Dalla Redazione

Il peggio della città ci prova ancora

La provocazione di Cosentino da una parte, l’immobilismo del potere dall’altra. E tutti noi nel mezzo

Oggi la parte migliore della città, quella meno impresentabile lontano dal Sansinato – fatti salvi alcuni tra uomini e donne comuni s’intende – è il Catanzaro calcio. Sembra un miracolo se solo si pensa a qualche mese fa, quando i Di Vincenz, i Quartaroli, le Tribune Gianna e gli “spartani” trovavano visibilità in un triste deserto installato di proposito sopra i tre colli. Eppure è tutto perfettamente normale. Sì, perché la parte peggiore della città è davvero pessima e tiene l’intera comunità ancorata sul fondo di un mare inquinato, placido solo all’apparenza. Nulla pare scalfirla. Non è bastata qualche tempo fa un’intera produzione della terza rete Rai nazionale (qui), non sono bastati i pesantissimi dubbi di brogli che hanno segnato il post-elezioni (qui), non è bastato il silenzio di Monti dopo un servizio che raccontava Catanzaro come una città indiana, un Far East di call center a cinque euro l’ora (qui). Adesso non sembra neanche bastare la provocazione del Presidente Cosentino che minaccia di non iscrivere la squadra al campionato di Prima divisione, se la questione Stadio non dovesse risolversi in tempi brevi (). Disinnesco immediatamente la prevedibile replica di qualche solone. Catanzaro ha altre priorità, certo. Ma la questione Stadio è di sicuro il paradigma dell’incapacità di una classe dirigente scarsa oltre ogni ragionevole limite. Una classe dirigente immutata da almeno tre decenni, che costringe le famiglie a separazioni dolorose e annulla la personalità dei singoli individui trasformandoli da cittadini in sudditi. Si badi bene però, non è solo la penosa politica cittadina a mantenere Catanzaro nel suo ruolo di insignificante capoluogo della Regione più povera e problematica d’Europa. C’è un ambiente di professionisti protetti dai loro ordini di stampo massonico, un nucleo di tecnici della pubblica amministrazione al soldo di interessi del tutto privati e una magistratura francamente indecifrabile, che talvolta rende impossibile il naturale esercizio di fiducia verso uno dei poteri cardine dello Stato nazionale. Se lungo la Penisola è tutto un conflitto di interessi, a Catanzaro il conflitto si risolve nella coincidenza degli interessi. La separazione dei poteri diventa orgia dei potenti e ai cittadini viene fatto credere – anche con la forza – che  perpetuare il sistema, favorendo il mantenimento delle cose per come esattamente sono, sia un’operazione a loro vantaggio.

Così, ci si può inventare che uno spazio verde alla periferia della città, buono per i pascoli e qualche agriturismo, sia l’Eldorado della Catanzaro futura. Ci si piazza l’Università, tanto per tenere la cultura lontana come un vecchio zio pisciasotto, una stazione fantasma e una cittadella Regionale da ammirare neanche fosse il Taj Mahal. Poi tutto un fiorire di alberghi, ipermercati e capannoni. Mentre il Centro storico muore e il mare della città perde i suoi pur minimi riconoscimenti. Ci fanno credere che il potere economico catanzarese sia detenuto da autentici scienziati della finanza, uomini di successo e di gran classe, capaci di competere alla pari con gli altri attori del mercato globale. E invece basta allontanarsi un attimo dall’epicentro di tali stupidaggini, per capire che quegli scienziati non resisterebbero un solo anno, in un mercato libero dai monopoli e dai condizionamenti. Basta un attimo per capire che le loro attività sono perfettamente riproducibili e dunque sostituibili in un paio di giorni da qualunque operatore dell’economia nazionale e internazionale. Per garantire la propria posizione dominante, in tutte le realtà sottosviluppate chi ha il denaro compra la politica. E lo fa con la tecnica degli strozzini di mafia, prestando consensi anziché denari, fino a quando non è più possibile pagare il debito… e allora il debitore diventa ostaggio, come nell’antica Roma. Anche a Catanzaro, ogni dententore del potere economico possiede un referente all’interno delle istituzioni politiche. Negare questa realtà equivarrebbe a sostenere che l’acqua non sia bagnata o il sole caldo. A Catanzaro il potere politico è stato sostanzialmente esautorato.Quella del Presidente Cosentino è certamente una provocazione, un atto di forza derivante da una situazione che per i cittadini di Catanzaro è ormai realtà quotidiana. Probabilmente una soluzione parziale e rabberciata, molto italocatanzarese insomma, verrà trovata. Forse l’Uesse perderà qualche denaro e i tifosi qualche posto a sedere, ma la questione si risolverà. E però quasi verrebbe voglia di vedere come potrebbe finire, se tutto fosse più serio. Chissà se dopo il fallimento del 2006, il tifoso giallorosso -certamente più attivo degli intellettuali catanzaresi, ormai un tutt’uno con la propria pagina Facebook- sarebbe in grado di reagire, innescando la reazione a catena necessaria alla liberazione della città e delle sue energie positive (quelle, tanto per intenderci, che un computo metrico potrebbero realizzarlo in trequarti d’ora). Per la prima volta da molti anni, il tifoso del Catanzaro trascorrerà un’estate tranquilla. Guarderà gli Europei di calcio e poi le Olimpiadi, seguirà le notizie di mercato e assisterà a qualche amichevole dei giallorossi.Qualcuno chiaramente non è d’accordo e vorrebbe che dopo aver studiato bilanci e diritto societario, regolamenti federali e statuti quel tifoso si applicasse sui Testi unici per l’edilizia e magari apprendesse qualche nozione di Scienze delle costruzioni.No, i tifosi giallorossi sono stanchi di studiare. E sono stanchi pure di organizzare manifestazioni e proteste, marce e diserzioni. Una città devastata dalle battaglie ordinarie dei tanti piccoli eserciti che la calpestano, non è più in grado di partorire una sola iniziativa di massa che non nasca già morta o fortemente debilitata. Non lo fu nel 2006 quando l’Uesse fallì, non lo fu all’epoca del signore di Cuneo che non ci avrebbe più umiliato, non lo fu neanche lo scorso anno al tempo degli Spartani. No, risolvetela voi -il peggio della città- la questione, qualunque essa sia, adesso. E se non ne siete capaci, abbandonate la nave come un più onorevole comandante Schettino. Perché i problemi di Catanzaro non vi daranno tregua. E noi con loro.

 

Fabrizio Scarfone

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