Speziali chiede larghe intese anche in Calabria. È il sonno della democrazia?

spezialiDi questi tempi, la democrazia per come l’abbiamo conosciuta segna il passo. L’idea che al voto dei cittadini debba seguire l’opera di un Governo -sostenuto da una maggioranza parlamentare e controllato dall’opposizione- sembra appartenere a un’epoca lontana.

Pezzi importanti  del Paese indicano “le larghe intese” come la soluzione di tutti i mali. Quasi che a mettere insieme i responsabili dell’attuale situazione (incapaci di destra e sinistra) si riuscisse nel miracolo di ottenere una classe dirigente decente.

E Giuseppe Speziali, esponente di una delle famiglie più ricche e influenti della Calabria, numero uno della Confindustria regionale (ruolo che fu anche di suo padre Vincenzo, ex senatore del Pdl, ex presidente Sacal), non si smarca dal pensiero dominante. Anzi, se possibile rilancia: “Nella nostra regione ci vogliono antibiotici, non bastano gli antinfiammatori. C’è bisogno d’un patto per la Calabria, un compromesso storico come nel governo Letta. Altrimenti le imprese continueranno a chiudere, sarà un’epidemia senza precedenti.  Il patto dev’esserci fra tutti, l’obiettivo è la crescita economica, per realizzarlo non bisogna pensare ai benefici dei singoli, ma rivolgersi alla gente. La responsabilità dev’essere di tutti, anche nel caso in cui si dovessero fare delle scelte impopolari”.

Ma si tratta di una proposta “rivoluzionaria” -come ha scritto la Gazzetta del Sud ieri – o soltanto di una prospettiva pericolosa e tutto sommato banale? Vale la pena di ragionarci su.

Una delle critiche più ricorrenti mosse al Governo Letta, riguarda la scarsa incisività della sua azione. Mettere d’accordo tutti, anche quando l’obiettivo sarebbe chiarissimo, non è operazione semplice, perciò il più delle volte i provvedimenti finali risultano compromessi al ribasso per nulla risolutivi. Il dedalo di interessi che guida i partiti e gli uomini di partito non si dissolve magicamente sulla via del bene pubblico. E allora perché in Calabria le cose dovrebbero funzionare diversamente? Qual è la specificità tutta nostra, capace di rendere le larghe intese funzionali all’obiettivo della “crescita economica”? Ci siamo forse dimostrati più simili ai tedeschi (che delle larghe intese sono diventati maestri in Europa) di quanto nessuno abbia mai immaginato? Evidentemente no.

Se pensiamo agli ultimi anni di politica calabrese, l’idea delle larghe intese non può che mettere i brividi. Loiero contava su un Consiglio regionale definito dai media come “il più inquisito d’Italia”. All’attuale assemblea è stato invece già sottratto un membro, arrestato per truffa e corruzione (Rappoccio, Lista Scopelliti) e non si contano le inchieste che riguardano pezzi rilevanti del potere regionale (Scopelliti compreso).

Ma al di là delle vicende giudiziarie, è davvero il conflitto politico a bloccare lo sviluppo della nostra Regione? Oggi su Puntonet potete prendere visione dei dati Svimez sulla Calabria (), ci chiediamo: si arresterebbe l’emorragia di giovani con le larghe intese? Le famiglie ritroverebbero d’un colpo  opportunità, fiducia, speranza con un ticket Pdl/Pd? Certo che no. Perché il reale problema della Calabria non riguarda il conflitto ma la coincidenza degli interessi. Ci sono partiti trasversali che imbrigliano l’economia e narcotizzano la società eppure nessuno sembra interessato a fermarli.

Il partito della sanità, per esempio. Perché in Consiglio e in Giunta ci sono tante persone legate direttamente o indirettamente al mondo della sanità privata e convenzionata? Magari perché la sanità è il business per eccellenza della regione più povera d’Italia? Basta ricordare Domenico Crea, il consigliere regionale arrestato nell’operazione “onorata Sanità” che a uno dei suoi sodali disse: “Che te ne fai dei 10mila euro al mese di stipendio da consigliere quando hai me…che gestisco migliaia di miliardi e so io a chi farli andare e come?“. 

E poi c’è il partito dei grandi affaristi (di proposito non “grandi industriali”), gli autentici bluff. Quelli che a parole sostengono il libero mercato accettandone le regole e che poi quotidianamente si sottraggono alla sfida coltivando monopoli, comprando la politica e influenzando i destini di ognuno di noi. Come? Con pacchi di soldi (nella regione col pil più basso d’Europa neanche così tanti) e un consenso sociale diffuso, estorto a gente indotta a credere che le loro prestazioni siano sempre sopravvalutate e che il datore di lavoro debba essere considerato alla stregua di un Dio cui rendere grazie in molteplici modi. 

Molte imprese chiudono per la burocrazia, la criminalità, la crisi profonda. Moltissime altre invece neanche provano a nascere. Restano solo idee  perché si è convinti, a ragione, che il mercato di cui tutti parlano sia solo un set costruito ad arte da qualche regista. Un set in cui ogni mossa è descritta minuziosamente dalla sceneggiatura conservata nel cassetto di questo o quel potente. 

A questi uomini dei partiti trasversali, forse è addirittura funzionale l’idea di una Ndrangheta dal potere assoluto. Un cattivo cattivissimo di facciata fa sempre comodo. E invece la ndrangheta sarebbe un fenomeno criminale come gli altri, se questi uomini non prestassero il fianco giorno dopo giorno, se non aprissero le porte dei propri studi professionali, i cancelli delle fabbriche, le cassette di sicurezza agli uomini delle cosche.

In questo sonno della democrazia, le “larghe intese”, soprattuto in Calabria, non risolverebbero nulla. Perché qui non c’è stato mai vero conflitto. Le larghe intese ufficializzerebbero soltanto una situazione che sottobanco è definita più o meno da qualche decennio.

E il patto di cui parla il presidente Speziali non dovrebbe riguardare i partiti politici e l’establishment di questa regione in coma ma soltanto i suoi cittadini onesti. Quelli stanchi di andare nel mondo col marchio degli ultimi appiccicato addosso. Sarebbe pronta l’organizzazione degli industriali a sostenerli?

Anche questa sarebbe una scelta impopolare di cui rivendicare la paternitàin un certo senso.

 

Fabrizio Scarfone

@fabriscar

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