Sono molto preoccupato per l’assetto che si sta tracciando nella sanità catanzarese. Ho ricevuto numerose perplessità da parte di cittadini, professionisti, pazienti relativamente al recente decreto 136 della Regione Calabria, dello scorso 28 dicembre sul Riordino rete ospedaliera, ex DPGR n. 18/2010, che interessa l’A.O. Pugliese-Ciaccio e l’A.O. Universitaria Mater Domini. Ho aspettato qualche giorno sperando che la Regione potesse dare spiegazioni, anche in relazione ai numerosi appelli ricevuti. Nel decreto si legge che la ridistribuzione dei posti letti comporterà un decremento globale nella città di Catanzaro di 74 posti letto, con il “Pugliese-Ciaccio” che perderà 96 posti e la “Mater Domini” passerà da 111 a 285, inglobando i posti letto attualmente afferenti alla T.Campanella e che, come recita il decreto, non incideranno con la mission oncologica della Fondazione, in attesa che venga fatta chiarezza sulla sua natura giuridica.
Un quadro che non convince, soprattutto in relazione agli interessi dei malati, che per primi risentirebbero del disagio. Ciò che più mi preoccupa è la totale assenza di una seria ed efficace programmazione rapportata alle caratteristiche, alle esigenze ed alle istanze del territorio. Una metodica propria del centrodestra calabrese, a tutti i livelli. Per comprendere tutto questo basta leggere il decreto, dettato evidentemente dalla necessità di rispettare una scadenza, più che dalla volontà di affrontare seriamente una questione. Si richiama in più parti alla situazione della T.Campanella, di cui ancora non si conosce il destino giuridico, il che potrebbe far saltare l’assetto illustrato nel decreto 136. Il “Nuovo Pugliese” non verrà realizzato prima di un quinquennio e non appare affatto chiara l’integrazione funzionale “Pugliese-Ciaccio” e “Mater Domini”. A questo si aggiunge che non esiste un nuovo decreto interministeriale che definisca le linee guida sull’integrazione università-ospedale.
Leggendo gli allegati al decreto, il “Pugliese” vedrebbe cancellate alcune specialità come la Dermatologia, Medicina d’Urgenza, Emodialisi, Gastroentereologia, Medicina Nucleare e Pneumologia, fino ad ora punti di riferimento per l’intero territorio regionale. A queste si aggiunge il forte ridimensionamento di reparti come la Neurologia, l’Ortopedia, Ostetricia e Ginecologia e Urologia.
Di non minore gravità quello che interessa “Mater Domini”, dove l’assegnazione dei posti letto è stata tracciata non più per singola Unità Operativa, ma per macro-dipartimenti e scorrendo la tabella alla voce posti letto per l’U.O. di Cardiochirurgia appare esplicitamente il valore zero (a differenza delle altre unità dove la casella è vuota), ed annotazione “con sede anche nell’Hub di Reggio Calabria” dove effettivamente di recente è stato realizzato un intero blocco operatorio destinato alla cardiochirurgia. Cosa ne sarà della Cardiochirurgia catanzarese e di tutti gli studenti che quotidianamente frequentano la vicina facoltà di Medicina? In Calabria questa Unità effettua circa 250 interventi annui, con il 10% provenienti da fuori regione, senza un pronto soccorso e, soprattutto, senza una terapia intensiva dedicata. La città e soprattutto la politica catanzarese non può perdere questa eccellenza, anzitutto nell’interesse dell’università. Se così fosse i catanzaresi dovranno puntare il dito contro la nostra deputazione e chi in questo momento ci tutela in Regione, che a mezzo stampa prova timidamente a criticare l’operato del presidente della Giunta, nonché commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro della sanità, in merito al decreto 136.
L’auspicio è quello di aprire un tavolo di lavoro permanente sulla questione sanità a Catanzaro, con tutti gli esponenti coinvolti e gli addetti ai lavori. Una sanità che è certamente sottoposta al giudizio quotidiano del Massicci, ma non può prescindere, una volta per tutte, da una seria ed efficace programmazione che possa coinvolgere tutti gli attori possibili, dagli operatori del settore, alla classe politica a tutti i livelli.