E’ destinata a far segnare nuovi sviluppi l’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex capo della squadra mobile di Vibo Valentia Maurizio Lento, del suo vice Emanuiele Rodanò e dell’avvocato Antonio Galati, per presunti favori al clan Mancuso di Limbadi. Ci sono infatti anche due finanzieri, un secondo poliziotto (oltre ad Antonino Wlaimiro Pititto sospeso ieri dal servizio dal gip di Catanzaro), un funzionario di banca, un commercialista e un funzionario della Prefettura di Vibo Valentia tra le persone indagate dalla Dda nell’inchiesta “Purgatorio”.
La loro posizione è in queste ore al vaglio degli inquirenti, per come si evince dall’ordinanza del Gip che ricostruisce i tentativi dell’imprenditore vibonese Aurelio Maccarone (indagato in concorso col poliziotto Pititto) al fine di ottenere nel 2011 notizie coperte dal segreto da tali soggetti. Maccarone, secondo il gip, avrebbe infatti avvicinato tali professionisti ed appartenenti alle Forze dell’ordine per avere notizie su un’interdittiva antimafia nei confronti della sua famiglia che aveva bloccato un finanziamento statale destinato al proprio villaggio turistico a Ricadi. Gli inquirenti avrebbero documentato l’accesso alla banca dati del Ministero dell’Interno da parte di un finanziere di Vibo ed un poliziotto all’epoca dei fatti (2011) in servizio alla Squadra Mobile di Forlì al fine di rilevare l’esistenza di notizie di reato sul conto di Antonio Maccarone e del genero Pantaleone Mancuso, detto “Vetrinetta”. Tutti, secondo la Dda, si sarebbero “messi in moto” per soddisfare le richieste di Aurelio Maccarone.