Continuano le ambiguità attorno alla Scuola di Magistratura. E mentre qualcuno si congratula per le risposte evasive fornite mercoledì scorso al question-time della Camera dal guardasigilli Nitto Palma, in realtà l’unica cosa che oggettivamente oggi si può registrare è la doppiezza che si sta continuando ad utilizzare.
Condividiamo a pieno la delusione manifestata dal deputato Mario Tassone, promotore dell’interrogazione parlamentare, a cui il ministro della giustizia ha inutilmente ribadito “l’intendimento” di confermare Catanzaro quale sede meridionale della Scuola, con ciò mantenendo la fumosità di una faccenda che, con tale ambiguità, va avanti da cinque anni. Ma c’è di peggio: il guardasigilli si è pure affrettato a tranquillizzare gli ambienti beneventani. Lo stilema è dunque quello dei suoi predecessori, e cioè il rifiuto di accogliere la verità storica e politica che attesta – nell’era Mastella – il vergognoso dirottamento della Scuola da Catanzaro a Benevento, senza alcuna plausibile ragione. Ciò che poi è accaduto negli anni è noto e concerne ricorsi nei tribunali (fra cui rimarchiamo quello del nostro movimento che ha contribuito a definire profili poi rivelatisi utili) e atteggiamenti politici che hanno consolidato una situazione moralmente sghemba.
Dispiace constatare che a causa di un pessimo agire politico si siano create, nostro malgrado, delle antipatiche contrapposizioni fra il nostro territorio e quello sannita, che sarebbe il caso di sanare senza però alterare la verità storica dei fatti. Benevento, con la Scuola di Magistratura, non c’entra nulla: è subentrata a Catanzaro con un atto di prepotenza da parte di Mastella. In quest’ottica anche l’ipotesi delle due sedi, una in Calabria ed una in Campania, è da rigettare senza mezzi termini. Il ministro Nitto Palma dovrebbe prenderne atto e firmare un decreto che ripristini nel capoluogo calabrese l’unica sede meridionale. Anche il riferimento al Consiglio di Stato, che il guardasigilli ha evocato durante la sua risposta al question-time, ci è parsa pericolosa perché lascia intendere un comportamento remissivo e pilatesco da parte del Ministero il quale – se così fosse – abdicherebbe al suo ruolo per delegare comodamente terzi su una faccenda che invece deve risolvere al suo interno.
Non abbiamo bisogno di un banale “intendimento” ministeriale; ci vuole un decreto ministeriale, nero su bianco. Tutto il resto fa parte di quelle propalazioni tra il vero e il falso in cui cede rovinosamente terreno la capacità di distinguere fra una politica eticamente corretta e le solite vaghezze cerchiobottiste che, continuando ad abbeverarsi alla fonte dell’ambiguità e della convenienza elettoralistica, faranno ancora del male al nostro Paese e alla nostra Calabria.