Cresce in termini positivi la valutazione degli ex pazienti trattati dal S. Anna Hospital, sulle loro condizioni di salute. A dirlo è un’indagine promossa dalla struttura che si occupa della cura delle patologie cardiovascolari, i cui risultati sono stati elaborati dall’Ispo e illustrati questa mattina dal professor Renato Mannheimer, collegato con Catanzaro in videoconferenza. Secondo quanto emerso, il 57% degli intervistati giudica buono il proprio stato di salute attuale mentre il 39% lo considera discreto. Solo 2 persone su 100 si esprimono negativamente, cui va purtroppo aggiunta una quota analoga di pazienti che risultano deceduti al momento della rilevazione.
L’ok sul proprio stato di salute da parte dei diretti interessati è in costante crescita: nella prima rilevazione (anno 2001-primo semestre 2006) il giudizio buono era espresso dal 47% degli intervistati, nella seconda (II semestre 2006- I semestre 2008) dal 53%: una crescita di 10 punti percentuali. Lo stato di salute attuale appare strettamente collegato alle condizioni del momento della dimissione: chi giudicava il proprio stato di salute positivo in quella circostanza, infatti, lo ritiene più spesso buono anche oggi, e viceversa. Anche rispetto alle condizioni alla dimissione, si rileva un deciso miglioramento nel tempo: dalla prima rilevazione ad oggi la quota di chi le giudica buone è cresciuta di 9 punti percentuali, passando dal 37% al 46% degli intervistati.
Il monitoraggio Ispo è stato condotto attraverso un questionario inviato dal S.Anna per posta ai pazienti dopo la dimissione. La prima indagine, del 2006, ha permesso di ricostruire lo “storico” dell’attività svolta dall’ospedale e delle condizioni dei pazienti trattati a partire dal 2001. La seconda rilevazione ha riguardato l’intervallo di tempo fra il secondo semestre del 2006 e il primo semestre 2008 e la terza va dal secondo semestre 2008 e i primi sei mesi del 2010. Sono state circa 8 mila le persone che hanno risposto al questionario, pari a circa un terzo dei pazienti ricoverati. Negli anni, secondo quanto emerso dai dati, si è registrata una crescita dei pazienti provenienti da Reggio, mentre risultano in calo quelli provenienti da Catanzaro. Il primato spetta al S. Anna Hospital dalla provincia di Cosenza. La fascia d’età in cui si concentra il maggior numero di pazienti é quella che va dai 65 ai 74 anni. In crescita i trattamenti per patologie aritmologiche (+19%) mentre perdono posizioni i by-pass cardiaci, la cui incidenza è dimezzata nell’arco di tempo considerato. Gli interventi più frequenti, benché in calo, rimangono tuttavia quelli di emodinamica.
E’ decisivo far passare meno tempo possibile tra l’insorgere dei primi sintomi di una patologia cardiaca e il ricovero. Il 62% di chi ha atteso meno di un mese fra i primi sintomi e il ricovero giudica buono il proprio stato di salute attuale, mentre dà un giudizio analogo solo il 52% di chi ha aspettato sei mesi o più. Una differenza di – 10 punti percentuali – che pesa molto. In ascesa è la quota di coloro che lasciano trascorrere meno di un mese fra i primi sintomi e il ricovero: dal 37% della prima rilevazione si è passati al 40,5% della terza.
Il tempo che intercorre fra la dimissione dall’ospedale e la ripresa delle normali attività dipende molto dal tipo di intervento effettuato: quello con il tempo di ripresa più lungo è la sostituzione delle valvole cardiache (125 giorni in media): 6 intervistati su 10 dichiarano che la ripresa della normale attività è avvenuta dopo più di 3 mesi.
Attenzione alla propria salute, tempestività di intervento e numero di controlli medici effettuati dopo la dimissione: sono quattro i profili di pazienti che emergono dall’indagine Ispo. Ci sono in primo luogo gli “attenti” (24%), che sono coloro che mostrano maggiore attenzione per la propria salute: infatti, hanno aspettato meno di un mese fra i primi sintomi e il ricovero e hanno effettuato due o più controlli dopo l’intervento. I “convertiti”, che sono il 35%, all’inizio hanno tergiversato, aspettando più di un mese fra i primi sintomi e il ricovero, ma poi sembrano avere assunto un atteggiamento più attento e dopo l’intervento hanno effettuato due o più controlli. Altra tipologia venuta fuori dall’indagine è quella dei “disinteressati” (25%) che non si prendono molta cura di se stessi: infatti hanno aspettato più di un mese fra i primi sintomi e il ricovero e non hanno effettuato controlli (o uno al massimo) dopo l’intervento. Infine, gli “sfiduciati” (16%). Ovvero coloro che avevano agito tempestivamente, lasciando passare meno di un mese fra i primi sintomi e il ricovero, però dopo l’intervento non hanno effettuato controlli (o al massimo uno), quasi avessero perso fiducia nell’importanza delle cure. Nell’indagine si mette in evidenza che é un dato confortante che la maggioranza dei pazienti, ossia sei su 10 rientri nelle tipologie dei pazienti “attenti” o “convertiti” ossia persone che prestano molta attenzione ai controlli nel corso del tempo. Abbiamo, a tale proposito, visto come i controlli sembrino correlati in modo positivo anche ad un buono stato di salute.
Nell’introdurre la sua esposizione con il commento dei dati emersi dallo screening, il professor Mannheimer ha sottolineato che l’iniziativa assunta dal Centro dimostra una sensibilità fuori dal comune, da parte dell’ospedale verso i propri pazienti. In sanità, ha detto, il concetto che chiamiamo di “customer satisfaction” praticamente non esiste. Almeno per quanto ci riguarda, al nostro istituto non è mai stato chiesto prima d’ora un tipo di studio come quello che abbiamo condotto per conto del S.Anna. Mi sono sentito onorato, ha aggiunto Mannheimer, di concorrere a questo lavoro che l’ospedale ha fatto con lo scopo di migliorare se stesso, a tutto vantaggio dei malati. Iniziative così meriterebbero di diventare oggetto di una tesi universitaria. Mannheimer si è detto infine sorpreso della “notevolissima” percentuale di risposte al questionario, visto che una parte tutt’altro che trascurabile di pazienti è stata “interrogata” a distanza di tempo dal’intervento.