L’ultima “rivelazione” è firmata da Anna La Rosa, la conduttrice di Telecamere ospite della trasmissione “Agorà” (sempre su Rai3) non ha dubbi: Nicola Gratteri («la notizia è sfuggita ai giornali») sta per accomodarsi sulla poltrona di presidente di una speciale Commissione voluta dal Governo Renzi per la riforma dei codici.
«Non ne so nulla perché nulla dovrei sapere – replica a distanza Nicola Gratteri – nel senso che non c’è nessuna poltrona e nessun incarico. Me ne sono state offerte, e me ne vengono quotidianamente offerte, tantissime ma sfugge un particolare: non sono interessato a coprire ruoli, e poltrone, diverse da quelli che occupo. Capisco che in questi tempi di carrierismo smodato e sfrenato la cosa possa sembrare singolare ma è proprio così».
Insistiamo: possibile che siano solo invenzioni dei media?
«Oddio – Gratteri accompagna la battuta con un sorriso malizioso e accattivante al tempo stesso – a voi non fa difetto certo la fantasia… Mettiamola così, avere notizia che sia stata offerta una poltrona non significa poter sostenere che Gratteri si andrà a sedere su quella poltrona. Io non sono alla ricerca di incarichi, sono invece interessato a fare bene il mio lavoro e a farlo in condizioni migliori e se qualcuno mi chiede quali sono le condizioni per fare meglio il lavoro che la Costituzione ci assegna, io sono pronto a collaborare perché si realizzino».
Ci torniamo tra poco, ma chiudiamo prima l’argomento delle poltrone….
«Non banalizziamo, diciamo che mi sono stati offerti incarichi prestigiosi dal vertice del Dap (il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, ndr) a quello dell’ufficio legislativo (ufficio chiave all’interno del Ministero della Giustizia, ndr). Si tratta però di incarichi che non rispondono alle prescrizioni che mi sono dato…».
Possiamo conoscerle queste “prescrizioni”?
«Ecco, stavolta banalizzo io ma giusto per semplificare il concetto ed evitare equivoci. Io ho detto a tutti i miei autorevoli interlocutori che non intendo lasciare Reggio Calabria e non intendo lasciare il mio lavoro di magistrato inquirente. Non voglio lasciare le mie indagini e non voglio lasciare incomplete le tante inchieste alle quali ho lavorato e sto lavorando. Così come non intendo dire ai miei validissimi collaboratori, soprattutto agli ottimi uomini delle forze di polizia di questo nostro Paese, sapete che c’è? Ora continuate voi che io devo andare in un bel palazzo a fare il grande burocrate. Il mio lavoro è tutto. Me lo sono scelto, mi piace e mi regala ancora emozioni e adrenalina».
Tuttavia non nega la sua disponibilità e incontra quasi quotidianamente pezzi del potere politico di questo Paese….
«Non esattamente. Io incontro autorevoli rappresentanti dello Stato che questo Stato sono chiamati a governare. Oltre che magistrato sono servitore dello Stato e se posso dire la mia per farlo funzionare meglio, nel settore che conosco e sulla scorta delle esperienze che ho fatto, accetto il confronto e il dialogo con chiunque lo rappresenti. Sarò idealista, ma per me quando si è al Governo si rappresenta la Nazione intera e se ne tutelano gli interessi. Non si è più uomini di destra, di centro, di sinistra, di sopra o di sotto. Ho sempre offerto la mia collaborazione a chiunque abbia dimostrato interesse ad averla. Non incontro Letta o Renzi o Alfano o chi vuole lei in quanto interessato al loro progetto politico ma in quanto rappresentanti di quello Stato che io vorrei funzionasse meglio e amministrasse giustizia in maniera più funzionante e certa».
Difficile non condividere un simile ragionamento, ma potrà mai funzionare?
«Intanto dobbiamo fare in modo che chiunque di noi, se richiesto, faccia la sua parte. Certo, mettiamo delle condizioni, poniamo dei paletti ma non possiamo arroccarci pregiudizialmente ritenendo che è tutta una presa in giro. Io pongo le mie condizioni: voglio collaborare gratis, non voglio rimborsi o prebende e non voglio lasciare il mio lavoro. Detto questo sono pronto a mettermi a disposizione per realizzare cose concrete che aiutino il raggiungimento di un obiettivo chiaro, ovviamente nel mio caso mi riferisco all’amministrazione della Giustizia».
Ci aiuta a spiegarlo bene questo suo obiettivo?
«È semplice: da una parte dimostrare ai cittadini italiani che delinquere non è più conveniente; dall’altra snellire tecniche e procedure, informatizzare servizi dare trasparenza massima alle attività tecniche d’investigazione e ottimizzare, riducendole pesantemente, le attuali spese».
Oggi, la mia è ovviamente una provocazione, non è così?
«Oggi spesso ci troviamo davanti a un contraddittorio complesso di norme, leggi, procedure che in qualche caso non solo non fanno da deterrente ma addirittura spingono il cittadino a delinquere. Insomma rispettare le leggi non può essere un obbligo che si lascia solo alla libera coscienza del singolo che magari poi si vede pure beffato da chi le infrange quotidianamente».
E lei pensa che ci sia l’interesse reale da parte di chi incarna le istituzioni di procedere su questa via?
«Non sono così ingenuo da pensarla proprio così. Le faccio un esempio: fin quando si è alle prese con un malanno di stagione molti trascurano di prendere le medicine perché magari hanno un brutto sapore. Se però si accorgono di avere una malattia seria, corrono dal medico e si sottopongono anche alle terapie più dolorose. Ritengo che oggi in molti stiano percependo che questo nostro Paese è alle prese con malattie mortali: corruzione, riciclaggio, illegalità diffusa, criminalità organizzata che occupa spazi nell’economia e nelle istituzioni. Non c’è tempo da perdere nell’attuare una sana cura disintossicante. La prima cosa da fare, però, è mettere mano a norme, procedure e fatti concreti che facciano capire che i rischi per chi sceglie di delinquere sono reali e che delinquere non conviene. Se questo è il percorso che si vuole intraprendere a che servono le poltrone? Non servono a nulla, servono concreti atti di buona volontà, serve rimboccarsi le maniche e fare subito il lavoro che va fatto».
Fonte:corrieredellacalabria.it
Autore:Paolo Pollichieni