Il calcio è davvero strano. Dopo la scoppola di Frosinone, con tre goal sul groppone e zero punti conquistati, avevamo scritto, nonostante la cocente sconfitta di un bel Catanzaro. Sicuramente deficitario in alcune situazioni (palle inattive e sterilità offensiva) ma intraprendente nel tenere palla e fare la partita. La partita di ieri, invece, porta un punto in classifica ma non sarà certo ricordata per bellezza e qualità.
Il Lecce è una delle corazzate del campionato e arriva al “Ceravolo” forte di una striscia positiva. Per uomini è nettamente superiore, e non solo al Catanzaro. Brevi, rispetto alla domenica precedente, cambia formazione. Accomoda Madonia in panchina e ripropone Vitiello che ha scontato la squalifica. L’accantonamento dell’ex attaccante del Trapani, più che una da mossa tattica, è da imputare al suo scarso stato di forma, sicuramente non al passo dei compagni. È un Catanzaro che teme il Lecce, ma alla fine non sarà neanche il Catanzaro che ha affrontato l’intero girone d’andata, né tanto meno sarà il Catanzaro visto in Ciociaria.
Sin dall’inizio i giallorossi sono guardinghi sulle fasce (giustamente) perché il Lecce ha due ali pericolose. Da una parte presidiano Marchi e Catacchini, dall’altra Benedetti e Di Chiara. Nel mezzo Vacca deve fare largo al bravo Vitiello in fase di contenimento e la sua posizione defilata nel mezzo del campo, lo rende innocuo. Davanti, Fioretti, che non attraversa un grande periodo, è chiamato a un lavoro che non è nelle sue caratteristiche: fare da boa e far risalire la squadra. In tutto questo contesto, il miglior giocatore del Catanzaro, Andrea Russotto, ritorna sulla fascia sinistra a predicare nel deserto e addirittura a prendersi qualche rimbrotto dal pubblico. Costretto più volte ad accentrarsi per entrare in partita, tiene palla, spesso perdendola, perché vicino non ha nessuno cui dialogare.
Il Lecce domina a centrocampo, rischia solo una volta in difesa per la bellissima azione personale di Russotto che coglie il palo, ma sembra quasi specchiarsi nel Catanzaro, senza riuscire a pungere perché Rigione, Ferraro e le corsie esterne intasate, non consentono di produrre azioni pericolose. Il rischio, che fortunatamente non si concretizza, è che una squadra di questa qualità (non dimentichiamoci che c’è sempre un certo Miccoli) possa trovare il colpo vincente in qualsiasi momento della partita. Troppo alto il rischio di affrontare una sfida del genere con questo atteggiamento.
Sarà così anche nella ripresa. I cambi non porteranno alcun beneficio e, solo quando i salentini restano in dieci, si vede salire Di Chiara a sinistra, c’è una sovrapposizione di Catacchini con Germinale che colpisce di testa e c’è anche un timido pressing nel finale, portato soprattutto grazie ai lanci di Rigione per le sponde di Germinale. L’ex attaccante del Benevento è utile in questa fase, specie quando non si riesce a ripartire e, in generale, quando si imposta una partita così. Aver dato Fioretti in pasto ai difensori avversari chiedendogli cose non appartenenti al suo bagaglio tecnico, e non aver fatto giocare Germinale in una partita del genere, è stato un errore. Con Germinale i giallorossi difficilmente sarebbero stati più propositivi, ma almeno oltre allo schema “palla a Russotto e vediamo cosa succede”, avremmo potuto contare (com’è avvenuto alla fine) su qualche lancio lungo e su qualche punizione dalla trequarti da scodellare nel mezzo. Di ripartenze non se ne ricordano, di produrre gioco neanche a parlarne.
Infine, due righe anche per l’arbitro. Davvero scadente in alcune decisioni, quasi comico quando tenta chiaramente di far concludere la partita in parità, durante lo sterile forcing finale catanzarese.
Nel calcio, si sa, contano i numeri e i numeri, dalla sconfitta interna con L’Aquila in poi, sono impietosi. È naturale che quando i risultati non arrivano e si perdono posizioni in classifica, sul banco degli imputati finisca prima di tutto il tecnico. Il Catanzaro è cambiato nei suoi uomini. Adesso dovrà essere la guida tecnica ad apportare quei correttivi, atti a migliorare la squadra. Se prima Brevi poteva contare su una rosa ristretta e con qualche ruolo vacante in mezzo al campo e sulla corsia sinistra, adesso questo alibi non c’è più. La squadra esce rinforzata dal mercato che ancora non è finito.
