Ormai è vicina la Terra di Lavoro,
qualche branco di bufale, qualche
mucchio di case tra piante di pomidoro,
edere e povere palanche.
Ogni tanto un fiumicello, a pelo
del terreno, appare tra le branche
degli olmi carichi di viti, nero
come uno scolo. Dentro, nel treno
che corre mezzo vuoto, il gelo
Pierpaolo Pasolini
Una trasferta in terra campana non è più una novità. La solita autostrada, i soliti svincoli, le solite meravigliose mozzarelle di bufala, le solite partite difficili a causa di pubblico e dirigenti particolarmente “passionali”.
Ma c’è da capire se il Catanzaro di Cosentino sarà in grado di confermarsi vincente lontanto dal Ceravolo e se Ulloa e Bugatti – gli argentini appena dichiarati abili e arruolabili da Lega Pro e Ciccio Cozza – esordiranno in maglia giallorossa.
Allora infiliamoci in macchina fiduciosi, consapevoli peraltro che Aversa Normanna non è affatto un brutto posto nel quale trascorrere qualche ora al seguito delle Aquile.
Questa cittadina di 50mila abitanti, prima contea normanna d’Italia, un tempo faceva parte della cosiddetta Terra di Lavoro, un’antichissima area geografica che comprendeva porzioni di territorio della Campania, del Lazio e del Molise. Tranquilli però, nulla a che vedere con la fatica: il nome di questa terra celebrata anche da Pasolini nei suoi versi, pare provenga da un’antica popolazione, i Liburi. Da qui – per le stesse distorsioni fonetiche che per esempio dalle nostre parti hanno trasformato il nome Santaguida in Santapogna- cominciò a parlarsi di Terra dei Labori e poi di Terra del Labor (appunto “lavoro” in latino).
Ma quella Terra del lavoro che per tanti anni aveva posseduto lo status di unità amministrativa, attraversando la storia andò via via disgregandosi; prima parzialmente nel 1861, poi definitivamente con l’istituzione delle Regioni. Oggi Aversa fa semplicemente parte della provincia di Caserta ma vive forte – e non potrebbe essere altrimenti – l’influenza della vicina Napoli, antica capitale borbonica.
Aversa è stata dominata da molti popoli: normanni, angioini, aragonesi… e se per gli abitanti del passato non furono sempre giorni felici, per noi, calcioturisti della domenica, è tutto di guadagnato. Il centro storico è infatti particolarmente ricco di bellezze architettoniche ed è facile trovare testimonianze delle varie dominazioni succedutesi nei secoli. Dal castello aragonese alle numerose chiese – a proposito, Aversa è anche detta la “città delle cento chiese” – sono diversi i siti da visitare (noi segnaliamo Santa Maria a Piazza insieme al complesso dell’Annunziata).
La cucina aversana, seppure estremamente saporita, è una cucina sbrigativa e di origine contadina. Dimenticate perciò le complicazioni sofisticate delle preparazioni gourmet e abbandonatevi senza tentennamenti al rustico.
Tra gli antipasti per esempio – sperando possiate superare indenni l’inevitabile fase della mozzarella di bufala aversana – segnaliamo la celebre “pizza di scarola“, una pizza imbottita preparata con pasta di pane e guarnita con scarola, olive nere, uvetta, pinoli, capperi, acciughe, pecorino stagionato. Insomma, già a 1/3 del pasto probabilmente vi sentirete in forma quanto Sebastian Bueno prima della cura Raione.
Tra i primi piatti risalta lo “scarpariello“, niente di più che bucatini al sugo piccante. Un sugo che però è cucinato alla maniera napoletana: ore ed ore di profumatissima cottura a fuoco lento.
Il panorama dei secondi è dominato indubbiamente dalla carne, forse l’elemento più importante della cucina del luogo che si presta per questa ragione a un’infinità di preparazioni differenti. Tra polpette e polpettoni, se nei vostri capaci stomaci giallorossi rimarrà un po’ di spazio, riservate un posto agli “stentenielli“, gustose interiora di agnello o capretto. Roba che a noi catanzaresi non può e non deve far paura.
E se non siete a dieta (in caso contrario vi siamo vicini, ndr) ricordate che il dolce tipico dell’area è la Polacca, una torta che molti aversani sostituiscono al cornetto del mattino. Fu il dolce preferito di Giovanni Leone, ex presidente della Repubblica, e neanche Giovanni Paolo II, durante il suo soggiorno nella diocesi di Aversa, si sottrasse all’assaggio di questo tipico preparato. Ovviamente non senza ironizzare un attimo prima del boccone esclamando:”Oh, un Papa polacco che mangia una Polacca!”.
Da bere scegliete senza indugi, qualsiasi cosa decidiate di mangiare, l’Asprino doc di Aversa di cui il grande Mario Soldati scrisse: “Bianco unico al mondo, così secco che nessuno può immaginarselo finchè non lo gusta“. Non c’è dubbio: il miglior modo di brindare al primo gol di Bugatti.
Fatemi sapè
Beppe Luglio