Anche il Consiglio provinciale di Catanzaro ha approvato questa mattina, all’unanimità, l’ordine del giorno “No all’Italia senza Province”, nell’ambito dell’iniziativa nazionale dell’UPI contro la soppressione degli enti intermedi, che ha visto riunirsi in seduta straordinaria e aperta le assemblee delle 107 Province italiane.
L’assemblea, presieduta da Peppino Ruberto, dopo la relazione del presidente della Provincia Wanda Ferro, ha votato il documento in cui si chiede di razionalizzare gli enti intermedi attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni, di ridefinirne le funzioni perché non vi sia più quella sovrapposizione che crea burocrazie e sprechi inutili, di restituire ai cittadini la possibilità di giudicare chi amministra cancellando le società e le agenzie che sono guidate da consigli di amministrazione di nominati, di riordinare gli uffici periferici dello Stato.
“Il Consiglio provinciale – si legge nell’ordine del giorno – dice no ad un’Italia senza Province perché ci sarebbero meno garanzie democratiche; verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole; diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura; le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini. Il Consiglio provinciale chiede: ai Parlamentari del territorio di farsi promotori in Parlamento di iniziative volte a garantire l’esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo del territorio; alle organizzazioni sindacali di mobilitarsi contro l’abolizione o allo svuotamento delle Province, per tutelare le persone che ci lavorano; alle forze economico-sociali di mobilitarsi per ristabilire un punto di riferimento istituzionale certo nel territorio, per garantire il rilancio degli investimenti per lo sviluppo locale; ai cittadini tutti, agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato di manifestare il loro amore per il territorio, opponendosi all’abolizione o allo svuotamento delle nostre Province, o alla loro trasformazione in enti nominati dai partiti e non eletti direttamente dal popolo”.
“Dopo il consiglio congiunto delle cinque Province calabresi del 23 gennaio – ha detto il presidente della Provincia Wanda Ferro – riteniamo di dover insistere sull’ipotesi del ricorso alla Corte Costituzionale, per questo chiediamo l’intervento dell’unico ente deputato, la Regione Calabria, considerato che già il 23 gennaio la Regione Piemonte ha presentato il ricorso, mentre oggi il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige ha votato per l’impugnazione del decreto Monti. Ed è sempre di oggi la notizia che anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha anticipato l’intenzione di fare ricorso contro una norma che è palesemente anticostituzionale e che rappresenta una truffa ai danni dei cittadini. Occorre intervenire per bloccare questa riforma scellerata che fa delle Province il capro espiatorio di una sorta di rivolta contro la casta, mentre non mette mano ai veri centri di spreco di risorse pubbliche, basti pensare agli oltre settemila enti strumentali come consorzi, aziende partecipate e altre società a capitale pubblico, che occupano circa 24 mila persone nei Consigli di amministrazione per un costo di 2 miliardi e mezzo nel solo anno 2010. Le Province sono invece enti indispensabili per i territori, e hanno dimostrato di sapere dare risposte ai bisogni della collettività, come dimostra la presenza al Consiglio provinciale di oggi dei rappresentanti delle categorie produttive, dei sindacati, delle associazioni agricole, dei consorzi di bonifica”.
Nel corso della seduta del Consiglio sono intervenuti il vice presidente dell’assemblea Emilio Verrengia, che è anche Segretario generale aggiunto dell’Aiccre, i consiglieri Santo Sestito, Franco Conidi, Pietro Putame, Enzo Bruno, Piero Amato. Quest’ultimo, ex presidente dell’Ente e consigliere regionale, è pure il primo firmatario dell’ordine del giorno bipartisan (sottoscritto anche da Magno, Sulla e Bruni) contro la soppressione delle Province approvato ieri dall’assemblea di Palazzo Campanella, nel quale si chiede ai presidenti della Giunta e del Consiglio regionale di ricorrere alla Consulta perché ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 23 del decreto Monti.