I nuovi arrivati sono tutti elementi di spessore che farebbero gola a qualsiasi squadra di questa categoria. Spetta adesso al tecnico e al suo staff trovare le giuste soluzioni partendo da un presupposto molto semplice: va benissimo essere umili e volare basso, ma la voglia di vincere bisogna inculcarla a tutta la squadra. Avere troppo timore o impostare la squadra come nel girone d’andata, adesso potrebbe rivelarsi controproducente, sul morale dei calciatori e anche sul pubblico che ieri ha rumoreggiato perché non ha visto la propria squadra giocare.
Essere attendisti e remissivi favorisce l’avversario e soprattutto non consente alla squadra di acquisire una mentalità vincente. Un atteggiamento che si riflette poi anche contro compagini molto più deboli del Lecce: inutile ricordare i pareggi interni con squadre di modesta caratura che al “Ceravolo” sembravano il Real Madrid. Inoltre, da non sottovalutare il fattore-noia che sta calando sul “Ceravolo” come si assistesse alla quinta replica de “La corazzata Potemkin”.
In questo momento topico del campionato bisognerà chiudersi in una campana di vetro, accettare le critiche e allo stesso tempo trovare le soluzioni più opportune per non gettare al vento una stagione iniziata a fari spenti ma illuminata da risultati positivi che non possono rimanere isolati. È un dovere cambiare registro e in questo sarà fondamentale l’intervento della società, dal Presidente Cosentino, all’Ad Pecora, al Ds Ortoli, che dovranno confrontarsi con il tecnico e con la squadra per uscire da questa spirale di risultati negativi. A costo di cambiare il proprio credo calcistico, proprio perché Brevi adesso ha gli uomini per poterlo fare.
Non dimentichiamo che agli acquisti di gennaio bisogna aggiungere Bacchetti che potrebbe offrire anche soluzioni diverse nel reparto arretrato. Non prendere goal (ma adesso li prendiamo pure) non sempre è sinonimo di vittoria: a calcio bisogna pure segnare. Il pubblico non chiede la luna, vorrebbe solamente un Catanzaro coraggioso, non rinunciatario a priori. Un Catanzaro che, pur senza i proclami della passata stagione, pur con il profilo basso scelto quest’anno, non rinunci ad essere ambizioso.
Sarà importante il ruolo della società e soprattutto di mister Gicos, anche in funzione del prossimo torneo, sia esso di B o di Lega Pro. In tutti i campi d’Italia quando la propria squadra del cuore non ottiene i risultati che i propri tifosi vorrebbero, c’è sempre qualche mugugno. Catanzaro non ha nulla di diverso rispetto alle altre piazze. Una società forte affronta queste situazioni reagendo, facendo quadrato e soprattutto intervenendo per scuotere i propri tesserati, siano essi calciatori o mister. È questo ciò che serve adesso per ritrovare la giusta serenità.
Dalle situazioni difficili si esce solo armandosi di corazza, respingendo le pressioni esterne e sapendo distinguere le critiche. Ci sono i tifosi normali e appassionati che vorrebbero vedere il Catanzaro giocare, vincere, divertire e non partire battuto nemmeno contro il Barcellona. Ci sono i giornalisti che fanno il loro mestiere di cronisti e opinionisti. Ci sono, infine, tutti gli osservatori “interessati”, pronti a sfruttare l’ambiente, a cavalcare il momento negativo e situazioni che nulla hanno a che vedere con il calcio. Quella parte marcia della città che, in altre epoche, ha barattato il semi-dilettantismo con un attimo di notorietà, accettando i risultati fallimentari di “proprietari” senza arte né parte in cambio di un giorno da “dirigenti”.
Ecco, sono questi i rischi maggiori che dovrà fronteggiare la proprietà nelle prossime settimane, in attesa che tornino risultati ed entusiasmo. Le dinamiche interne alla società e ai suoi tesserati andranno valutate dalla Cosentino, che ha tracciato gli obiettivi d’inizio torneo e quelli attuali alla luce dei rinforzi dopo il calciomercato. Nulla è ancora perduto. I periodi di crisi ce li hanno anche le grandi squadre. Ciò che conta adesso è ricompattarsi e non perseverare negli errori tecnici, perché nessuno a Catanzaro ha voglia di pensare già al prossimo torneo. Pisa ci aspetta, è giunto il momento di svoltare.
Salvatore Ferragina