Raccontare ancora una trasferta potrebbe sembrare quasi scontato nei modi, nei rituali, nelle aspettative. Invece ciò che accade sembra perpetuarsi nel tempo senza soluzione di continuità. La passione che accomuna tanta gente rende tutto più facile. Descrivere con quale scorrevolezza, senza grandi intoppi e con tanto entusiasmo, si crea l’ennesima adunanza, partecipata e non cosi tanto scontata nei numeri. Gli ingredienti per raggiungere il minimo sindacale di presenze ci sono tutti. Una squadra che arranca, una società alquanto lontana – non solo fisicamente – ed un mister che tutto dice tranne creare calore intorno ai nostri ragazzi.
Eppure qualcosa si rinnova, un’alchimia particolare che non ha tempo, né luogo. I tifosi ormai conoscono cosa vuol dire aver ritrovato la passione, sanno bene quale rischio si corre. Ferite ancora aperte consigliano affetto smisurato, vicinanza e sostegno. Non importa dove, non contano pioggia, freddo o distanze siderali. Quello che sorprende è la partecipazione, bisogna arrendersi all’idea. I catanzaresi vogliono ancora misurarsi con chi è indubbiamente favorito, nella vita come nelle opportunità. Pisa è bella. Meta di turisti, sembra al centro di tutto, e noi sempre più lontani, sempre più ai margini. Pisa è un’altra nobile decaduta. La si sente simile per storia calcistica e assonanza con un altro padre padrone. Ceravolo e Anconetani hanno fatto le fortune delle rispettive città.
Arriviamo quasi alla spicciolata. 10, poi 50, poi 150, poi 300 e così via. Ci raduniamo in una piazza tra lo stadio e le bellezze pisane. La torre è ad un passo, splendente e pendente. Sembra cosi che voglia affacciarsi da dietro un palazzo per vedere tanto colore in una giornata che non le ha risparmiato acqua e freddo. Credo ancora che la massiccia presenza sia il superamento definitivo di ciò che siamo stati. Vogliamo essere ancora orgogliosi per i nostri colori. Il fascino di uno scontro che rievoca il passato ci costringe a fare i conti sempre con noi stessi, ma ci proietta in quelllo che ci aspettiamo dal futuro.
Il risultato è uno schiaffo per tutti, ma credo che chi era a Pisa ha vinto la sua personale partita. Ha sostenuto, ha mostrato a chi ci ospitava l’evidente superiorità di attaccamento e passione. Non avremo dei fuoriclasse in campo ma i ragazzi hanno volontà, la stessa che ci ha spinti per centinaia di chilometri, per unire tante anime sparse per lo stivale. Un’infinità di storie, abbracci, saluti e sorrisi in una giornata fredda e piovosa hanno reso meno amara questa sconfitta. Cosentino ascolti ancora l’eco della città, quella che senza nulla a pretendere vuole ancora ritrovarsi. Potrà non trovare i successi, ma avrà sentito con quale affetto la sua gente starà accanto alla sua creatura. Oggi di schemi e tattiche c’ è ben poco da dire. Oggi i protagonisti sono le levatacce notturne, i caffè caldi, i pranzi preparati, i rituali sempre eterni. E gli sguardi che si incrociano, per gioia, disperazione o reciproco conforto. Un’altra storia da raccontare, un altro tassello di un mosaico che alla fine riprodurrà una gigantografia: sia un aquila o un cavatore o un ponte non è dato saperlo ancora. Porta un solo nome e quello basta per accomunare tante anime, raccolte tutte in uno stivale.
Giuseppe Bitonti