificare se le due versioni coincidono o se vi siano discrepanze. Non è escluso che una parte dell’interrogatorio della moglie di Matacena abbia avuto come oggetto il senso delle tante telefonate intercorse negli ultimi mesi proprio con l’ex ministro dell’Interno in cui si fa riferimento a Beirut e quel linguaggio criptico con cui, secondo l’accusa, i due pianificavano lo spostamento dell’imprenditore reggino che si trova a Dubai, privo di passaporto. 

Uno spostamento, è la tesi dell’accusa, finalizzato all’ottenimento dell’asilo politico come lascia intendere una telefonata intercettata in cui Scajola, parlando con l’imprenditore catanzarese Vincenzo Speziali che in Libano ci vive, dice: “Ho fatto già predisporre dai suoi avvocati una richiesta motivata di asilo”. Prima di entrare in carcere per assistere la sua cliente in un passaggio che potrebbe rivelarsi decisivo per l’inchiesta, l’avv. Candido è stato alla cancelleria del Tribunale del riesame per presentare ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare e dove oggi è giunto anche il ricorso di Scajola, depositato nei giorni scorsi a Roma.

 Proprio in relazione all’ex ministro ed al suo interrogatorio, il cui contenuto è stato secretato, da fonti vicine all’inchiesta si è appreso che Scajola avrebbe detto ai pm di essersi informato sulle pratiche per il riconoscimento dell’asilo politico in Libano, pur senza fare il nome di Amedeo Matacena. E tra gli argomenti addotti dai legali della Rizzo per chiedere l’annullamento dell’ordinanza ve ne sono due che potrebbero essere stati proposti anche in sede di interrogatorio. In primo luogo i difensori hanno sostenuto l’incompetenza territoriale della Dda reggina, perché anche qualora i reati contestati alla loro assistita – inosservanza della pena e violazione della legge sulle misure di prevenzione – fossero stati commessi, non sarebbero stati compiuti, comunque, in Calabria. E poi, Candido e Biondi hanno contestano il mandato di arresto europeo notificato a Nizza alla donna perché sull’atto sarebbe stato indicato il reato di riciclaggio, che non è contestato alla moglie di Amedeo Matacena. Questioni tecniche sulle quali si aprirà il confronto tra accusa e difesa. Adesso non è da escludere che sulla base delle dichiarazioni di Chiara Rizzo i pm possano decidere di compiere accertamenti o di risentire gli indagati già interrogati. (ANSA).

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Redazione

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